Un viaggio in Islanda insieme a Marco Vinci, creatore e organizzatore di Viaggioislanda.com.
Il ritiro di molte lingue glaciali islandesi è stato notato all’inizio del XX secolo, e nel 1920 è stato avviato un programma di monitoraggio volontario a livello nazionale (Eyþórsson, 1930; Sigurðsson, 1963). Questo programma è stato poi proseguito dalla Società Glaciologica Islandese, che continua ancora oggi.
Il monitoraggio annuale delle variazioni del fronte glaciale è una procedura semplice e diretta che richiede tecniche e strumenti relativamente poco sofisticati. Ciononostante, tale monitoraggio produce alcune delle informazioni più importanti necessarie per comprendere la natura dei ghiacciai. In molti casi rivela la storia del clima in regioni in cui sono disponibili poche altre informazioni meteorologiche.
Per poter valutare la reazione di un ghiacciaio ai cambiamenti climatici, ogni ghiacciaio deve essere analizzato attentamente. In generale, la crescita e il decadimento dei ghiacciai dipendono dal clima e sono valutabili attraverso il bilancio di massa superficiale. I principali fattori climatici che influenzano il bilancio di massa di un ghiacciaio sono l’irraggiamento e la temperatura dell’aria durante l’estate o la stagione di ablazione, e le precipitazioni durante l’inverno o la stagione di accumulo.
I ghiacciai islandesi hanno una connotazione del tutto particolare, visto che costituiscono la parte terminale di grandi espandimenti definite calotte glaciali. La reazione della fronte glaciale alle variazioni del bilancio di massa è spesso mascherata da un effetto ondata o meglio definito surge. Questo fenomeno tipico dei ghiacciai delle isole Svalbard, dell’Arcipelago artico canadese, dell’Alaska e dell’Islanda genera repentini movimenti delle masse glaciali anche 100 volte più veloci del regime normale di movimento di un ghiacciaio.
In alcuni ghiacciai, i surge possono verificarsi in cicli abbastanza regolari che vanno da 15 a 100 eventi per anno. In altri ghiacciai, il fenomeno del surging è imprevedibile. Il periodo di stasi tra due surge però può essere anche molto lungo (10-200 anni) ed è chiamato fase quiescente. Durante questo periodo le velocità del ghiacciaio sono significativamente più basse e i ghiacciai possono ritirarsi in modo consistente.
La genesi di surge glaciali è tutt’ora studiata e molte possono essere le cause che ne provocano manifestazioni eclatanti di variazione delle fronti glaciali. Tra le principali cause la formazione di scorrimento di acqua alla base dei ghiacciai capace di diminuire sensibilmente l’attrito tra ghiaccio e substrato, sembra essere la più plausibile per i fenomeni islandesi.
In Islanda, le acque di fusione che scorrono alla base dei ghiacciai trovano la loro origine – oltre che dal regime climatico alterato che sta colpendo anche queste aree dell’Atlantico – dalla presenza di attività vulcanica sotto le calotte glaciali. L’assetto geologico del territorio islandese è governato dalla presenza della dorsale medio atlantica e di un importante hot spot, elementi che nel loro insieme determinano continue attività di natura eruttiva.
Il viaggio di esplorazione appena concluso Go To Iceland ottobre 2023, rientra nelle attività che contribuiscono al monitoraggio dello stato di salute dei ghiacciai islandesi gestito dall’Icelandic Meteorological Office, in collaborazione con l’Institute of Earth Sciences at the University of Iceland, Landsvirkjun (la compagnia di produzione elettrica nazionale), the Iceland Glaciological Society, il National Land Survey of Iceland e il South East Iceland Nature Research Center.
Le attività si concentrano principalmente su quattro distinti ghiacciai: Kvíárjökull, Svínafellsjökull e Falljökull facenti parte della grande calotta del Vatnajökull, e il Sólheimajökull posto sul margine sud della calotta Myrdalsjökull.
Le misurazioni di posizionamento della fronte glaciale da capisaldi noti è accompagnata dall’acquisizione di dati e rilievi sintetizzati in schede di descrizione dell’assetto morfologico della fronte glaciale e della sua morena frontale attiva oltre che da un report fotografico di correlazione.
La maggior parte dei ghiacciai in Islanda raggiunse la sua massima estensione postglaciale intorno al 1890. Durante il primo quarto del XX secolo, la ritirata fu notevole ma non rapida. Il brusco aumento della temperatura che si verificò intorno al 1925 fu accompagnato da un rapido ritiro dei fronti glaciali in tutta l’Islanda.
Nel 1960, tutti i ghiacciai monitorati si erano ritirati dalla loro posizione del 1930, anche se in genere il 10-20% delle fronti glaciali avanzava ogni anno. Il tasso di ritirata rallentò quando il clima si raffreddò gradualmente durante gli anni ’40 e ’50. Quasi tutti i ghiacciai non surge sono progrediti in misura variabile per due o tre decenni dopo gli anni ’60, e poi sono tornati a ritirarsi durante gli anni ’90, in particolare dopo il 1995, quando le temperature hanno iniziato a salire rapidamente, con il 2002-04 il periodo di 3 anni più caldo durante i quasi 200 anni di registrazione strumentale.
Nel 2000, tutti i ghiacciai monitorati non di tipo surge si stavano ritirando. Allo stato attuale è stato possibile effettuare delle correlazioni dirette tra aumento delle temperature e velocità di regressione delle fronti glaciali che in Islanda sembra essere molto marcata in molti dei ghiacciai non surge, ad eccezione di Svínafellsjökull e Sólheimajökull che sembrano restituire risposte del tutto contrastanti.
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