Interviste

L’Italia in Norvegia, tra economia e nuovi orizzonti

Sull’onda delle interviste tematiche ai rappresentanti italiani nel contesto artico, la nostra intervista a S.E. l’Ambasciatore d’Italia in Norvegia e Islanda, Alberto Colella.

L’Italia e l’Artico

Cosa significa rappresentare il nostro Paese all’estero, e cosa significa farlo in un contesto particolare come la Norvegia e l’Islanda? Queste le domande di partenza dell’intervista di Andrea Delvescovo all’Ambasciatore Colella, che ha iniziato la sua attività diplomatica nel Paese Nordico nel 2018.

«Rappresentare l’Italia in Norvegia è stato un privilegio, vivere diverso da quello a cui siamo abituati: un onore servire il mio Paese cercando di tutelare gli interessi italiani in Scandinavia. Nell’imminenza della mia partenza per il Costa Rica questo colloquio rappresenta quindi per me anche l’occasione per fare un bilancio del lavoro e delle esperienze fatte.

S.E. l’Ambasciatore Alberto Colella

L’esperienza dei miei quattro anni in Norvegia è stata molto positiva, pur se funestata due anni fa dallo scoppio della pandemia da Covid19. I rapporti politici, economici, culturali e sociali tra l’Italia e la Norvegia si sono consolidati significativamente.

Qual è il valore aggiunto della presenza italiana in Norvegia ai fini della nostra proiezione internazionale?

Ritengo che l’Italia, come media potenza a proiezione globale, possa trarre importanti benefici da un rapporto strutturato e positivo con Oslo. E ciò per tre motivi principali. Il primo è la capacità della Norvegia di svolgere un ruolo sulla scena internazionale superiore al suo peso demografico, facendo leva su punti di forza di assoluta rilevanza (dal maggior Fondo Sovrano al mondo al ruolo di grande esportatore di gas e petrolio, dall’azione come “superpotenza umanitaria” ad una immagine esterna molto positiva). 

In secondo luogo, la Norvegia è interessata a noi, da molteplici punti di vista: lo dimostra la costante richiesta di interlocuzione, la serie di visite a livello politico tra i due Paesi, l’attenzione con cui sono qui accolti i nostri rappresentanti istituzionali. L’attenzione norvegese è ulteriormente accresciuta dalla Brexit. Pur al di fuori dell’Unione Europea, la Norvegia vi è associata strettamente (e ne recepisce gran parte della normativa) e quindi guarda a noi come, ora, al terzo maggior Stato membro.

Vi sono infine aree di significativa convergenza di interessi, che ci possono consentire un utile gioco di sponda con un Paese NATO collocato all’estremità opposta del continente europeo. Menziono solo tre temi. La Russia innanzitutto: analogamente a noi, i norvegesi da un lato condannano senza riserve le violazioni di Mosca del diritto internazionale, ma dall’altro vi collaborano pragmaticamente sulle tante questioni nelle quali quest’ultima resta un interlocutore imprescindibile

Poi l’immigrazione: pur con una politica via via più restrittiva, la Norvegia ha sempre sostenuto il carattere globale e non solo italiano dell’emergenza migratoria. A differenza di tanti altri Paesi, ha accolto in passato una quota di rifugiati dall’Italia e dalla Grecia.

Ma penso anche alla comune visione della primazia del diritto internazionale: la Norvegia da decenni è attiva nel promuoverne la crescita e l’applicazione, anche a tutela delle proprie posizioni in scacchieri geopolitici sensibilissimi come, nel suo caso, l’Artico. 

Le priorità dell’Ambasciata

Attribuiamo qui priorità a una capillare ed insistente attività di presentazione del nostro Paese per quello che effettivamente è: una delle economie più sviluppate del pianeta, raro esempio internazionale di diversificazione del sistema produttivo con eccellenze in tutti i settori, dalle tecnologie di punta all’enogastronomia, dall’industria pesante alla moda e al design.

Continuerò quindi a porre cura particolare nell’avviare e consolidare rapporti di collaborazione con esponenti del mondo politico e della Corte, dell’economia, dei media, con parlamentari e accademici e in generale con decision-maker locali, facilitato in ciò dalla notevole ammirazione che il nostro Paese riscuote, soprattutto nell’élite norvegese. 

Tali rapporti si sono dimostrati di grande utilità nei casi in cui è stato necessario svolgere azioni diplomatiche e di lobby a favore di interessi italiani – nei settori delle politiche migratorie, della cooperazione scientifica ed economica. 

Per gli stessi motivi porrò altrettanta cura nei rapporti con i colleghi del Ministero degli Esteri, confrontandomi sovente con loro sulle priorità della politica estera norvegese e su come e che misura essi possano convergere – pur nella distanza geografica e geopolitica – sugli interessi italiani. 

Quali sono gli interessi italiani in Norvegia?

Intanto la comunanza di interessi politici. Per entrambi i Paesi, il multilateralismo rappresenta un pilastro delle relazioni internazionali. Entrambi fanno parte della NATO sin dalla sua fondazione, e ricoprono oggi un ruolo importante nell’Alleanza. Pur diversi, attraverso i nostri legami con l’UE condividiamo analoghi obiettivi per un’Europa pacifica e prospera.

Poi gli interessi economici. La Norvegia è un partner commerciale importante del nostro Paese – con un interscambio che ha superato i 3 miliardi di euro, e con una presenza consistente di imprese italiane che investono e producono in Norvegia. Non dimentichiamo la cultura: la cooperazione culturale è multiforme e storicamente di eccezionale livello, con proficui scambi a tanti livelli.  La lingua e la letteratura italiane sono tra le più apprezzate e studiate. 

Senza dimenticare la crescente presenza di una qualificata e assai colta, istruita e laboriosa comunità italiana, che contribuisce allo sviluppo e alla crescita del Paese che ci ospita. 

La Norvegia è una meta turistica molto apprezzata dai cittadini italiani. Il flusso turistico ha risentito della pandemia di Covid-19, quali restrizioni sono state effettuate?

Nel 2019, ultimo anno prima della pandemia, circa 250.000 turisti italiani hanno visitato la Norvegia. Cosa li attira, malgrado si tratti di uno dei Paesi più costosi al mondo e quasi del tutto privo di opere d’arte e attrazioni storiche?
Probabilmente il fatto che la Norvegia viene oggi considerata “esotica”, per la bellezza dei luoghi e il carattere selvaggio e pristino dei paesaggi, e anche per effetto di una ben calibrata campagna pubblicitaria.

L’Ambasciata italiana a Oslo

Nel 2020-21 il flusso turistico è ovviamente diminuito, per la concomitante raccomandazione dei Governi italiano e norvegese di evitare viaggi all’estero. Colgo l’occasione per raccomandare fortemente a tutti coloro che vogliano recarsi in Norvegia di informarsi con attenzione sulle restrizioni all’ingresso in vigore al momento del viaggio, consultando il sito internet dell’Ambasciata oppure il portale Viaggiare Sicuri del Ministero degli esteri, e di stipulare un’assicurazione contro i rischi a cui si espone chi va all’estero in epoca di Covid – in particolare il rischio di trovarsi positivo al Covid e dover essere costretto nei cosiddetti covid-hotel, a spese del viaggiatore. 

Ancora oggi tanti turisti italiani, troppi, si recano in Norvegia senza rendersi conto dei rischi di contagio e dei costi che dovranno sopportare in caso di difficoltà.

Le attività dell’Ambasciata

Lo scorso 15 aprile l’ambasciata italiana ha organizzato un webinar sulla ricerca italiana nel Paese. Quanto è importante la ricerca in Norvegia e perché deve essere sostenuta?

La scienza permette di superare le barriere culturali e linguistiche e ha spesso la capacità di accompagnare con efficacia l’azione politico-diplomatica dei paesi, talvolta precedendola. L’Italia è orgogliosa dei suoi ricercatori, che in Italia e all’estero sono riconosciuti per la loro capacità e per la loro creatività, ambasciatori della nostra cultura, della nostra consuetudine a perseguire conoscenza e innovazione, del nostro saper coniugare valori civili, qualità della vita, bellezza e modernità.

In Norvegia operano circa 500 scienziati e ricercatori italiani, che mantengono forti legami e contribuiscono agli scambi scientifici con il nostro Paese. La scienza è quindi uno dei strumenti del soft power italiano in Norvegia. Il seminario del 15 aprile dello scorso anno ha messo a confronto le esperienze di alcuni scienziati e ricercatori italiani in Norvegia e Islanda, impegnati nelle università, nelle imprese e nelle istituzioni.

Si è discusso di temi importanti come le risorse per la ricerca, il brain drain (“fuga dei cervelli” ndr), la parità di genere e i contatti con l’Italia (inclusa la piattaforma di diplomazia scientifica lanciata dalla Farnesina e denominata Innovitalia).

Come viene percepito il brand “Italia” in Norvegia?

L’immagine del nostro Paese è in generale positiva. L’Italia è vista dai norvegesi – in particolare da quelli più istruiti e colti – come il Paese per eccellenza dell’arte, della cultura, della storia, ma anche del sole, del mare, del cibo e del ben vivere.
E sono proprio questi i norvegesi che scelgono ogni anno il nostro Paese per passare le proprie vacanze all’insegna dell’arte e della cultura. Circa 350.000 sono stati i turisti norvegesi in Italia nel 2019

Il discorso è un po’ diverso per quanto riguarda il settore degli affari, dove scontiamo purtroppo un antico deficit reputazionale e di fiducia. Immagine purtroppo confermata in anni passati da alcuni casi di default o comportamenti non corretti da parte di imprese italiane che operavano in Norvegia. 

Ma non dimentichiamo che la tecnologia italiana viene qui grandemente apprezzata. Non è un caso che nella bilancia commerciale l’Italia esporta in Norvegia aerei, elicotteri, valvole per l’oil&gas, tecnologia di punta per grandi infrastrutture. Insomma, esportiamo tecnologia avanzata.

A livello imprenditoriale, molte aziende italiane svolgono un’attività importante e costante nel Nord del Paese: in quali settori sono impiegate e perché rappresentano un valore aggiunto?

Fare affari con la Norvegia può dare risultati lusinghieri. È peraltro imperativo tener ben presenti le specificità di questo Paese, di cui i norvegesi sono giustamente orgogliosi. Occorre quindi in primis prepararsi a un rispetto scrupoloso di un sistema normativo articolato e che fissa standard elevatissimi (e che, soprattutto nel settore agro-alimentare ma non solo, resta abbastanza chiuso). 

Occorre puntare, più che ad iniziative puntuali, a vere e proprie partnership di medio e lungo periodo, preferibilmente con soci, agenti, o comunque punti di riferimento operativi norvegesi. Per le società, l’apertura di veri e propri uffici di rappresentanza o meglio l’istituzione di società controllate di diritto locale si sono rivelate scelte vincenti.

Tutto questo richiede ovviamente un impegno considerevole, in termini finanziari ed umani. Per contro, vi sono tanti vantaggi. Ricordo ovviamente l’altissimo livello dei redditi in Norvegia, quasi il triplo del nostro e di conseguenza assicura ai norvegesi un formidabile potere d’acquisto.

Aggiungerei un ulteriore beneficio che può derivare da affermazioni economiche in questo Paese: una sorta di “certificazione d’eccellenza” utile anche nei rapporti economici con altri Paesi. Chi opera con successo con la Norvegia e in Norvegia, Paese considerato all’avanguardia in tantissimi settori, viene spesso ipso facto considerato competitivo e affidabile.

Le azioni delle aziende italiane nella regione

Nel campo dell’alta tecnologia e dei sistemi di difesa e sicurezza, è importante la presenza in Norvegia di Leonardo Helicopters – società del gruppo Finmeccanica – che si è aggiudicata una commessa di 2,2 miliardi di euro. La presenza di Leonardo non è tuttavia strettamente connessa con l’Artico. I suoi elicotteri rispondono alle esigenze di S&R di tutto il Paese, e non solo delle sue regioni artiche. La stessa Fincantieri non mi sembra cerchi di caratterizzarsi come “impresa artica”.

Presenti in Norvegia e molto più connesse all’Artico e alle nuove strategie di business nella regione sono due altre imprese italiane: ENI e e-Geos. Giunta in Norvegia negli anni ’60 a seguito dello scambio di partecipazioni con la major americana Conoco Phillips, pioniera dello sfruttamento del petrolio nel Mare del Nord, l’ENI ha nel corso degli anni consolidato la sua presenza, prima come Norsk Agip, a partire dal 2003 come ENI Norge AS e poi oggi come VårEnergi-ENI.

ENI gestisce un’importante piattaforma di estrazione petrolifera offshore, la più a Nord del mondo, denominata “Goliat”. L’operato dell’ENI risulta apprezzato per l’alta qualità delle tecnologie impiegate e per il rapporto instaurato con le popolazioni locali, in particolar modo quelle indigene. Fincantieri ha fornito all’Istituto Polare norvegese una nuova nave di ricerca polare, varata nel novembre 2019. 

e-Geos, società costituita da Telespazio ed ASI per la commercializzazione dei dati prodotti dal sistema satellitare Cosmo-SkyMed, è pure attiva in Norvegia. Oltre ad alcuni accordi con la norvegese KSAT, ha raggiunto intese con l’Istituto Meteorologico finlandese. In prospettiva futura, due settori di possibile sviluppo sono il turismo (in Norvegia e nelle isole Svalbard operano già alcuni piccoli imprenditori italiani) e le crociere (finora le crociere polari sono appannaggio di operatori norvegesi e francesi, la prevedo un interesse delle imprese crocieristiche italiane quando le condizioni di navigazione lo permetteranno.

Ci sarà spazio per l’Italia nell’Artico (in termini economici e politici) nei prossimi anni visto il crescente interesse per la regione e l’arrivo di importanti attori come la Cina?

Vedo ampio spazio per l’Italia nel dibattito politico e nello sviluppo economico futuro in Artico. Come noto, si tratta di una regione oggetto di crescente attenzione, non solo per i consueti temi legati al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici, ma anche per le nuove opportunità economiche che proprio tali fenomeni offrono.

L’Italia è pronta a contribuire al lavoro degli Stati artici, al fine rafforzare la collaborazione politica ed economica in Artico, e punta a trovare il giusto equilibrio tra sviluppo economico sostenibile e tutela ambientale. L’Italia è Paese osservatore – e molto attivo – nel Consiglio Artico dal 2013. 

Proprio il Consiglio Artico per noi è la base della cooperazione nella regione. Rispetto del diritto internazionale e della sovranità degli Stati artici, alla cooperazione bilaterale e multilaterale, alla promozione delle culture e tradizioni locali e autoctone.

L’Italia è anche parte originaria del Trattato delle Svalbard, e ritiene molto importante assicurarne la piena ed efficace attuazione. Nell’arcipelago delle Svalbard il nostro Consiglio Nazionale delle Ricerche gestisce la stazione di ricerca “Dirigibile Italia”, un fiore all’occhiello della nostra ricerca e uno strumento efficace per lo sviluppo di collaborazioni scientifiche internazionali.

Le prospettive per l’Italia nella regione

Lo scioglimento rapido dei ghiacci nell’Artico sta creando nuove possibilità per le attività commerciali. Navigazione, pesca, estrazione mineraria, turismo, gas e risorse petrolifere contribuiscono a identificare l’Artico come una nuova frontiera per l’economia. Un’area di interesse principalmente per i paesi e le popolazioni artiche, ma anche per i principali attori internazionali al di fuori della regione.

L’esplorazione e l’estrazione di idrocarburi, ma anche la creazione di nuove rotte di trasporto, attività minerarie e pesca hanno un forte potenziale nell’Artico. Tuttavia, dovrebbero essere gestiti correttamente. Uno sfruttamento sostenibile delle risorse richiede che ogni attività sia condotta nel rispetto del delicato equilibrio ambientale e con il pieno coinvolgimento degli abitanti dell’Artico, comprese le popolazioni indigene.

Tutto sommato, l’Artico è quindi il luogo ideale per dare concreta attuazione al concetto di sviluppo sostenibile. Le prospettive di sviluppo economico in Artico sono di estremo interesse per l’Italia. Per questo motivo riteniamo di grande importanza coinvolgere ulteriormente gli operatori economici italiani sulle questioni relative all’Artico, anche per le competenze tecnologiche che l’industria italiana può apportare allo sviluppo sostenibile dell’Artico. 

Ricordo come nel corso di un colloquio tra il Sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e lo State Secretary norvegese Audun Halvorsen, lo scorso aprile 2021, non solo  si è parlato ampiamente delle prospettive della presenza economica italiana in Artico, ma Halvorsen ha affermato che in quella che si configura come una vera e propria “corsa economica all’Artico” l’Italia sembra avere una posizione di vantaggio, proprio per la già consolidata presenza scientifica ed imprenditoriale. “Tutti a parole vogliono avere un pezzo di Artico – affermò in quella occasione il Segretario di Stato – ma voi avete anche le risorse e il business network per farlo”. E io sono d’accordo con lui.

Ci saranno delle sfide che l’Italia affronterà nell’Artico che ne limiteranno il suo coinvolgimento?

Io penso che il solo limite alla possibilità di essere un attore importante in Artico sia la nostra capacità e decisione. Dipenderà tutto da noi: se l’Italia continuerà ad essere un attivo e propositivo protagonista in Artico – nei settori politico, economico e scientifico – potrà accrescere sempre più il proprio ruolo e la propria presenza, ed assicurare benefici per le nostre imprese. 

I connazionali in questo Paese hanno ormai superato di molto le 9mila unità. Sono inseriti a tutti i livelli in tutti i gangli della società norvegese. Troviamo connazionali tra docenti universitari, consulenti della Banca centrale di Norvegia, direttori di grandi società italo-norvegesi e in tutti i settori dell’economia. Una presenza italiana di qualità, quindi.

Contrariamente ai tanti stereotipi che ancora circondano il nostro lavoro, le mie giornate sono spese tra analisi, rapporti, contatti, proposte e network. Ne più né meno di altri manager o amministratori pubblici e privati. 

Se devo indicare un’attività forse poco “diplomatica” e “glamour”, e abbastanza lontana dalla diplomazia classica, ma che ho svolto con enorme passione ed entusiasmo: il restauro e la ristrutturazione dei due edifici italiani che ospitano a Oslo la Cancelleria e la mia residenza. Sono due edifici di valore storico e di grande pregio architettonico, per carenza di manutenzione negli anni scorsi versavano in pessime condizioni: l’immagine che essi proiettavano del nostro Paese in Norvegia era davvero mortificante. 

Ho iniziato una serie di radicali (e pluriennali) iniziative tese al restauro, la ristrutturazione e l’ammodernamento dei due edifici: penso che l’eleganza delle costruzioni e la loro localizzazione costituiscono uno strumento di promozione del nostro Paese che può essere utile anche in funzione di public diplomacy. 

Si tratta di valorizzare l’importante patrimonio immobiliare italiano a Oslo, in modo che esso contribuisca a trasmettere un’immagine adeguata alla dignità e al prestigio del nostro Paese. Ed è un obiettivo che ho posto con orgoglio come una delle priorità del mio mandato in Norvegia.

Andrea Delvescovo

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Andrea Delvescovo

Sono laureato in “Lingue e comunicazione per l’impresa e il turismo” presso l’Università della Valle d’Aosta, oltre a scrivere articoli per Osservatorio Artico, collaboro anche con il Centro studi Italia- Canada. In particolare mi occupo di geografia turistica e commerciale, novità imprenditoriali e nuovi trend.

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