La nuova direttiva UE contro il greenwashing costringe le località sciistiche a rivedere le proprie strategie pubblicitarie. Il caso della Lapponia finlandese.
Siamo ormai familiari con il termine greenwashing, un neologismo inglese che unisce green (verde) e washing (lavaggio), che indica l’atto di nascondere o alterare la verità per migliorare la reputazione di enti, aziende o prodotti. In italiano, viene spesso reso con “ecologismo di facciata” e si riferisce a strategie di comunicazione adottate da imprese od organizzazioni per proiettare un’immagine ingannevolmente positiva del loro impatto ambientale, distogliendo l’attenzione dalle conseguenze negative delle loro attività.
Il settore sciistico è uno di quelli che si trovano oggi a camminare su un filo sottile. Da una parte, lo sci alpino è un’esperienza unica, un’immersione autentica nella natura che permette di vivere la montagna in modo diretto e coinvolgente. Dall’altra, nasconde un costo ecologico non indifferente, che rischia di compromettere proprio quegli ecosistemi che rendono possibile questa magia.
Nonostante l’aspetto glamour dell’après-ski e delle feste in quota – che in qualche modo hanno snaturato lo spirito originario di questo sport –, il cuore dello sci rimane legato alla bellezza incontaminata delle montagne. Eppure, la realtà è che la costruzione di impianti sciistici, piste e infrastrutture indispensabili al turismo montano richiede interventi invasivi, spesso accompagnati dal disboscamento di intere aree.
Inoltre, l’accesso facilitato a migliaia di persone in zone un tempo riservate soltanto a camosci, marmotte ed escursionisti comporta un elevato consumo di risorse, quali elettricità e acqua per l’innevamento artificiale. Un problema che si fa sempre più urgente in un’epoca in cui la neve naturale sta diventando un lusso sempre più raro.
Proprio in questo contesto, il fenomeno del greenwashing diventa particolarmente rilevante. Alcune località sciistiche, per esempio, promuovono iniziative “eco-friendly” o si fregiano di certificazioni ambientali mentre continuano a espandere impianti e infrastrutture con un impatto significativo sugli ecosistemi montani.
Di fronte a questa situazione, l’Unione Europea ha deciso di intervenire con una nuova direttiva, approvata nella primavera del 2024, che mira a contrastare, tra le altre cose, gli effetti negativi del settore sciistico sull’ambiente. La normativa impone alle aziende di supportare con prove scientifiche ogni dichiarazione sul loro impegno ecologico, cercando di evitare il greenwashing.
La nuova direttiva sta già rivoluzionando il settore turistico della Lapponia, costringendo molte località a rivedere le proprie strategie pubblicitarie. Diversi operatori hanno dovuto eliminare dichiarazioni di sostenibilità esagerate o non verificabili, in linea con i nuovi standard che richiedono prove scientifiche a supporto di ogni affermazione ecologica.
La località di Pyhä, che in passato si presentava come la prima stazione sciistica a emissioni zero nei Paesi nordici, ha dovuto fare marcia indietro. Nonostante l’uso di energia idroelettrica ed eolica per gli impianti di risalita e di carburanti rinnovabili per i gatti delle nevi, parte della loro neutralità carbonica si basava sulla compensazione delle emissioni, una pratica ora non più consentita. Dai Pyhätunturi Hotel si è dovuto rimuovere un grande poster che proclamava l’obiettivo di trasformarsi nella “stazione sciistica più pulita del mondo”. Una dichiarazione ambiziosa, ma priva di basi scientifiche sufficienti per resistere ai criteri imposti dalla normativa UE.
L’adeguamento alle nuove regole comporta anche costi significativi per le aziende turistiche. Pyhä, per esempio, preventiva di spendere decine di migliaia di euro per aggiornare materiali pubblicitari come biglietti, volantini, segnaletica, pubblicità e il sito web. Nel contesto del turismo lappone, termini come “sostenibile” e “responsabile” sono stati a lungo utilizzati nei materiali promozionali, spesso senza una chiara definizione o prova concreta delle pratiche ecologiche adottate.
Mentre le località sciistiche – e non solo – si adeguano alle normative, è fondamentale però che il cambiamento non si limiti alla pubblicità, ma si traduca in azioni concrete e misurabili, che è poi il vero scopo della direttiva. La sfida sarà quella di trovare un equilibrio tra la passione per lo sci, il rispetto per l’ambiente e le esigenze economiche delle comunità montane.
Tommaso Bontempi
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