FRAMTours entra a far parte del network di collaborazioni di Osservatorio Artico. Scopriamo di più sulle attività delle guide in Norvegia e sul suo fondatore, Cristian Costa.
Chiunque ha una storia da raccontare, bella o brutta che possa essere. E il tempo usato per ascoltare queste storie non è mai perso. Per chi non vive l’Artico, può sembrare un posto desolato, solitario e senza nulla da raccontare. Ma in realtà c’è tanto, forse troppo, da raccontare, ma spesso viene taciuto perché ritento “non importante”.
Troppo a lungo si è parlato di Artico come di un territorio da sfruttare, gestire e mai da valorizzare e proteggere. Solo negli ultimi anni stiamo assistendo ad una frenata e inversione di tendenza. L’Artico racconta storie, scritto volutamente con la A maiuscola, è forse la frase che più rappresenta la nostra piccola realtà.
A cominciare dal nome: FRAMTours, fa chiaro riferimento alla nave polare FRAM utilizzata da Nansen per il primo tentativo di conquista del Polo Nord, poi successivamente utilizzata da Sverdrup per cartografare le coste canadesi. E infine da Roald Amudsen per la conquista del Polo Sud ai danni di dell’inglese Scott. Già solo con questi tre nomi, di storie ce ne sarebbero da raccontare.
Tuttavia, le storie che raccontiamo noi, sono quelle che la natura ci regala. Storie fatte di persone, pensieri e sensazioni, momenti dedicati a capire che anche nel 2021, un viaggio nell’Artico non è mai pianificabile al 100%. Vivere l’Artico, anche solo da turista, non è semplice.
Oggi siamo abituati ad avere ogni comfort, ad avere sempre tutto a portata di mano (o di clic). Siamo abituati a scrivere aneddoti invece che storie. In Artico invece non è così: le storie che vuoi raccontare non si realizzano mai come avevi pensato. È l’Artico a scrivere la tua storia, che ti piaccia o meno, e non puoi nemmeno pensare di “aggiustarla” qualora non funzioni come volevi tu.
Qui ti senti ospite in un territorio che non ti vuole o che fa di tutto per allontanarti. Eppure, eccoci qua, a raccontare Storie. La nostra, la vostra. Le storie che permettono all’Artico di vivere.
Io sono arrivato a Tromsø per caso. Come sempre avviene, anche le storie migliori, c’è un colpo di scena. Tutto nasce con un viaggio affrontato in interrail nel lontano 2004. Successivamente con l’Università, il backgroup socio-antropologico, voleva uscire per raccontare la storia di un pezzo della nostra tradizione gastronomica (italiana, ndr): lo stoccafisso.
Quali storie raccontano oggi i pescatori di merluzzo? Arrivato qui, per questo mi sono nuovamente perso negli spazi infiniti. Mi sono innamorato di una storia che ha successivamente cambiato la mia vita. Ero già fotografo in Italia, e raccontavo storie scrivendo reportage con le immagini.
A Tromsø ho iniziato a raccontare le storie di turisti che, provenienti da ogni parte del mondo, arrivavano in città con tutte le migliori speranze di vedere le magiche luci del Nord. Li trovavo ipnotici perché ognuno di loro (e dal 2014 ne ho incontrati tanti) ha una motivazione differente per essere qui, e nessuna di essa è banale.
Però come spesso avviene quando il trend cresce in maniera esponenziale, c’è chi ne gioisce e chi, invece, ne soffre. Mentre l’indotto turistico gioiva di questa grande crescita, la popolazione locale iniziava ad essere infastidita di un settore in completo stato confusionario senza nessuna guida.
Oggi ho scelto, nonostante tutto, di continuare a raccontare storie sui turisti e sulle motivazioni che li spingono ad essere qui però la mia prospettiva è radicalmente cambiata. Tromsø è una città in continua crescita, ma che come i bambini che non sanno come comportarsi, ha bisogno di capire come sfruttare questa enorme opportunità di crescita che le si è presentata.
Oggi è la mia città, quella dove i miei figli stanno crescendo, e quindi è importante per me sentirmi parte di una comunità che mi ha accolto e che mi sta, a modo suo, proteggendo. Per questo motivo quando è nata FRAMTours abbiamo fatto una scelta: lavorare con il turismo sostenibile e consapevole, informato.
Oggi abbiamo preferito lavorare con gruppi turistici piccoli, che possiamo controllare al 100% spiegando a ogni singolo viaggiatore perché lo facciamo, il come. Ma soprattutto le motivazioni che ci spingono a far fare le stesse cose anche ai nostri ospiti. Fare un tour con noi non significa andare da A verso B e fare l’attività X. C’è molto di più dietro: chi vive nelle zone che andremo a toccare? Come vivono? Perché è cosa importantissima non lasciare tracce del nostro passaggio?
Per esempio, durante la nostra caccia all’aurora boreale serviamo una piccola cena con una zuppa di pesce e alcuni dolcetti tradizionali norvegesi. Queste cose vengono prodotte localmente, a Tromsø, dove un piccolo laboratorio prepara per noi i pasti.
Da un punto di vista economico è molto più dispendioso per noi e, conseguentemente, anche per l’ospite che parteciperà. Ma la bontà del prodotto in sé, e il fatto di aver contribuito (seppur in piccolissima parte) allo sviluppo della comunità locale tromsoese, è per me e per FRAMTours segno distintivo e di vanto. Vivere la comunità non è solo “sfruttarla” dal punto di vista delle risorse, ma anche aiutarla a crescere.
Spesso le persone ci contattano perché vogliono vedere l’aurora boreale e basta, e questo è anche merito del fatto che negli anni abbiamo mantenuto un’altissima percentuale di avvistamento. Poi però l’interesse svanisce quando si parla di costi, quando di parla di consapevolezza sul tema dell’Artico.
L’essere economici in questa nazione è quasi impossibile, ma noi non vogliamo arricchirci: questo lo lasciamo a chi ha più interesse per il business. Noi puntiamo su altro. La scelta fatta all’inizio di questa avventura è stata: qualità e consapevolezza. Noi offriamo un prodotto differente perché la nostra storia è differente.
Io credo che molti dei nostri clienti (anche tour operator italiani e stranieri) ci abbiano scelto perché la nostra impronta “green” per loro può essere importante. Per esempio i nostri tour sono tutti effettuati con mezzi altamente ecologici (100% elettrici o plug-in hybrid), utilizziamo il 90% di prodotti locali e tutto ciò che utilizziamo (stoviglie, ma anche vestiti tecnici per le nostre guide e altro) deriva da materiale riciclato ed eco-friendly.
Per esempio le aziende che producono i nostri capi di abbigliamento hanno la filiera del cotone tracciata, la lana è lavorata e prodotta in Norvegia, i capi tecnici sono in tessuti riciclati. Così come anche il thè e il caffè che serviamo derivano da coltivazioni controllate, soprattutto dal punto di vista umano.
Quindi è vero che offriamo escursioni e viaggi turistici, ma il nostro ospite è (in)consapevolmente coinvolto nel cambiamento che vogliamo apportare. E una volta capito il meccanismo, la prospettiva cambia e tutto appare diverso e andranno a portare la stessa attenzione al territorio anche nel loro Paese.
Onestamente credo che ancora debba essere trovato, non è lontano, ma ancora non ci siamo. Negli ultimi anni la città è cresciuta grazie soprattutto al turismo e al petrolio, ovviamente. Un connubio che, da una certa prospettiva, è deleterio per la zona in cui viviamo mentre dall’altra è proficua poiché porta ricchezza e benessere tra la popolazione.
Tuttavia, è cosa risaputa che l’Artico risente più che altre zone del pianeta dei cambiamenti climatici. E il fatto che questa città cresca in maniera quasi esponenziale e senza un piano gestionale ben definito è sicuramente sfavorevole. Quello che oggi in Norvegia – ma soprattutto nel Nord-Norge – manca, è la totale assenza di controllo da parte delle autorità governative.
Le compagnie turistiche che propongono escursioni o viaggi hanno pochissimo interesse all’ambiente, e sono esclusivamente orientate al profitto e all’arricchimento personale. Ci sarebbe molto, forse moltissimo, da fare in termine di protezione e salvaguardia dell’ambiente, e se ognuno facesse un piccolo passo, ne gioveremmo tutti in maniera naturale e senza sforzi inutili (si in termini economici che fisici).
Per esempio: molto compagnie stanno affrontando una “certificazione verde” che attesta la loro attenzione all’ambiente. Davvero un’ottima cosa, se fosse organizzata in maniera ottimale. Soprattutto perché anche i clienti saprebbero che, davvero, l’azienda data è green. Tuttavia, a mio parere è inutile sotto ogni punto di vista perché è solo una perdita di tempo.
Non serve spendere migliaia di euro in certificazioni che assicurano l’attenzione all’ambiente quando si utilizzano stoviglie al 100% riciclabili e bio, e ci si sposta su mezzi diesel Euro 0 che emettono ingenti quantità di Co2 nell’aria. Però sei classificato come “green” grazie a questo attestato. Il meccanismo è solo orientato al profitto e non realmente alla tutela e salvaguardia dell’ambiente.
Una cosa estremamente grave (almeno io la ritengo tale): dal 2008 al 2019 le compagnie turistiche in città sono cresciute tantissimo (parliamo da 12 società nel 2008 a più di 150 nel 2019!) e pochissime di esse hanno una vera attenzione all’ambiente, o hanno guide competenti e preparate sulla flora e fauna locale in grado di porre attenzione alla salvaguardia ambientale.
Noi, per esempio, non abbiamo questa certificazione: eppure siamo l’azienda più eco-friendly in assoluto in termini di rifiuti ed emissioni di Co2 in tutto il Nord-Norge . Le guide che lavorano con noi sono guide ambientali o guide artiche. Non c’è voluto tanto in termini economici e di sforzo fisico, solo buona volontà e voglia di essere il cambiamento (o parte di esso).
La strada intrapresa dall’amministrazione locale è buona, ma deve necessariamente continuare nella giusta direzione e mai fermarsi.
Io sono un fervido sostenitore che gran parte dell’esperienza di un tour provenga direttamente dalla singola persona. Questo perché le persone hanno un’enorme aspettativa nei confronti di escursioni come l’avvistamento dell’aurora boreale, o un viaggio alle Svalbard per avvistare l’orso polare.
Poi avviene che per varie ragioni non vedi l’aurora e nemmeno l’orso polare. Risultato: delusione totale nonostante la guida sia eccellente. Detto questo noi cerchiamo di offrire ai nostri ospiti un altissimo rapporto tra competenza ed esperienza. Alcuni tour sono molto adrenalinici come, per esempio, l’avvistamento dei cetacei in kayak: qui l’adrenalina è a mille!
A novembre orche e megattere sono nelle acque della regione per alimentarsi e pagaiare a pochissimi metri da loro, vedere che si immergono e riemergono vicino a te che, quasi, riusciresti a toccarli è un’emozione indescrivibile. A giugno e luglio 2022 faremo una meravigliosa spedizione di 8 giorni alle Svalbard in kayak, dove avremo modo anche di svolgere qualche trekking sui ghiacciai e magari (come già spesso avvenuto) incontrare l’orso polare a pochi metri da noi.
Tra i tour più classici in estate abbiamo un tour di 10 giorni alla scoperta dell’Isola di Senja e dell’arcipelago delle Isole Lofoten fino a Caponord che, pur essendo zone molto turistiche, nascondono ancora angoli remoti e poco accessibili al turismo di massa: ed è proprio lì che andremo.
L’inverno invece è il regno delle luci del Nord: i nostri tour giornalieri alla ricerca dell’aurora boreale è il classico dei classici. Adatto a tutti, grandi e piccoli. Ogni tour è emozionante poiché ognuno di noi interpreta l’esperienza in maniera differente, appunto. Vedere l’Aurora Boreale è sempre molto emozionante perché ogni sera sarà diversa ed unica poiché sarà lì per noi in quel preciso momento.
Costantemente sostengo che l’impegno nella corretta informazione sia l’arma vincente. L’opinione pubblica necessita di essere informata nella maniera migliore possibile, poiché le cosiddette “fake news” sono sempre in agguato. Su un argomento così complesso come l’Artico, anche la più banale disinformazione può essere vitale.
I social sono un ottimo mezzo di veicolare le informazioni ma, troppo spesso, si da più adito a notizie provenienti da fonti improvvisate piuttosto che da fonti accreditate. La verità è scomoda mentre le bugie sono, sempre più spesso, comode e piacciono.
Il turismo può e deve essere il perno sul quale concentrare l’attenzione mondiale, e grazie al quale permettere il cambiamento soprattutto nelle zone fragili, com’è l’Artico appunto. Nelle fiere di settore, come può essere la BiT oppure il TTG (giusto per citare le più importanti a livello nazionale), promuovono sempre di più le mete che si propongono – già in maniera autonoma – “eco sostenibili”. Ma mai e poi mai negli ultimi anni ho sentito proporre in queste fiere qualcosa che possa puntare a sensibilizzare sul tema, come ad esempio workshop o tavole rotonde.
Purtroppo, la sensibilizzazione sul tema è sempre troppo poca, oppure errata nei punti chiave. Una cosa che mi piacerebbe proporre prossimamente sarebbe quella di organizzare una grande spedizione artica, con ricercatori, giornalisti e anche qualche turista, in zone poco conosciute che possano mostrare al mondo intero quello che si sta facendo, ma soprattutto perché.
Dal 2005 a oggi la città è cambiata in maniera radicale. Oggi si vede sempre di più l’impronta cosmopolita che la città cerca di nascondere in qualche modo, ma che per causa di forza maggiore, non ci riesce. Nel 2021 la città conta circa 78 mila abitanti, e almeno il 60% è originario di altre nazionalità, oppure sono norvegesi di seconde generazioni.
Il turismo, unito sicuramente al settore petrolifero, navale e delle telecomunicazioni, hanno sicuramente influito sulla crescita demografica della città. Molte aree hanno visto sorgere la costruzione di case e aree produttive, altre invece sono state ristrutturate, creando dei veri e propri quartieri “alla moda” ultramoderni (ma dal grande fascino metropolitano). Tra le zone che più sono state ristrutturate, sicuramente c’è la zona degli ex-cantieri navali, già famosi all’epoca degli esploratori polari come Amudsen.
Oggi Tromsø ha le potenzialità necessarie per diventare a tutti gli effetti la capitale dell’Artico anche se, tuttavia, questo vorrebbe dire che con il progressivo incremento demografico e socio-culturale, la città andrà a perdere parte delle sue peculiarità storiche. La speranza è che si possano preservare al meglio.
Leonardo Parigi
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