La Groenlandia ha recentemente affermato che aderirà all’accordo sul clima di Parigi 2015, che mira ad evitare l’avvento di pericolosi cambiamenti climatici, imponendo ai paesi firmatari di agire per limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2° C.
Sono queste le parole utilizzate dal Primo Ministro groenlandese durante un intervento alla COP26, il vertice annuale sul clima delle Nazioni Unite, per denunciare come i cambiamenti climatici stiano drammaticamente modificando l’ecosistema della loro terra.
Mute B. Egede ha inoltre affermato proprio in questa sede che la Groenlandia ha intenzione di rinunciare all’esenzione dallo storico accordo sul clima, e che si impegnerà per raggiungere gli obiettivi stabiliti a Parigi. Nuuk aveva di fatto aderito all’accordo di Parigi, ma nel 2016 le era stata concessa la riserva territoriale dalla Danimarca. Il che significava l’esonero dal rispetto degli obiettivi stabiliti da Copenaghen per l’intero Regno nella riduzione di emissioni e di inquinamento.
La motivazione di tale decisione riguardava il costo enorme che la Groenlandia avrebbe dovuto sostenere per adempiere agli obiettivi stabiliti. Inoltre, la firma le avrebbe impedito di sviluppare un’economia industrializzata di cui si sarebbe servita per dichiarare l’indipendenza dalla Danimarca. Il petrolio era visto, dai precedenti governi, come elemento chiave per lo sviluppo di una economia indipendente. Il cambio di rotta infatti arriva dopo due eventi importanti.
Prima di tutto ora al governo c’è un partito ambientalista, che ha annunciato recentemente lo stop a nuove esplorazioni petrolifere, citando gli enormi costi ambientali, e questa decisione è stata ribadita durante la COP26. In secondo luogo la decisione di firmare l’accordo arriva a seguito della possibilità per il governo dell’isola di fissare degli obiettivi separatamente da Copenaghen.
Durante la COP26 il Primo Ministro ha inoltre annunciato la volontà da parte del governo di voler sfruttare maggiormente l’abbondante disponibilità di energia idroelettrica presente. E l’approvazione da parte del parlamento di due nuovi progetti arriva proprio a seguito di questo annuncio.
Il primo progetto prevede la costruzione di un’ulteriore centrale idroelettrica, la sesta nel paese, mentre il secondo prevede l’espansione di un impianto già esistente a Nuuk. Scopo dichiarato è quello di ridurre le emissioni di carbonio di un quinto entro il 2030.
La Groenlandia infatti, rimane ad oggi dipendente da fonti energetiche non rinnovabili – prevalentemente petrolio – impiegate soprattutto nel settore dei trasporti e nell’utilizzo di generatori a diesel che alimentano i villaggi più remoti. Per questo motivo l’inquinamento da carbonio prodotto dall’isola rimane tuttora superiore a quello prodotto dai Paesi dell’Europa occidentale.
Ma lo stesso Primo Ministro ha annunciato, sempre durante la COP, che anche grazie a questi progetti, nel giro di pochi anni da adesso, il 90% dell’energia prodotta in Groenlandia proverrà da fonti di energia sostenibile e rinnovabile.
Secondo il documento “Energy in the West Nordics and the Arctic (2018)“:
From a purely economic planning perspective, Greenland has the potential to make a quick and low-cost transition to a low emission society. The first and most pressing task is to electrify all heating. This is a task that should be economically feasible today. The main challenges in Greenland consist of regulatory and financial barriers. Energy prices are heavily regulated in order to provide equal opportunities for all Greenlanders regardless of where they live. State subsidies to support private investments must be available to all, even though the same investments may not be relevant in all locations. The average income is generally low, which adds to the challenge of financing the necessary private investments.
Giulia Sacchi
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