Il nuovo governo Groenlandese, guidato dal partito Inuit Ataquatigiit, tiene fede alle promesse fatte in campagna elettorale e decide di abbandonare tutte le esplorazioni petrolifere, sia sul territorio che nei mari dell’isola.
La possibile presenza di grandi giacimenti petroliferi in Groenlandia era stata considerata dall’ex governo un modo per ottenere la completa indipendenza dalla Danimarca, riuscendo grazie a quelle risorse a liberarsi anche dal sussidio annuale che il Regno versa tutt’ora all’isola. Ma dopo quasi mezzo secolo alla ricerca di petrolio, seppur in gran parte infruttuosa, il governo da poco eletto ha deciso di porre fine alle future esplorazioni.
Con questa nuova decisione, annunciata ufficialmente il 15 luglio scorso, il governo dell’isola ha dimostrato come una netta svolta in capo energetico – e di conseguenza anche in campo economico – sia necessaria per il territorio, messo sempre più a rischio da inquinamento e cambiamenti climatici.
Nella nota governativa che ha accompagnato la decisione si legge appunto che “il futuro della Groenlandia non è nel petrolio ma risiede dell’energia rinnovabile”. In tal senso, il Parlamento ha deciso di cessare il rilascio di nuove licenze per l’esplorazione di nuovi giacimenti di petrolio e gas.
I politici dell’isola ritengono infatti, che il prezzo da pagare per l’estrazione di petrolio e di gas, sia troppo elevato dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista economico. Si rischia infatti di mettere a repentaglio settori importanti come quello della pesca, che ad oggi rappresenta il 90% dell’attività economica del Paese, e settori in forte sviluppo come quello turistico. Inoltre, questa decisione è dettata anche dalle minori richieste di petrolio e gas a livello mondiale.
Nella nota, infatti, si legge che il ministro per la caccia e la pesca afferma che la decisione presa dal governo è un forte segnale, che annuncia come il pescato groenlandese provenga da un luogo che pone la gestione sostenibile delle risorse al primo posto dell’agenda, per fornire materie prime di alta qualità.
Il ministro per l’agricoltura, l’energia e lo sviluppo afferma che il parlamento sta lavorando per investire in energie rinnovabili e attirare nuovi investimenti da tutto il mondo nel campo dell’energia idroelettrica. Mentre il ministro per il commercio, gli affari esteri e il clima afferma che la strada intrapresa dalla Groenlandia risponde ad una richiesta sempre maggiore a livello mondiale di energie rinnovabili.
In realtà, nonostante le intenzioni del precedente governo, l’interesse della Groenlandia nel petrolio era diminuito considerevolmente negli ultimi anni anche a seguito di investimenti fallimentari intrapresi da parte di società estere. Dopo la perforazione dei primi pozzi nel 1975, l’esplorazione raggiunse il suo apice nel 2011 quando si segnalavano 27 zone esplorative attive.
Ad oggi l’esplorazione viene portata avanti in sole quattro aree. Zone che non saranno probabilmente interessate dalla decisione di Nuuk, ma si ritiene che non daranno più frutti commercialmente validi. E così, con anche lo stop ufficiale dal governo, la Terra Verde sembra fare da apripista ad una serie di decisioni che nell’arco di qualche anno potrebbero interessare molti dei più importanti governi mondiali, in un periodo che – come si è visto recentemente dai fatti accaduti anche in Germania e in altri stati europei – necessita sempre più rapidamente di decisioni in questa direzione.
La Groenlandia vuole fare la sua parte per combattere la crisi climatica globale, e il suo governo ha confermato le sue piene intenzione ad agire in modo tale da raggiungere questo obiettivo, dando una vera e propria svolta green all’isola.
Giulia Sacchi
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