Il contesto di cambiamento in corso a nord del 66º parallelo potrebbe rivelarsi un’occasione di affermazione per Bruxelles nella regione artica.
L’UE come guida dei processi di transizione
Nell’ambito della politica internazionale, una delle costanti che ha guidato l’azione dell’UE è stata spesso quella di porsi, per via anche della sua particolare natura, come un attore sui generis. Tra le numerose conseguenze di questo comportamento spicca la capacità che Bruxelles, nel corso degli anni, ha sviluppato nello svolgere un ruolo di mediazione nelle dispute tra Stati o nei problemi transnazionali.
Questa caratteristica dell’UE tuttavia non ha mai pienamente attecchito all’interno del contesto artico. Gli stati regionali hanno infatti, in vari livelli, sempre giudicato con una certa diffidenza la possibilità di considerare Bruxelles come un mediatore degli affari artici. La testimonianza più grossa di questo scetticismo è data dal mancato raggiungimento dello status di osservatore all’interno del Consiglio Artico da parte dell’UE.
In questo senso, i numerosi sforzi svolti dall’UE (vedasi le numerose pubblicazioni di politiche per l’Artico, di cui l’ultima nel 2021) per cercare di ritagliarsi una maggiore possibilità di azione nella regione non hanno raggiunto i loro obiettivi. Tuttavia, questo contesto è suscettibile a un profondo cambiamento per via di due fenomeni che sono sempre più caratterizzanti degli affari artici: il cambiamento climatico e le dispute tra gli stati regionali.
Un ruolo guida nel gestire il cambiamento climatico nell’Artico
Bruxelles si è sempre dimostrata sensibile al tema del cambiamento climatico e il suo ruolo chiave nella gestione di questo problema è riconosciuto dalla totalità degli attori internazionali. Tra gli strumenti più recenti per combattere questo fenomeno, sono degni di menzione il Green Deal e il “Meccanismo per la transizione giusta”.
Grazie a questi strumenti e alla sua credibilità internazionale in materia, l’UE potrebbe dunque porsi come l’attore guida al processo di “transizione giusta”, ovvero una transizione che mira ad evitare pesanti ripercussioni al tessuto socioeconomico, che potrebbero conseguire dal cambiamento climatico. Il ruolo di Svezia e Finlandia, membri dell’UE, sarà fondamentale, essendo essi, tra gli Stati sviluppati, i meno dipendenti da combustibili fossili in termini energetici e finanziari.
Tuttavia, il quadro presenta anche delle problematiche. Nel Consiglio Saami del 2017 è stato denunciato da parte della popolazione della Lapponia come anche Bruxelles prenda parte al fenomeno del “colonialismo verde”, ovvero la pratica di creare strutture destinate a politiche energetiche rinnovabili, a scapito dell’utilizzo dei territori da parte delle popolazioni natie. Per questo motivo, una riconciliazione tra l’UE e le popolazioni locali indigene è necessaria per porsi come guida al cambiamento climatico.
La mediazione delle dispute regionali
Come scritto sopra, il ruolo di mediazione nel Polo Nord da parte dell’UE è stato raramente accettato. Considerando un tema particolarmente sensibile come quello delle dispute regionali, il margine di azione di Bruxelles sembra quindi diminuire sempre di più. La criticità principale dell’UE in quest’ambito è la mancanza di territori rivieraschi all’Oceano Artico.
Per superare questa deficienza, l’Unione si è impegnata per fornire un solido impianto ideologico alla sua azione nella regione. Ciò si è sviluppato rimarcando come l’operato dell’UE sia volto allo sviluppo di relazioni distese tra Stati. E, al contempo, sottolineando che tensioni regionali avrebbero ripercussioni anche sulla sicurezza del continente europeo, riprendendo quindi i dettami tracciati dalla “bussola strategica”.
È possibile affermare dunque che Bruxelles ha operato per far trasparire un possibile ruolo di mediazione nelle dispute regionali. Questo non solo a livello ideologico, ma anche pratico, organizzando eventi ed incontri con l’obiettivo di coordinare i vari stakeholders presenti nella regione, come testimonia il “EU Arctic Forum and Indigenous Peoples’ Dialogue”, tenutosi a Nuuk nel febbraio 2023. Per decretare un buon esito di questa politica da parte di Bruxelles è tuttavia necessario ancora tempo.
Gianmarco Insisa