Gli USA allargano la piattaforma continentale nell’Artico anche grazie a un nuovo studio sui fondali marini.
Il 19 dicembre scorso il Dipartimento di Stato americano ha pubblicato il U.S. Extended Continental Shelf (ECS) Project. La Piattaforma continentale estesa (ECS) è un termine introdotto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay del 1982, nello specifico dall’articolo 76.
Procedendo per gradi, questa storica Convenzione del 1982 ha diviso in diverse zone la sovranità statale a livello marino: mare territoriale, zona contigua, piattaforma continentale e in alcuni casi piattaforma continentale estesa.
La piattaforma continentale estesa è la zona marina situata oltre le 200 miglia nautiche con un massimo di estendibilità a 350 miglia dalla linea di base. In questo spazio, lo Stato costiero ha il diritto di conservazione e gestione delle risorse naturali presenti sui fondali e nel sottosuolo.
Gli Stati Uniti d’America esercitano il controllo in sei piattaforme continentali. Le sei zone sono l’Artico, il Mare di Bering, l’Oceano Pacifico, L’Oceano Atlantico, il Golfo del Messico e lo spazio circostante le Isole Marianne, situate nel Nord-Ovest del Pacifico.
Che implicazioni e che impatto il U.S. Extended Continental Shelf Project può avere la presentazione sulla situazione attuale in Artico? Da un lato ci si potrebbe spingere a dire che nel concreto questo progetto non abbia nessuna implicazione per la regione polare.
Dal punto di vista giuridico, per avere una valenza deve essere presentato ufficialmente dal governo degli Stati Uniti dinanzi alla Commissione per i limiti della piattaforma continentale – organo di controllo della UNCLOS sulla delimitazione delle estensioni delle piattaforme continentali – sotto forma di submission insieme ai documenti e agli studi necessari.
Una volta effettuato questo passaggio, la parola passerà alla Commissione che, analizzando la domanda e l’attendibilità dei dati forniti, si pronuncerà a favore o contro. Nota a margine: i tempi richiesti per questo iter sono molto lunghi sia per la difficoltà delle analisi e sia perché altri Stati costieri hanno già presentato una domanda di estensione e sono in attesa di responso.
Solo nella regione artica, Norvegia, Canada e Danimarca con riferimento alla Groenlandia sono diversi anni che attendono una sentenza.
Gli USA non sono parte della UNCLOS perché non l’hanno ratificata. Questo però, non ricopre un significato formale. Come dichiarato anche dalla stessa Commissione, qualsiasi Stato costiero – sia esso firmatario o meno della UNCLOS – ha diritto a presentare dinanzi alla Commissione una domanda di estensione della piattaforma continentale.
Distaccandoci dall’ambito giuridico, sul piano geopolitico e strategico questo progetto statunitense ricopre grande valenza. Da diversi anni gli Stati Uniti hanno reinserito l’Artico nelle loro strategie economiche e militari. Come affermato nella The United States’ National Strategy for the Arctic Region dell’ottobre del 2022, l’Artico è una regione considerata strategica per gli Stati Uniti d’America, e tra i differenti motivi esposti da Washington vi sono le risorse naturali per il quale l’Artico è ricco.
Lo U.S. Extended Continental Shelf Project è di fatto una candidatura formale degli Stati Uniti d’America alla “corsa” per le risorse presenti nel sottosuolo dell’Oceano artico. La corsa alle risorse è un importante espediente di questa nuova postura statunitense, ma non è l’unico.
In ordine temporale, l’ultima raccomandazione emanata dalla Commissione sui limiti alla piattaforma continentale era rivolta alla Federazione russa, concedendo alla stessa un’estensione di diverse miglia nautiche. Questa situazione ha confermato il crescente interesse russo per l’Artico, che vede in questo Oceano lo sbocco al mare che ha sempre storicamente cercato.
Questa situazione ha spinto gli USA a una reazione, e la manifestazione di una volontà di estendere la piattaforma continentale in Artico fa sicuramente parte di questa reazione. Questa mossa è il primo tassello di un grande puzzle che vede gli Stati Uniti ricollocarsi nello scacchiere Artico.
Marco Dordoni
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