Una nuova ricerca mette in luce i numeri allarmanti dello scioglimento del permafrost, con danni incalcolabili per la natura. Mentre i conti economici sono da shock.
Rischio crollo
Tra il 30 e il 70% delle infrastrutture costruite nella regione artica sarebbe a rischio crollo. La nuova ricerca pubblicata su Nature Reviews Earth & Enviroment, a cura di vari gruppi di ricerca internazionale, mette ancora una volta l’accento su ciò che potrebbe rappresentare molto presto lo scioglimento del permafrost.
Tra i gruppi che hanno lavorato alla ricerca, l’Istituto di Tecnologia della California e le università di Oulu in Finlandia e Wageningen nei Paesi Bassi. Un team internazionale che fotografa una situazione catastrofica. Il liquefarsi del terreno ghiacciato su cui sono costruite scuole, case, strade e infrastrutture, potrebbe costare decine di miliardi di dollari ai Paesi artici. Ma comporterebbe anche il possibile rilascio di 1.700 miliardi di tonnellate di metano e CO2 nell’atmosfera.
Che cos’è il Permafrost
Il permafrost – in italiano con l’altisonante nome di “Permagelo” – è il nome di un tipo di terreno perennemente ghiacciato, che si trova tra l’estremo Nord Europa, la Siberia e l’America Settentrionale. Quando leggiamo sui quotidiani la notizia di un nuovo innalzamento termico, e conseguente scioglimento del permafrost, pensiamo a un ghiaccio perenne. Una terra di ghiaccio, che viene convenzionalmente considerata tale se è ghiacciata da almeno due anni.
Lo strato superficiale di permafrost è il più sensibile ai cambiamenti del clima. Si scioglie durante il periodo estivo (non solo nelle regioni artiche, ma anche oltre la quota di 2,600 metri sulle Alpi, ad esempio), ma può arrivare anche a profondità di 1,500 metri in Siberia. Lo strato più profondo non ha mai subito decongelamento dall’ultima era glaciale, circa diecimila anni fa. E qui sorge il primo problema.
Il permafrost si trova sulla terra e sotto il fondo dell’oceano, in aree in cui le temperature rimangono costantemente sotto lo zero. Ciò significa che il permafrost si trova spesso nelle regioni artiche come la Groenlandia, lo stato americano dell’Alaska, la Russia, la Cina e l’Europa orientale. Il permafrost copre circa 22,8 milioni di chilometri quadrati nell’emisfero settentrionale della Terra e il suo spessore può variare da 1 a oltre 1.000 metri.
Ripartire da zero
Secondo i ricercatori, la Russia potrebbe dover mettere mano al portafoglio per almeno 7 miliardi nei prossimi 30 anni per ricostruire gli oleodotti, gli aeroporti, le caserme e tutte le infrastrutture civili degradate. Nel Giugno 2020 il cedimento di una struttura comportò lo sversamento di oltre 20.000 tonnellate di carburante nel fiume Ambarnaya, in Siberia.
Nell’Ottobre dello stesso anno un team di ricercatori russi a bordo della nave R/V Akademik Keldysh avevano trovato prove per cui i depositi di metano congelati nell’Oceano Artico avevano iniziato ad aprirsi.
La maggior parte delle bolle di metano, note come “sleeping giants of the carbon cycle”, si starebbero aprendo su una vasta area del versante continentale al largo della costa della Siberia. Il metano è uno dei più potenti gas serra, e alti livelli di esso sono stati rilevati fino a una profondità di 350 metri nel Mare di Laptev.
La preoccupazione dei ricercatori deriva dal fatto che tale indagine segnalerebbe un nuovo ciclo di feedback climatico, in grado di accelerare ulteriormente il ritmo del riscaldamento globale. In parole povere: ciò che è intrappolato sotto i ghiacci artici e sotto il terreno – il permafrost – da millenni, si sta rapidamente liberando dalle calotte. Andando ad ampliare ulteriormente i danni climatici già in essere.
Leonardo Parigi
Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati