Ambiente Artico

Il ghiaccio marino soffre del virus della disinformazione

Ecco come (non) si dovrebbero leggere i dati sul clima, e perché è fondamentale avere analisi precise su ciò che cambia a livello climatico e ambientale.

Perché si parla di clima e non di tempo

Sfortunatamente, il cambiamento climatico come fenomeno di origine antropica, ovvero a opera della specie umana, è ancora materia di dubbi e accesissime discussioni. Quando si analizzano dei dati climatici, infatti, si incorre spesso nel rischio di un’interpretazione equivoca, alle volte dolosa. E proprio per accompagnarvi in un’epoca di disinformazione dilagante, queste righe vogliono stabilire i pilastri di una corretta interpretazione della realtà che ci circonda.

Partiamo da una distinzione fondamentale: parlare di clima e di tempo, quello che ci domandiamo possa fare la mattina alzandoci dal letto, è molto diverso. Al contrario del tempo, che si riferisce a un periodo relativamente ridotto, ad esempio di ore o giorni, il clima richiama una media estesa di minimo un trentennio.

Ovviamente, ciò non significa che i due concetti siano completamente scollegati tra loro, dato che entrambi sono costruiti sugli stessi parametri di temperatura, umidità, precipitazioni, e non solo. Tuttavia, il fatto di servirsi del primo per spiegare, o screditare, il cambiamento del secondo, può a conclusioni parziali e scorrette.

Come leggere i dati sul clima

Ecco un esempio su come (non) leggere un dato climatico. Negli ultimi tempi, è girata molto la notizia che il 2023 sia stato l’anno più caldo di sempre. Per quanto sensazionalistico, questo titolo, ripreso da molte testate italiane e non, è fuorviante.

La verità è che il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato. Questo significa due cose: primo, che la definizione dell’anomalia climatica dell’anno scorso parte da un determinato momento nel tempo, in questo caso il 1850, quando iniziarono le prime rilevazioni; secondo, che l’aumento della temperatura è calcolato rispetto a un periodo di riferimento di trent’anni, che in questo caso è il 1991-2020. Al variare di questi elementi di riferimento, anche il risultato finale può dunque cambiare. 

Ora, lo stesso metodo può essere impiegato per capire il ghiaccio marino nell’Artico che, come abbiamo sottolineato in passato, rappresenta un termometro precisissimo per determinare lo stato climatico della regione. 

Come leggere il ghiaccio marino artico

Dalla fine degli anni Settanta, ovvero dall’inizio dei rilevamenti satellitari nell’area, il ghiaccio marino Artico ha subito un processo di declino e di assottigliamento preoccupanti. Come sottolinea un eccellente lavoro di CarbonBrief, infatti, la banchisa si sta restringendo e sta ringiovanendo sempre di più, dato che il ghiaccio marino più vecchio, e dunque più duraturo, sta venendo progressivamente rimpiazzato da un ghiaccio sottile e vulnerabile, soprattutto nei mesi più caldi.

Se si rivolge lo sguardo verso l’estensione annuale del ghiaccio marino (figura 1), e date le premesse definite finora, si possono trarre alcune conclusioni innegabili: la traiettoria climatica è in progressivo declino da quasi cinquant’anni; a partire dagli anni 2000, i valori sono sempre rimasti sotto la media climatologica considerata; l’Artico reagisce al cambio climatico in maniera stagionale, con l’estate (rappresentata dal mese di Settembre in figura 1) vittima dei più ripidi tracolli.

Sfatando falsi miti:

Nonostante l’evidenza, alcune fonti si dilettano nell’attività di cherry-picking, ovvero la separazione di un dato dal suo contesto, dalla sua narrazione, dalla sua storia. I dati climatici, però, devono essere inseriti in un quadro complesso per essere analizzati, compresi e valorizzati. 

Ed è così che sono nati falsi miti sul ghiaccio marino, che presentano immagini fuorvianti, con finestre temporali di pochi giorni o pochi anni, e dunque insufficienti a trarne una media climatica, o che sostengono che la sua riduzione avvenga in conseguenza all’azione del sole, senza alcuna base scientifica. 

Non è così. La verità è che di realtà ce n’è solo una, ma che le narrative possono essere diverse, e spetta a ciascuna e ciascuno selezionare lo strumento più affidabile per filtrarla e capirla.

Chiara Ciscato

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Chiara Ciscato

Laureata in Climate Studies all’Università di Wageningen, in Olanda, amo lavorare in un ambiente professionale che risponda anche alla mia ambizione personale di portare il cambiamento climatico alle persone. Nell’ultimo periodo di ricerca accademica ho approfondito e ampliato mio interesse specifico nel contribuire a costruire qualcosa di socialmente tangibile

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