Le ambizioni russe nell’Artico si trovano ora in una situazione di stallo. Le sanzioni colpiscono gli investimenti nella regione e il futuro del commercio artico si fa incerto.
L’invasione russa dell’Ucraina sta avendo enormi ripercussioni sul piano internazionale, e ha messo in moto un riassestamento degli equilibri politici a livello globale. L’invasione è stata condannata da 141 Paesi, e contemporaneamente le nazioni del blocco occidentale hanno risposto all’invasione sanzionando economicamente la Russia, oltre che supportando Kiev con l’invio di armi.
L’artico russo, ovviamente, non è stato escluso dalle conseguenze dell’invasione. L’incognita attuale riguarda proprio quale potrà essere il futuro della Rotta Marittima Settentrionale (o Northern Sea Route – NSR) considerando il peso delle sanzioni sull’economia russa e, nello specifico, sugli investimenti di Mosca nella regione.
La Russia di Putin considera ormai da diverso tempo la NSR rilevante dal punto di vista strategico. Sia a livello militare sia a livello commerciale. Nel corso degli anni il governo russo ha puntato allo sviluppo di diverse infrastrutture nella regione come la costruzione di gasdotti, di rompighiaccio, il miglioramento delle strutture di ricerca e soccorso o ancora l’espansione di porti e di impianti per l’estrazione di gas.
I grandi progetti energetici sono stati finanziati anche da attori europei e asiatici, ma con il conflitto in corso e le sue conseguenze alcuni di questi sono stati bloccati. A questo si aggiunge la messa in pausa degli incontri del Consiglio Artico, la più importante piattaforma di dialogo della regione artica.
In realtà già a partire dal 2014 il peso delle sanzioni scatenate dall’annessione della Crimea e dal conflitto in Donbass si era fatto sentire sugli investimenti russi. La situazione oggi è molto più critica, anche perché le sanzioni imposte alla Russia hanno minato la capacità di Mosca di poter usare valuta straniera come euro e dollaro americano sui mercati internazionali, ma impediscono anche a tutte le aziende occidentali di esportare beni di carattere tecnologico verso la Russia.
Questo ovviamente avrà un enorme impatto sulla NSR e su ciò che le gravita attorno.
I grandi progetti energetici russi nell’Artico subiranno il colpo più forte. Il progetto Yamal (attivo dal 2017), che contava il 5% del commercio di gas naturale liquefatto (Liquified Natural Gas, LNG) a livello globale nel 2020, potrebbe subire rallentamenti visto la sua dipendenza dalla tecnologia europea.
Allo stesso modo, anche il progetto Arctic LNG 2, in cui l’Italia aveva avuto un ruolo rilevante nel suo finanziamento, non riuscirà probabilmente a continuare la sua espansione. La prima fase del progetto dovrebbe vedersi conclusa nel 2023, ma le altre due espansioni, previste per il 2024 e il 2025 sono state al momento posticipate.
Dopo il congelamento ai finanziamenti per il progetto di paesi come l’Italia e la Francia, Novatek (il secondo produttore russo di gas naturale) ha infatti confermato lo stop ai progetti relativi alla produzione e stoccaggio di LNG. Sempre all’interno di questo contesto va sottolineato come anche colossi energetici come BP, Exxon Mobil e Shell abbiamo deciso di abbandonare al momento il mercato russo.
Si aggiunge poi la francese Total Energies, che possiede il 20% di share nel progetto Yamal LNG e il 10% nell’Arctic LNG 2, ma che ha confermato che non fornirà più capitali per nuovi progetti in Russia, e che smetterà di acquistare petrolio russo da qui in avanti. Come sottolineato dal The Barents Observer, il ritiro degli investimenti e il fatto che le infrastrutture russe nell’Artico contino sull’approvvigionamento di tecnologia occidentale, metterà a dura prova i progetti russi nella regione.
Allo stesso modo anche la consegna di rompighiaccio per il trasporto di LNG dai cantieri della Corea del Sud subirà ritardi, visto l’applicazione di Seul di maggiori controlli sulle esportazioni verso la Russia per quanto riguarda beni strategici. Secondo i dati del Financial Times, sono 35 le metaniere in costruzione e in progetto nei cantieri navali Hyundai, Daewoo e Samsung che non riusciranno probabilmente a essere consegnate nei tempi prestabiliti.
Inoltre, visto l’utilizzo di materiali e strumentazioni di provenienza europea e statunitense su queste navi, la loro consegna alla Russia risulterebbe illegale considerando le sanzioni. Allo stesso tempo, la Cina – altro produttore di navi metaniere – non riuscirà a sopperire ai bisogni russi, dato che i suoi cantieri navali sono prenotati per i prossimi anni.
Per quanto riguarda la produzione russa, i cantieri Zvezda di Vladivostok faranno molta fatica a continuare la costruzione di rompighiaccio senza la disponibilità della tecnologia occidentale.
Indubbiamente la Russia continuerà lo spostamento verso ad Est della rotta artica già iniziato nel 2014. La Cina potrebbe assumere un ruolo rilevante anche come finanziatore dei progetti, oggi bloccati dal bando occidentale. In questo contesto altri attori come India, Emirati Arabi Uniti e alcuni Paesi parte dell’ASEAN (Bangladesh e Vietnam in particolare) potrebbero aumentare il loro interesse verso la rotta artica e le opportunità relative al settore energetico nella regione.
Risale allo scorso settembre, per esempio, la notizia che vedeva l’india interessata ad ottenere il 9,9% di proprietà del progetto Arctic LNG 2. Il Giappone, inoltre, azionista al 10% nel progetto Arctic LNG 2, ha deciso per il momento di non bloccare i suoi investimenti nonostante il governo abbia applicato vari pacchetti di sanzioni contro la Russia.
In ogni caso, ci si può aspettare che nel prossimo periodo la NSR torni a essere utilizzata come una rotta interna. Bisogna però tenere in considerazioni gli interessi di altri Paesi come Cina e Giappone. Insomma, un ulteriore spostamento ad Est, considerando anche la volontà di MSC, CMA-CGM, Maersk, Hapag-Lloyd a non utilizzare la NSR, sarà probabilmente la diretta conseguenza di ciò che sta accadendo.
Alla stessa maniera, però, i progetti russi nell’Artico stanno subendo un duro colpo e le ambizioni di Mosca sono sicuramente messe a dura prova. La volontà di Putin di arrivare a 80 milioni di tonnellate trasportate lungo la NSR entro il 2024 molto probabilmente non si avvererà, ma sarà solo nei prossimi mesi che si potranno delineare in maniera dettagliata le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina e i suoi effetti sull’Artico russo.
Gianmaria Dall’Asta
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