Una volta, la Groenlandia era proprio come ci suggerisce il suo nome (da green, verde, e land, terra).
Resti fossili di piante e insetti sono stati trovati nella regione centrale della gigantesca isola, coperti da uno strato di ghiaccio spesso tre chilometri. La scoperta dei ricercatori rivela come, meno di un milione di anni fa, questa enorme distesa di ghiaccio fosse ricoperta da una folta vegetazione. La notizia ci aiuterà a capire gli effetti del cambiamento climatico e che tipo di mondo dovremo aspettarci nei prossimi decenni.
Se oggi chiedessimo a qualcuno cosa gli viene in mente pensando alla Groenlandia, risponderebbe un’enorme distesa di ghiaccio, dal clima inospitale e con condizioni di vita estreme. Non si allontanerebbe dal vero, ma quello che non saprebbe è che meno di un milione di anni fa questa regione era coperta da una vasta tundra verde, interamente priva di ghiaccio.
La scoperta è stata fatta rinvenendo fiori fossili da un campione prelevato al centro dell’Isola, ad oggi ghiacciata per il 98% del suo territorio. Una scoperta simile era stata fatta pochi anni fa, quando fossili di alberi vennero rinvenuti nella Groenlandia nordoccidentale.
Nel 1966, infatti, gli americani fecero delle operazioni di scavo nella calotta artica. Le motivazioni addotte, ufficialmente, erano di natura scientifica, ma il vero intento era riuscire a nascondervi dei missili nucleari. La missione militare non andò a buon fine mentre i campioni di quei carotaggi, dimenticati per decenni nei congelatori danesi, vennero finalmente analizzati dagli scienziati, dando origine a questa prima scoperta.
Negli ultimi decenni, tuttavia, si pensava che la Groenlandia fosse sempre stata così, almeno a partire dall’inizio del Pleistocene, circa 2,7 milioni di anni fa. La scoperta fornisce la prima prova diretta che anche il centro, e non solo i bordi, della calotta glaciale groenlandese si sono sciolti nella recente era geologica, per poi essere sostituiti da un ecosistema di tundra. Nei campioni studiati, risalenti al 1993 ed esaminati con una nuova tecnologia, sono stati trovati resti di funghi e insetti che avrebbero necessitato di un luogo privo di ghiaccio per sopravvivere e riprodursi. La prova chiave di questa ricerca è stato un esemplare di muschio di roccia chiamato Selaginella Rupestris, che ad oggi vive solo in ecosistemi sabbiosi e rocciosi.
I risultati della ricerca, che non era finalizzata al ritrovamento di fossili, bensì alla misurazione degli isotopi di carbonio, sono stati pubblicati dal PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America). Sapere che anche la Groenlandia centrale, una volta, era ricoperta da tundra è una scoperta che fornisce molte risposte sul comportamento della biosfera artica: questi periodi di arretramento dei ghiacciai corrispondevano a momenti di maggiore attività vulcanica, che hanno reso possibile il riscaldamento dell’atmosfera e la generazione di cambiamenti sia nel livello del mare che nel clima globale.
La notizia aiuta a determinare il ruolo che ha giocato lo scioglimento della calotta polare durante questi avvenimenti, ma anche quello che avrà in futuro. L’analisi del comportamento della calotta groenlandese, infatti, fornisce numerose informazioni su come cambierebbe il livello del mare a causa del cambiamento climatico.
A tal proposito, un’allarmante studio scientifico ha rivelato come la Groenlandia rischi di perdere più ghiaccio in questo secolo di quanto non ne abbia mai perso negli ultimi dodicimila anni. La ricerca presenta una serie di prove che dimostrano come l’isola sia entrata in una fase di grave decadimento, sottolineando il rischio di un completo scioglimento se l’umanità scegliesse di continuare a fare affidamento sui combustibili fossili.
La Groenlandia contiene una quantità di acqua ghiacciata tale da far innalzare globalmente il livello dei mari di 7,3 metri. Nell’eventualità ottimistica che gli uomini riescano a ridurre rapidamente le emissioni di anidride carbonica, i modelli di previsione stimano un ritiro – e dunque uno scioglimento – della calotta pari 9700 miliardi di tonnellate di ghiaccio. Se invece continuassimo a bruciare combustibili fossili senza moderazione, questa cifra crescerebbe a poco meno di 21.000 miliardi, con una velocità di scioglimento di quattro volte superiore al previsto.
Niccolò Radice Fossati
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