Dopo oltre un decennio di insegnamento all’Università Artica di Tromsø, Giuliana Panieri, geologa specializzata in micropaleontologia, è tornata in Italia per iniziare un nuovo percorso come direttrice del CNR-Istituto di Scienze Polari.
Dall’Artico all’Italia
Giuliana Panieri è una delle voci più autorevoli nel campo della geologia marina artica. Dopo oltre dieci anni di attività accademica presso l’Università Artica di Tromsø, in Norvegia, ha recentemente assunto la direzione dell’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISP).
In occasione del festival Italia Chiama Artico 2025, Panieri è intervenuta come relatrice e a margine ha condiviso con noi la sua visione della scienza come ponte tra ricerca e società, raccontando il suo impegno nella consapevolezza ambientale e sociale.

Racconti dal mare
“Se una cosa non si conosce, non si può tutelare e proteggere”, afferma la prof.ssa Giuliana Panieri, sottolineando subito quanto sia cruciale per lei la comunicazione scientifica. Un impegno che ha sempre accompagnato la sua carriera accademica e di ricerca. “Come scienziata, è fondamentale pubblicare i dati raccolti in modo che la comunità scientifica possa accedervi, analizzarli e contribuire a nuove scoperte. Ma questo alimenta solo il settore accademico.”
“Io ritengo che il compito dello scienziato vada ben oltre: abbiamo una responsabilità verso la società: dobbiamo spiegare perché le nostre ricerche sono importanti, soprattutto in ambito ambientale.”
“Mi sono sempre occupata di mare”, racconta. “In Italia studiavo il mare ‘fossile’, cioè quello conservato nei sedimenti geologici. In Norvegia mi sono dedicata all’oceano attuale, in particolare all’Oceano Artico. Ecco perché è essenziale condividere con tutti ciò che scopriamo: perché poi alla società chiediamo di agire – non buttare plastica, usare meno l’auto… sono azioni che hanno senso solo se si comprende davvero il valore dell’ambiente marino.”

Uno degli insegnamenti più forti ricevuti dalla Norvegia, secondo Panieri, è stato il valore della collaborazione interdisciplinare: “Nel centro di eccellenza in cui lavoravo, ho capito che non si può insegnare né studiare l’ambiente usando una sola disciplina. Serve dialogo tra saperi.”
“Non dobbiamo essere esperti in tutto, ma è fondamentale saper ascoltare chi lavora su temi diversi dai nostri. Solo così possiamo affrontare le grandi sfide globali in modo efficace.”
“Scienza” sinonimo di “scambio”
Ma l’importanza della conoscenza e della tutela si intersecano anche negli studi più approfonditi, come quello pubblicato a fine gennaio sulla prestigiosa rivista “Nature Communications“, firmato in prima battuta proprio da Panieri, su “Borealis”, un vulcano di fango sommerso scoperto recentemente nell’Atlantico artico settentrionale. Campionamento e immagini del ROV, inviato in profondità nelle gelide acque polari, hanno rivelato che il vulcano supporta habitat unici, adattati a condizioni di basso ossigeno vicino alle infiltrazioni di metano. Questa scoperta sottolinea il significato ecologico degli ecosistemi di infiltrazioni fredde nell’Atlantico polare settentrionale, evidenziando il loro ruolo nella biodiversità fungendo da rifugi per le specie marine e sottolineando la necessità della loro conservazione.

Panieri insiste sull’importanza della divulgazione per rendere accessibile la scienza: “Dobbiamo trovare modi perché la società ascolti la scienza e comprenda le conseguenze del cambiamento climatico.” Nel 2022, ha lanciato il progetto OceanSenses, un’iniziativa che promuove un approccio sensoriale alla conoscenza del mare. “Non tutti apprendiamo allo stesso modo: vista, tatto, suono… i sensi ci mettono tutti sullo stesso piano. Abbiamo pensato anche a chi ha bisogni speciali, per creare esperienze inclusive che aiutino a sentire più vicino l’oceano.”

La sensibilizzazione deve iniziare fin da piccoli. È da questa idea che nascono Nina e Berry, due foraminiferi – organismi microscopici – protagonisti di un progetto di educazione scientifica per bambini. “Con l’illustratrice Jane Zimmermann abbiamo creato due personaggi: Nina è una Neogloboquadrina pachyderma, Berry è un Melonis barleeanus. Vivono nell’Artico e sono molto diffusi.”
“Attraverso di loro, abbiamo raccontato ai bambini – dal Brasile alla Tanzania, dalla Germania all’Italia – cos’è la micropaleontologia e perché è importante proteggere l’oceano. È stato un modo bellissimo per arrivare a chi di solito resta fuori dai discorsi scientifici.”
Il segreto è nel guscio
Ma chi sono davvero Nina e Berry? E cosa possono insegnarci? “I foraminiferi sono organismi marini microscopici che vivono sia nell’acqua sia nei sedimenti del fondo oceanico. Sono antichissimi – esistono da centinaia di milioni di anni – e costruiscono minuscoli gusci che registrano l’ambiente in cui vivono.”

“Questi gusci si fossilizzano e ci permettono di ricostruire com’era il clima del passato. Con tecniche sempre più sofisticate, possiamo analizzare la loro composizione per capire temperatura, salinità e presenza di gas come il metano, anche milioni di anni fa.” Il lavoro della professoressa Panieri si concentra proprio su questo: studiare le emissioni naturali di metano nei fondali artici, specialmente in ambienti estremi come i cold seeps (zone da cui fuoriescono gas come il metano dal sottosuolo) e le hydrothermal vents (sorgenti idrotermali calde).
“Volevamo capire quando sono iniziate le emissioni di metano nell’Artico e se stanno aumentando. Non possiamo misurare direttamente il metano di 1,5 milioni di anni fa, ma possiamo usare i gusci dei foraminiferi come ‘registratori’ del passato.”
Le parole della nuova direttrice del CNR-Istituto di Scienze Polari non fanno altro che ricordarci ancora una volta quanto il nostro Pianeta sia interamente basato su connessioni, tanto fragili quanto complesse: Per spiegarle, serve un approccio interdisciplinare, parola chiave di questa intervista.
Elena Ciavarelli