Alcune navi della Guardia Costiera Cinese sono entrate per la prima volta nell’Oceano Artico per effettuare un’esercitazione congiunta con le omologhe russe.
Sulle note dell’inno nazionale, nel giorno del settantacinquesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, alcune navi della Guardia Costiera Cinese sono entrate per la prima volta nell’Oceano Artico per effettuare un’esercitazione congiunta con le omologhe russe. Un’ulteriore conferma che l’asse Mosca-Pechino, almeno nell’Artico, è già una realtà.
La recente missione con la Russia segna un momento di svolta nel panorama geopolitico dell’estremo Nord e testimonia il rafforzamento del partenariato sino-russo in questa regione di crescente rilevanza strategica. L’operazione, che si è svolta nel Mar di Bering, costituisce infatti la prima presenza della Guardia Costiera cinese in queste acque e riflette l’ambizione di Pechino di espandere il suo raggio d’azione anche nelle regioni polari.
La Cina, che si è autodefinita “nazione vicina all’Artico” (near-arctic state), sembra determinata a replicare a queste latitudini le sue strategie già adottate nell’Indo-Pacifico, cercando di consolidare la propria influenza in un’area che è diventata un crocevia strategico per le rotte commerciali del futuro.
Questa operazione si inserisce nel contesto di una cooperazione sempre più stretta tra Cina e Russia. Oltre al recente episodio, carico di significato simbolico oltre che pratico, le due potenze storicamente rivali – lo furono anche quando entrambe avevano la falce e il martello sulla bandiera – appaiono sempre più legate, sia sul piano politico che su quello commerciale e militare. Ripercorriamo i passi più recenti di questo avvicinamento.
Qualche giorno fa, il diplomatico cinese Ma Xinmin ha incontrato il suo omologo russo Nikolai Korchunov, già ambasciatore della Federazione per l’Artico e recentemente nominato nuovo ambasciatore russo in Norvegia. Durante l’incontro sono stati discussi temi di rilievo per entrambe le nazioni, come il futuro delle rotte marittime artiche, lo sviluppo energetico e infrastrutturale, e la cooperazione scientifica nella regione.
La volontà comune di rafforzare la collaborazione sull’Artico è stata sancita anche ad agosto, con la firma di un accordo tra il premier cinese Li Qiang e il primo ministro russo Mikhail Mishustin per sviluppare congiuntamente le rotte artiche, incluse nuove infrastrutture per facilitare il trasporto marittimo lungo la Northern Sea Route. E proprio ad agosto si sono affacciate nelle acque artiche anche tre navi rompighiaccio da ricerca, evidenziando le ingenti risorse che begli ultimi anni il Dragone ha investito sulla creazione di una flotta rompighiaccio.
La mossa della Cina di inviare la Guardia Costiera nell’Artico, infatti, può essere letta come una dimostrazione della sua crescente volontà di assurgere come protagonista nella governance marittima internazionale e di contribuire allo sviluppo di nuove rotte commerciali che bypassino i tradizionali chokepoints come lo Stretto di Malacca. L’obiettivo è di creare una “Via della Seta Polare”, parte integrante della più ampia Belt and Road Initiative, che consentirebbe alla Cina di garantire rotte commerciali sicure e affidabili tra l’Europa e l’Asia, riducendo la dipendenza da percorsi sempre più vulnerabili a conflitti e instabilità, come le rotte del Mar Rosso e del Mediterraneo.
Ma più che da una spinta alla cooperazione e all’alleanza, il rafforzamento della presenza cinese nell’Artico è strettamente legato alla debolezza della Russia, accentuata dalle sanzioni occidentali e dall’isolamento diplomatico seguito all’invasione dell’Ucraina. Mosca, che tradizionalmente ha considerato l’Artico come una propria sfera d’influenza esclusiva, si trova ora costretta a condividere la regione con la Cina, l’unico partner capace di investire risorse significative nello sviluppo delle rotte marittime e nelle infrastrutture necessarie. Per la Russia, accettare questa partnership rappresenta una scelta pragmatica: pur di mantenere una presenza nell’Artico, è disposta a cedere una parte della sua influenza storica a Pechino.
La crescente cooperazione tra i due Paesi si è estesa anche ad attività militari e di law enforcement. La Cina ha già dimostrato altrove, come nel Mar Cinese Meridionale e nello Stretto di Taiwan, che la sua Guardia Costiera può essere uno strumento di proiezione di potere, utilizzato per consolidare la propria posizione anche in acque contese. L’invio della Guardia Costiera nell’Artico, quindi, non rappresenta solo una mera attività di pattugliamento ma un passo significativo verso la legittimazione della sua influenza in questa regione.
Il contesto internazionale rende questa alleanza ancora più rilevante. Mentre la Cina e la Russia rafforzano la loro cooperazione artica, gli Stati Uniti si trovano temporaneamente in una posizione di svantaggio, con due dei principali rompighiaccio fuori servizio. Questa situazione apre la porta a una maggiore attività cinese e russa nella regione, come evidenziato dalle dichiarazioni della Guardia Costiera statunitense, che ha espresso preoccupazione per il crescente interesse di “concorrenti strategici” nell’Artico.
L’Artico sta diventando una nuova frontiera della geopolitica globale. La cooperazione sino-russa nella regione rappresenta non solo un’opportunità economica per entrambe le nazioni ma anche una strategia per contrastare l’influenza occidentale e garantire il controllo su una delle aree più strategiche per il futuro del commercio internazionale. Con lo scioglimento dei ghiacci e la crescente militarizzazione della regione, la Cina e la Russia stanno cercando di ritagliarsi un ruolo dominante, rendendo l’Artico uno dei principali teatri di competizione geopolitica dei prossimi decenni.
Enrico Peschiera
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