La seconda calotta glaciale del mondo ha perso più massa di quanto pensassimo, rivela un recente studio pubblicato sulla rivista Nature. Intanto a Dubai si servono rinfrescanti cocktail con ghiaccio puro 100% made in Groenlandia. What a time to be alive.
La Groenlandia è l’isola più grande del mondo, coperta da ghiaccio per quasi l’80% della sua estensione. L’isola ospita infatti una calotta glaciale, come viene definita una massa di ghiaccio terrestre che si estenda per oltre 50.000 chilometri quadrati. Nel caso della Groenlandia sono circa 1,7 milioni. Questa massa titanica è tutt’altro che immobile né – purtroppo – immune agli effetti dell’aumento delle temperature globali. Una calotta glaciale è formata da singoli ghiacciai.
“Quasi tutti i ghiacciai della Groenlandia si sono assottigliati o ritirati negli ultimi decenni”, questo l’incipit del recente studio firmato da Chad A. Greene e colleghi. Fin qui niente di particolarmente scioccante. La comunità scientifica lancia allarmi in merito all’impatto del cambiamento climatico sulla calotta groenlandese da tempo. Il fattore di novità – e di gravità – introdotto da questo studio è che le stime attuali del bilancio di massa della calotta erano al ribasso perché trascuravano il ritiro del fronte di distacco.
Il team ha combinato oltre 200.000 osservazioni sulle posizioni dei terminali dei ghiacciai tra il 1985 e il 2022, derivate manualmente e attraverso sistemi di intelligenza artificiale. In questo modo, hanno creato una maschera ad alta risoluzione (120 metri) e misurato l’evoluzione dell’estensione della calotta nel corso di quattro decenni.
Il risultato è allarmante: la perdita di massa degli ultimi quarant’anni è stata circa il 20% più di quanto pensassimo.
Nel complesso stiamo parlando di oltre 5000 chilometri quadrati di area, corrispondenti a un trilione di tonnellate di ghiaccio, andati persi dal 1985 ad oggi. Sono cifre di difficile visualizzazione. Per fare un esercizio con un bene che a nessuno piace “perdere” basti pensare al tempo.
Mille secondi equivalgono a 17 minuti, un milione di secondi sono quasi 12 giorni. Un miliardo di secondi fa la Generazione Z non era ancora nata, era il 1993. Un trilione di secondi ammontano a più di 31.700 anni.
Nulla si distrugge. Ghiaccio continentale perso significa volumi di acqua dolce riversati nell’oceano con impatti significativi sul livello del mare, le correnti costiere, le interazioni ghiaccio-oceano e soprattutto l’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC), uno dei principali sistemi di corrente oceanica globale.
L’AMOC è spesso paragonata a un nastro trasportatore, il cui moto dipende dalle variazioni della temperatura e della salinità dell’acqua. Questo importante sistema porta acqua calda e sostanze nutritive dai tropici alle acque settentrionali dell’Atlantico, e ha un’influenza decisiva sul clima regionale. Dalla metà del secolo scorso l’AMOC ha iniziato a rallentare raggiungendo livelli preoccupanti.
Le anomalie svelate dallo studio pubblicato su Nature – quel 20% in più del previsto – hanno avuto “un impatto diretto minimo sul livello globale del mare, ma sufficiente per influenzare la circolazione oceanica”. Quello che preoccupa molti scienziati quando si parla di indebolimento dell’AMOC è che non abbiamo un valore preciso da cui guardarci. “Qualsiasi piccola fonte di acqua dolce può (n.d.r.) fungere da “tipping point”, il punto di non ritorno dove il sistema collassa e stravolge il clima.
Lungi dal rappresentare la principale causa della sofferenza della calotta groenlandese, l’attività della nuova startup Artic Ice fa quantomeno storcere il naso (o ridere o piangere, a seconda dei punti di vista) di fronte a una crisi simile.
Questa neonata iniziativa commerciale si occupa di spedire il ghiaccio “più puro della Terra” dalla Groenlandia fino a Dubai. I consumatori più scettici possono trovare tutte le rassicurazioni del caso sul sito: il ghiaccio viene prelevato da iceberg già staccati nel fiordo di Nuuk e la produzione estremamente limitata ha quindi un “impatto trascurabile” (sic).
L’azienda sta anche considerando degli interventi per ridurre l’impronta carbonica delle spedizioni del ghiaccio incontaminato da più di 100.000 anni, che ha anche il pregio di fondersi molto più lentamente di quello che viene normalmente servito ai bar. Una chicca per pochi.
Non è di certo il business di Artic Ice a minacciare l’Atlantic Meridional Overturning Circulation, ma la sua semplice esistenza accende un cortocircuito logico difficile da gestire in tempi di crisi climatica.
Annalisa Gozzi
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