Lo scioglimento e il conseguente movimento di blocchi di ghiaccio artico è aumentato significativamente in questo secolo, ed è destinato a non arrestarsi se la comunità internazionale non assumerà delle azioni per fronteggiare il climate change. Insieme ai blocchi di ghiaccio si muovono una grande quantità di inquinanti che impattano sull’ambiente e sulle popolazioni artiche.
La rivista scientifica americana American Geophysical Union ha recentemente pubblicato uno studio – frutto di anni di osservazioni – nel quale prevede che entro la metà del secolo il tempo medio impiegato dai blocchi di ghiaccio per spostarsi da una regione all’altra diminuirà di oltre la metà, e la quantità di ghiaccio marino scambiata tra i paesi dell’Artico sarà più che triplicata.
Fenomeno, questo, dovuto al cambiamento climatico e al crescente traffico navale tra i ghiacci. L’aumento dell’interesse per lo sviluppo offshore dell’Artico, così come per la navigazione dell’Oceano Artico, può aumentare la quantità di inquinanti presenti nelle acque artiche. E i contaminanti bloccati nel ghiaccio congelato possono viaggiare molto più lontano di quelli presenti nelle acque libere e mossi dalle correnti oceaniche.
Prima che il clima si riscaldasse così tanto anche in Artico, i blocchi galleggianti di ghiaccio riuscivano a sopravvivere intatti fino a 10 anni: creando nuovi agglomerati, affrontando le estati e non viaggiando molto. Con il riscaldamento climatico e la crescente antropizzazione della regione circumpolare, tutto ciò è cambiato.
La superficie ghiacciata si è ritirata considerevolmente negli ultimi quattro decenni, e le proiezioni future non sono così rosee. Si prevede infatti che continuerà a diminuire per tutto il prossimo secolo. Se da una parte la perdita del ghiaccio pluriannuale artico genera problemi di natura sociale e ambientale, d’altra parte è considerata come una grande opportunità economica e commerciale.
Ma anche dietro questo “beneficio” si nascondono delle insidie oltre che geopolitiche, per lo più di natura ambientale. Quando si staccano, i blocchi di ghiaccio entrano nel flusso delle acque artiche e quindi si spostano con le correnti. Però non si spostano da soli, ma con tutto quello che contengono al loro interno. Il ghiaccio può trasportare vari materiali inquinanti che nel tempo si sono solidificati e sono rimasti bloccati all’interno, come polveri, depositi di aerosol, macronutrienti e comunità biologiche.
Tutto questo crea una vera e propria bomba biologica che sciogliendosi si libera, incidendo per sempre sulla catena alimentare umana e animale e provocando di conseguenza un grave problema di Food Security. È stato dimostrato, per esempio, che con lo spostamento e il successivo scioglimento dei blocchi di ghiaccio, le alghe subiscono uno shock che porta gli organismi al deperimento; questo provoca una interruzione nella produzione di fitoplancton che è alla base della catena alimentare e rappresenta un nutrimento sia per i minuscoli organismi dello zooplancton, sia per i grandi mammiferi marini, sia per la maggior parte dei pesci.
Il fitoplancton è il carburante dell’ecosistema marino, e la sua assenza sta già impattando nelle abitudini alimentari delle popolazioni artiche che vedono diminuire le specie animali nell’Oceano Artico. Un altro problema di grande impatto sull’ecosistema artico e mondiale è che con lo scioglimento dei ghiacci si liberano molti agenti inquinanti antropogenici (ad esempio mercurio, piombo, carbone e microplastiche).
I ricercatori statunitensi hanno preso in considerazione due diversi scenari, partendo dalla quantità di emissioni rilasciate e quindi l’incidenza delle stesse sul distacco di blocchi di ghiaccio. Lo scenario più estremo prevede un riscaldamento da 4 a 5 gradi Celsius entro il 2100 e uno scenario di riscaldamento limitato a 2 gradi Celsius. Nel caso di riscaldamento più estremo si distaccherà il 76% dei ghiacci impattando così in maniera irreversibile su tutte le popolazioni artiche.
Tutto questo rende molto complessa la valutazione dei rischi e l’attribuzione delle responsabilità per le conseguenze ambientali ed ecologiche. Ma rende anche complesso il coordinamento delle operazioni di recupero dei materiali inquinanti e della pulizia dell’Oceano Artico, in una regione particolare come quella circumpolare. Tuttavia, l’Artico è un luogo complesso per antonomasia, e la “pulizia” del mare e del ghiaccio rimane una questione completamente insoluta, in attesa che diventi centrale per la cooperazione internazionale.
Andrea Grieco
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