La città più a Nord della Svezia viene trasferita per far proseguire le attività minerarie dell’area su cui sorge, per evitare lo sprofondamento delle fondamenta e dare spazio al business del ferro.
Pala e piccone
Ogni città ha una storia. La storia di Kiruna, la città più settentrionale della Svezia, avrebbe potuto interrompersi a causa delle deformazioni del terreno dovute alle attività di estrazione mineraria, avviate dalla compagnia LKAB (Lousavaara Kiirunavaara Aktiebolag) nel lontano 1890. Se solo il municipio locale e il consiglio di amministrazione della contea di Norrbotten non avessero preso accordi per trasferirla a pochi chilometri di distanza.
Lo spostamento della città è stato avviato ufficialmente nel 2014, e si protrarrà sino al 2035 per consentire l’adempimento di operazioni complesse e costose che coinvolgeranno la maggior parte dei residenti. Kiruna fu fondata nel 1900 dall’allora direttore di LKAB, Hjalma Lundbohm, per mere ragioni logistiche; infatti, al fine di ottenere l’autorizzazione statale per lo sfruttamento della miniera, la compagnia avrebbe dovuto edificare una città aziendale che rispettasse criteri abitativi molto elevati, a beneficio di tutti i lavoratori che vi si sarebbero trasferiti.
Nel corso degli anni, l’ampliamento della città è stato una conseguenza diretta e proporzionale della crescita degli affari della compagnia, dovuta fondamentalmente all’aumento lineare del prezzo di mercato del ferro alimentato dalla sostenuta domanda globale.
Nuova città, stesso nome
Il nuovo piano urbanistico prevede che ventuno tra gli edifici di interesse storico vengano sollevati integralmente per essere trasportati su enormi autocarri e ricollocati su terreni più stabili. Gli altri immobili saranno prima smontati e poi riassemblati in prossimità delle scuole, dell’ospedale, degli esercizi commerciali, e della linea ferroviaria di nuova costruzione.
Tutto il resto verrà demolito. La LKAB, che finanzierà gran parte dei costi dell’impresa, ha stanziato finora 18 miliardi di corone svedesi (1,650 miliardi di euro). Lo scorso 3 settembre, in occasione della cerimonia di inaugurazione del nuovo centro urbano, il sindaco Kenneth Stålnacke e l’amministratore delegato di LKAB Jan Monström hanno espresso una profonda gratitudine nei confronti dei diciottomila cittadini, che hanno dimostrato quotidianamente uno spiccato spirito di appartenenza alla comunità e di collaborazione con le autorità.
Non avrebbe potuto essere altrimenti, considerato che l’unico modo di impedire che l’intera città affondasse nel chilometrico dedalo di cunicoli avrebbe implicato la cessazione irrevocabile di qualsiasi attività legata all’estrazione mineraria.
Tutto il ferro del mondo
Quest’ultima ipotesi ha suscitato la contrarietà di chi dichiara apertamente che la chiusura della miniera di ferro più grande del mondo non solo eserciterebbe una forte pressione sull’economia svedese e sul prezzo mondiale del metallo, ma nuocerebbe altresì ai circa quattromila lavoratori residenti e alle rispettive famiglie, che si vedrebbero costrette a emigrare in massa alla ricerca di nuovi impieghi. Così facendo, Kiruna perirebbe in ogni caso.
Con ogni probabilità, l’opinione pubblica cittadina non avrebbe manifestato la medesima accondiscendenza se LKAB non avesse annunciato una strategia di lungo termine volta a ridurre le emissioni di anidride carbonica attribuite all’estrazione e alla lavorazione del ferro.
Il progetto prevede la graduale sostituzione del carbone con l’idrogeno, un combustibile rinnovabile e quindi sostenibile, che permetterebbe di diminuire le emissioni di anidride carbonica di 35 milioni di tonnellate ogni anno e di azzerarle definitivamente entro il 2045.
Nicolas Drago
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