Tra gli anni ’50 e ’60 la Danimarca avviò un programma di controllo delle nascite che dimezzò la crescita della popolazione Inuit. Vennero impiantati, senza consenso, dispositivi contraccettivi in migliaia di ragazze della minoranza etnica.
Lo scorso maggio è iniziata formalmente l’indagine congiunta di Groenlandia e Danimarca che ha come obiettivo quello di far luce sui crimini commessi da Copenaghen nell’isola durante il periodo pre e post coloniale.
Poco prima dell’avvio ufficiale di questa indagine, però, è stata resa nota alla comunità internazionale un’altra orribile verità sul passato danese nell’Isola: l’esistenza di un programma di controllo delle nascite messo in atto tra gli anni ‘50 e ‘70 del secolo scorso.
Secondo il governo di Copenaghen, la popolazione Inuit stava crescendo troppo velocemente e la soluzione a questa “problematica” fu impiantare uno strumento contraccettivo (una spirale uterina) a un totale di 4500 ragazze Inuit, senza che loro ne fossero a conoscenza.
Il piano di controllo delle nascite venne denunciato per la prima volta nel 2017, quando la psicologa e attivista Naja Lyberth, rivelò che nel 1976, quando aveva solamente 13 anni, le fu impiantato un dispositivo contraccettivo durante una visita medica di “routine” a scuola.
Nessuno le spiegò cosa fosse quell’oggetto, nessuno le chiese il consenso e nessuno la visitò nei mesi successivi, il che le causò gravi problemi di salute (in alcune donne l’impianto della spirale portò a necessari interventi di isterectomia). E lo stesso successe ad altre 4500 ragazze e bambine.
La questione però raggiunse l’opinione pubblica danese e internazionale solo nel 2022, grazie al podcast Spiralkampagnen (la campagna della spirale), programma prodotto dalla televisione danese.
Oggi, 67 delle donne di etnia Inuit che vennero sottoposte a questa barbarica pratica, richiedono un risarcimento dei danni al governo di Copenaghen pari a 40 mila euro a testa. Minacciano inoltre di portare la questione davanti a tribunali nazionali e internazionali qualora la Danimarca rifiutasse il risarcimento e l’assunzione delle responsabilità del passato.
D’altronde, come confermano anche gli avvocati che si stanno occupando della vicenda, i diritti umani che con tale pratica sono stati violati sono numerosi. Dal diritto alla salute, a quello all’autodeterminazione, passando dal diritto a fondare una famiglia.
Sembra però che da parte del governo danese ci sia tutta la volontà necessaria per indagare a fondo sull’accaduto. Lo stesso ministro della sanità, Sophie Lohde ha dichiarato: “È una questione profondamente tragica, e le storie delle donne Inuit mi hanno lasciato una profonda tristezza. È imperativo, per noi danesi e per il popolo groenlandese, indagare a fondo sulla questione, motivo per cui un team di ricercatori sta attualmente conducendo un’indagine indipendente e imparziale”.
D’altronde l’obiettivo dell’indagine congiunta è proprio quella di far luce sulle atrocità del passato e tentare di rimediare alle azioni commesse.
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