Decisione storica in America per l’Artico. JPMorgan Chase, una delle maggiori istituzioni finanziarie statunitensi, ha deciso di mettere al bando il supporto finanziario per la ricerca di petrolio e gas nell’Artico.
Fanno festa, chiaramente, le associazioni ambientaliste in Alaska, oltre ai tanti gruppi nativi locali. Le critiche, come da copione, arrivano invece dal governatore repubblicano del più settentrionale Stato americano, Mike Dunleavy. Che ha aggiunto, via Twitter:
«Nessuno riesce a coniugare sviluppo ed estrazione delle risorse meglio degli abitanti dell’Alaska. Viviamo in un’epoca in cui un futuro basato sullo sviluppo delle risorse e sulla protezione dell’ambiente sono fattori che non si escludono a vicenda»
Le associazioni ambientaliste dell’Alaska, molto attive per la protezione dell’esistente e impegnate anche sul fronte della conservazione culturale, plaudono all’iniziativa. Fra tutti, l’Arctic National Wildlife Refuge. Nella dichiarazione congiunta fra le associazioni si legge:
«Contrariamente a quanto il Governatore Dunleavy e la delegazione congressuale dell’Alaska vorrebbero che la nazione credesse, gli alaskani che stanno già vivendo con gli effetti del cambiamento climatico e dell’industrializzazione, e sono fortemente contrari alle trivellazioni petrolifere, che metterebbero in pericolo i popoli di Gwich e Inupiat, oltre alle terre, alle acque e agli animali selvatici da cui dipendono ».
JPMorgan Chase non è tuttavia la prima istituzione bancaria ad agire in questo modo. Lo scorso dicembre Goldman Sachs aveva annunciato una simile politica, annunciando che non avrebbe più supportato finanziariamente le attività di estrazione nella regione.
Ad analizzare più nel profondo la questione energetica in Alaska è GreenReport: «Comunque un bel passo avanti è stato fatto e l’annuncio di JPMorgan Chase è solo l’ultima prova che la finanza internazionale è preoccupata per l’impatto dei cambiamenti climatici sull’economia globale e che è sempre più riluttante a sostenere la continua estrazione di combustibili fossili. L’annuncio della banca arriva pochi giorni dopo che Rupert Read di Extinction Rebellion ha fatto trapelare su The Guardian un rapporto di due economisti di JPMorgan dal quale emerge che e gli investimenti fossili della banca, se continuassero, finirebbero in una catastrofe climatica.
Le 22 pagine dello “Special Report Risky business: the climate and the macroeconomy” partono dal riconoscimento che i livelli di CO2 nell’atmosfera stanno aumentando a velocità più elevate che mai e che questo sta influenzando il clima e che la colpa è degli esseri umani. Gli economisti di JPMorgan dichiarano che «La terra è su una traiettoria insostenibile. Qualcosa a un certo punto dovrà cambiare se la razza umana vuole sopravvivere» Nel rapporto, gli economisti di JPMorgan Jessica Murray e David Mackie fanno una serie di osservazioni che potrebbero sembrare ovvie a degli ambientalisti ma che sembrano radicali per degli economisti addetti ai lavori».
Il mondo economico e finanziario inizia dunque a muoversi attivamente per contrastare il cambiamento climatico. È della scorsa primavera la notizia, ad esempio, che il Fondo Sovrano norvegese non intendesse più finanziare (in parte) le trivellazioni petrolifere nella regione.
Gli oppositori della trivellazione petrolifera artica sperano che un numero maggiore di banche e società di investimento si uniscano al movimento. Nonostante sia chiaramente una scelta dettata da selezioni di business, prima ancora che da reali scelte etico-morali.
A gennaio, 15 senatori democratici degli Stati Uniti hanno inviato una lettera a 11 compagnie, tra cui JPMorgan Chase, chiedendo loro di astenersi dal finanziare qualsiasi nuovo sviluppo del petrolio artico. In risposta, la delegazione del Congresso – tutta repubblicana – dell’Alaska ha scritto alle compagnie per sollecitarle a continuare a finanziare progetti petroliferi nell’Artico.
La messa al bando di JPMorgan Chase è solo una parte della sua nuova politica. La policy dell’istituzione finanziaria proibisce inoltre il finanziamento di tutte le società che traggono la maggior parte dei ricavi dall’estrazione del carbone, oltre al finanziamento di qualsiasi centrale a carbone “a meno che non stia utilizzando la tecnologia di cattura e sequestro del carbonio“.
La società ha dichiarato di aver aderito al Climate Leadership Council, un gruppo bipartisan che cerca di realizzare un programma di “Carbon tax-and-dividend” per la nazione. Un segno comunque tangibile del cambiamento mentale ed economico in atto.
Leonardo Parigi
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