Il futuro dell’Artico secondo Peter Wadhams

Trento – «Il ghiaccio marino scomparirà in estate e si ridurrà nell’area in ogni altra stagione. Sarà più sottile. Attraversare l’Oceano Artico durante l’estate sarà facile e conveniente per le navi, sia a livello commerciale sia per il trasporto dei passeggeri. E inoltre si potrà navigare senza eccessivi problemi durante tutto l’anno. La calotta glaciale della Groenlandia continuerà a sciogliersi in maniera estremamente accelerata, causando l’aumento del livello del mare in tutto il mondo. Come se non bastasse questo scenario, va considerata l’ipotesi di un enorme rilascio di metano dai depositi nei sedimenti dei fondali marini, fattore che andrebbe ad accelerare ulteriormente il riscaldamento globale».

La visione apocalittica non è dovuta a qualche sito di disinformazione, ma a una delle massime autorità oceanografiche del mondo, Peter Wadhams. Professore di Fisica Oceanica nella prestigiosa università di Cambridge, e a capo dell’unità “Polar Ocean Physics Group”, Wadhams è una delle voci più illuminate e preparate del settore, e lancia appelli e allarmi da oltre trent’anni. Ospite della GreenWeek di Trento, tra febbraio e marzo 2019, aveva presentato il suo libro “Addio ai ghiacci. Rapporto dall’Artico” (Bollati Boringhieri), contente tutti i dati incontrovertibili dell’evidenza scientifica sullo scioglimento della calotta artica.

 

Durante gli ultimi giorni di luglio si trova in Groenlandia, a seguire carotaggi e ricerche per continuare il lungo percorso accademico sullo stato di salute degli oceani e dei ghiacci artici, termometri globali del nostro pianeta. Quando gli chiediamo una sua visione sui due problemi chiave degli oceani – surriscaldamento e inquinamento da plastiche – il 71enne professore britannico, a capo di oltre 40 spedizioni polari nella sua lunga carriera, non ha dubbi.

«La plastica non rappresenta uno dei problemi più pressanti nell’Artico oggigiorno, anche perché dobbiamo prima riuscire a fare qualcosa riguardo alla ritirata dei ghiacci, anche se molto difficile. La geo-ingegneria può venirci in aiuto. Si potrebbe provare, ad esempio, una tecnica nota come “Marine Cloud Brightening”, ovvero uno schiarimento artificiale delle nuvole. Questa tecnica prevede lo spruzzo di acqua marina sul fondo delle nuvole, rendendole più luminose così che riflettano più radiazioni».

La geo-ingegneria è uno dei molti temi a livello ambientale, e anche nel mondo scientifico esistono diverse visioni. Se da una parte si ritiene che la tecnologia e a conoscenza umana possa effettivamente influenzare anche il clima, andando quindi a proteggere il nostro ecosistema dagli sconvolgimenti prossimi venturi, dall’altra c’è chi ritiene che queste tecniche porterebbero a una minore presa di coscienza da parte dell’umanità. Se sappiamo che esiste una soluzione tecnologica, perché preoccuparci di agire in maniera più responsabile e consapevole? Una nota in più per i detrattori è dovuta allo scetticismo generale nei confronti di grandi sforzi ingegneristici per mitigare i cambiamenti climatici, che risultano spesso più violenti o imprevedibili di ciò che si può progettare nel lungo periodo.

Ma Peter Wadhams non la pensa così. Alcune azioni, come l’estrazione di almeno 20 miliardi di tonnellate di CO2 dall’atmosfera, sono considerate come “necessarie”, in un momento in cui il nostro pianeta vive sull’orlo del baratro. In recenti interviste, Wadhams ha portato ad esempio un rimboschimento massivo – non soltanto nelle regioni settentrionali della Terra – o anche un sistema di assorbimento di anidride carbonica marina su stuoie di alghe. Si tratta, quindi, di individuare sistemi di gestione che possano almeno mitigare le enormi difficoltà che il surriscaldamento globale sta già creando.

© www.rferl.org

L’ Artico è geograficamente distante da luoghi come le coste del Mediterraneo, ma gli effetti che notiamo al Polo Nord sono direttamente correlati anche alle nostre spiagge. Come si può allora agire per comunicare meglio questa informazione? «La recente mareggiata vicino ad Ancona (erroneamente descritta come un mini-tsunami)», analizza Wadhams, «potrebbe essere collegata a una maggiore rapidità di scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia. Questo semplice dato dovrebbe far riflettere sulla velocità di causa ed effetto dello scioglimento dei ghiacci artici, e dovrebbe essere un’informazione sufficiente per tutti noi».

«Temo che l’umanità non sia in grado di arrivare a decisioni politiche ed economiche sagge nel giro di poco tempo», continua, «in grado di modificare le ossessioni attuali. Ecco perché sono convinto che il ruolo della tecnologia sia davvero importante. L’approccio che considero migliore è quello della riduzione chimica di CO2 dall’atmosfera, perché non possiamo più permetterci di perdere tempo». Se l’ambiente rappresentava un argomento considerato naïf, fino a poco tempo fa, oggi sappiamo che è sicuramente uno dei punti-chiave delle agende politiche di ogni singolo Paese. E oggi siamo costretti a scegliere come vogliamo vivere il nostro futuro.

Maggiori informazioni sull’estensione del ghiaccio artico: National Snow & Ice Data Centre

Leonardo Parigi © Tutti i diritti riservati

Intervista realizzata in collaborazione con SapereAmbiente e Scuola di Ecologia

Un ringraziamento particolare a Marco Fratoddi per il supporto.

Leonardo Parigi

Sono Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia. Sono giornalista pubblicista, e collaboro con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale.

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