Ambiente Artico

Artico: come metterci mano

Le opere di geoingegneria nell’Artico sono tanto urgenti quanto rischiose.

Geoingegneria nell’Artico

Il clima globale è regolato dalle radiazioni emanate dal sole e, nello specifico, dall’equilibrio tra l’energia solare assorbita dalla terra e quella respinta verso lo spazio. Ad influenzare questo meccanismo concorrono varie cause, tra cui l’albedo terrestre, ovvero la sua capacità riflettente, e la presenza di gas serra nell’atmosfera.

Nell’Artico, è l’albedo, solitamente molto alto, ad essere in pericolo. Le più recenti proiezioni stimano che il ghiaccio marino scomparirà in estate già a partire dal 2050 mentre il progressivo assottigliamento della calotta di ghiaccio Groenlandese rischia di superare il punto di non ritorno, riducendo la superficie chiara, e quindi riflettente, del pianeta.

La scienza, dunque, è da tempo alla ricerca di metodi di manipolazione artificiale dei cicli naturali nell’Artico (e non solo) per rallentarne il riscaldamento e prevenire impatti irreversibili. Queste tecniche possono essere riassunte sotto la formula di geoingegneria, a cui si legano prospettive tanto promettenti quanto potenzialmente irresponsabili.

Alcune premesse

Le speranze di rimanere entro l’1.5 gradi centigradi di riscaldamento rispetto ai livelli pre-industriali, come stabilito dagli accordi di Parigi del 2015, stanno svanendo. Questo se si considerano le strategie di mitigazione messe in atto a livello globale fino ad ora. Questa premessa pone una questione fondamentale sui metodi geoingegneristici supplementari che possono essere impiegati per raggiungere questo obiettivo.

Mentre alcune di queste tecniche si concentrano sull’assorbimento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, altre puntano sulla riduzione delle radiazioni solari con lo scopo di modificare l’albedo terrestre. Delle seconde fanno parte i metodi in studio nel contesto polare.

Quali sono le tecnologie (in)esplorate

Ispessimento del ghiaccio. Schiarimento delle nuvole. Tendaggio ghiacciato. Questi sono alcuni dei nomi che potrebbero segnare la ricerca scientifica dei prossimi decenni nell’Artico. Ma andiamo con ordine.

La tecnica dell’ispessimento del ghiaccio nasce dall’idea che il ghiaccio è tanto più resistente (e quindi riflettente) quanto più spesso. La strategia consisterebbe, quindi, nel pompare l’acqua prelevata in profondità, e dunque più fredda, in superficie, e permetterle di ghiacciarsi ed unirsi alla calotta assottigliata.

Lo schiarimento delle nuvole emerge da un parallelismo con le nubi vulcaniche che rilasciano particelle di anidride solforosa nella stratosfera, creando un velo che blocca le radiazioni solari e mitiga le temperature. Tale pratica nell’Artico è già stata studiata in varie simulazioni modellistiche e sembra risultare in un chiaro effetto di raffreddamento delle temperature, specialmente in estate.

Per ultimo, il tendaggio ghiacciato rimanda all’idea di collocare tende subacquee giganti lungo il crinale dei ghiacciai. I tendaggi verrebbero ancorati al fondale marino ergendosi fino in superficie e assumendo il ruolo di barriera, per impedire alle acque più calde di entrarci a contatto e favorirne lo scioglimento.

Etica e responsabilità

La start up Real Ice ha l’obiettivo di inspessire lo strato di ghiaccio per aumentarne l’albedo. (Foto: Real Ice)

La geoingegneria è comprensibilmente diventata un campo controverso da esplorare. Tra le critiche più tenaci, c’è il fatto che queste tecnologie rischiano di diventare una distrazione ai progetti di mitigazione e una persuasione per le industrie inquinanti a continuare ad emettere. Inoltre, esperimenti di studio non possono che essere condotti su larga scala, rendendo la terra un rischioso terreno di sperimentazione.

Si è, d’altro canto, argomentato che, a partire dalla rivoluzione industriale, la specie umana si è resa responsabile del più vasto esperimento di geoingegneria mai esplorato: iniettare miliardi di tonnellate di gas serra nell’atmosfera e subirne gli effetti devastanti.

Comunque la si veda, l’inazione dei governi di tutto il mondo nel ridurre le emissioni rischia di rendere inevitabile un confronto sulla geoingegneria. Per evitare che questo dibattito diventi miope e fazioso, quindi, è fondamentale investire in una ricerca informata e obiettiva, capace di offrire soluzioni realistiche o respingere le opzioni irresponsabili.

Chiara Ciscato

Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati

Chiara Ciscato

Laureata in Climate Studies all’Università di Wageningen, in Olanda, amo lavorare in un ambiente professionale che risponda anche alla mia ambizione personale di portare il cambiamento climatico alle persone. Nell’ultimo periodo di ricerca accademica ho approfondito e ampliato mio interesse specifico nel contribuire a costruire qualcosa di socialmente tangibile

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