«Il nostro motto è do no harm, non fare danni. E noi vogliamo agire prima che sia troppo tardi». Leslie Field è appassionata mentre racconta le sfide della sua Ice911, la no profit con base a San Francisco che si propone di trovare soluzioni innovative per i gravi problemi dello scioglimento del ghiaccio e del cambiamento climatico.
La nostra intervista inizia poco dopo l’emanazione dell’allerta rossa per gli incendi in California. «Purtroppo la situazione qui è molto grave, e sono migliaia le persone che hanno perso tutto a causa di quest’ultima ondata di roghi», ci dice la dottoressa Field. Il filo conduttore fra i vasti incendi californiani e le attività di Ice911 è, neanche a dirlo, il cambiamento climatico. Il suo curriculum vanta oltre 54 brevetti, un corso decennale alla prestigiosa Stanford University su “Engineering, Entrepreneurship and Climate Change” e un dottorato di ricerca in ingegneria elettrica presso la UC Berkeley con specializzazione in MEMS (MicroElectroMechanical Systems).
«La nostra azione nel Circolo Polare Artico vuole trovare una soluzione migliore alle azioni su vasta scala. Abbiamo raggiunto ormai un punto di non-ritorno che rischia di stravolgere la vita dei nostri figli e dei nostri nipoti. Credo che sia logico voler trovare un sistema ulteriore di protezione dell’ambiente, anche perché il 95% dello scudo termico planetario ormai è perso». Eppure vediamo il ghiaccio ricrearsi ciclicamente, e sono molti ancora gli scettici sul tema. Qual è la verità? «Il ghiaccio nell’Artico funge da scudo termico globale. Il ghiaccio è “giovane” se intendiamo il ghiaccio stagionale che si crea in inverno e si scioglie in estate, e “vecchio” se consideriamo quello che resta in maniera perenne. Quest’ultimo mantiene le acque sufficientemente fredde per consentire alle nuove formazioni di ghiaccio di esistere anche in estate. Ma stando al report 2018 della National Oceanic and Atmospheric Administration il ghiaccio marino più antico è diminuito del 95%. Abbiamo perso il nostro scudo».
La geo-ingegneria è quella branca scientifica che mescola – per dirla in maniera semplice – gli ambiti dell’ingegneria con la geologia e le scienze dell’ambiente. Si tratta quindi di voler costruire sistemi fisici per risolvere problemi naturali, come l’innalzamento dei mari o lo scioglimento dei ghiacci alpini. La comunità scientifica ha guardato sempre con grande scetticismo queste soluzioni, anche perché il pensiero di base è che la ricerca di soluzioni tecniche porterebbe a una de-responsabilizzazione delle persone nei confronti della protezione ambientale.
«È vero», conferma Field, «la scienza ha sempre storto il naso. Ma infatti qui non parliamo di geo-ingegneria stretta ma di soluzioni climatiche. La nostra azione non ha la pretesa di essere la soluzione globale allo scioglimento dei ghiacci, ma vogliamo comunque contribuire con il nostro operato a un bene superiore». Come funziona quindi l’azione di Ice911?
Su diversi giornali e magazine si è già parlato delle possibilità di ricoprire il ghiaccio con “perline” riflettenti, ma la soluzione di Ice911 è profondamente diversa rispetto a ciò che è stato presentato. Immaginate una farina bianca, soffice e galleggiante. Immaginate di spargerla su un lago ghiacciato, su una superficie ristretta che abbia necessità di una particolare protezione. Ecco, questa è la soluzione proposta da Ice911. Una farina di biossido di silicio (“silice”) composta da silicio e ossigeno, non tossica per gli animali o per gli umani. «La nostra intenzione è quella di espandere i nostri campi di prova e di contribuire a riflettere i raggi solari, ma siamo consapevoli che non si tratti della soluzione assoluta per l’intera regione. Lavorare e vivere nella Silicon Valley è un valore aggiunto, perché qui si respira un’aria di innovazione e di sperimentazione a livello globale. Ogni aspetto del lavoro deve funzionare nel modo corretto, ma puoi trovare soluzioni in ogni angolo».
Dal sito della società:
La silice è di gran lunga l’elemento più sicuro che potremmo usare perché tutta la vita si è evoluta con essa in varie forme sulla terra, nelle nostre rocce e dissolta nei nostri oceani.
Esseri umani, animali, uccelli e pesci ingeriscono regolarmente silice. Gli uccelli cercano e selezionano grani più grandi di silice per favorire la digestione nello stomaco e i pesci nuotano attraverso di essa a circa una parte per milione di acqua dell’oceano. Soprattutto, poiché tutti ci siamo evoluti insieme alla silice, non si bio-accumula (cioè non si concentra all’interno dei corpi degli esseri viventi).
Il nostro materiale si decompone per diventare una parte dei 2,8 miliardi di tonnellate attualmente esistenti nell’oceano, alimentando il ciclo naturale della silice da cui dipendono così tanti organismi.
Ice911 possiede un sito di test nel Circolo Polare Artico in Alaska, un luogo chiamato Barrow (o Utqiaġvik, per essere più precisi). La cittadina ospita il popolo Inupiat, e gli abitanti non superano il numero di 4000 anime. Il coinvolgimento sociale è uno degli aspetti centrali per Field. «Se non mettiamo al centro delle azioni climatiche le esigenze delle persone che vivono nelle aree artiche, ogni proposta sarà vana e andrà comunque a distruggere un pezzo di mondo. Salvare il clima non può significare distruggere una comunità».
«Nel 2018 abbiamo distribuito 15.000 metri quadrati di silice nel nostro test field grazie a uno spargitore automatizzato, ma per noi è cruciale avere il sostegno delle comunità e delle cittadine in cui lavoriamo. Il nostro apporto è concentrato su interventi focalizzati su determinate aree, e la sperimentazione sta dando grandi risultati, anche se ancora parziali. Fondamentalmente abbiamo bisogno di due cose: speranza e azione».
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