Il colosso degli idrocarburi italiano Eni ha ceduto a Hilcorp il 100% dei suoi asset in Alaska per un valore di 1 miliardo di dollari.
Alaska, un freddo serbatoio di idrocarburi
Oltre ad essere una regione straordinaria dal punto di vista naturalistico, l’Alaska rappresenta uno dei territori più floridi, ma anche complessi, per l’estrazione di petrolio. La storia del petrolio in Alaska ha origini lontane: nel 1967, cento anni dopo la cessione del territorio dagli zar russi agli Stati Uniti, la scoperta del greggio ha trasformato l’economia di questo vasto territorio, noto fino a quel momento per la corsa all’oro.
Prudhoe Bay, situato nel North Slope, è uno dei giacimenti più grandi degli Stati Uniti, un simbolo delle risorse petrolifere dell’Alaska. Ma l’Alaska presenta anche delle sfide uniche: gran parte del petrolio viene estratto in condizioni ambientali estreme, con pozzi offshore nel gelido Mare di Beaufort, e la produzione è regolata con rigide restrizioni nelle aree ecologicamente sensibili, come l’Arctic National Wildlife Refuge, che in questi anni è stata oggetto di alterne vicende politiche.
L’Amministrazione Biden, infatti, ha annullato i contratti di esplorazione per petrolio e gas nell’Arctic Wildlife Refuge in Alaska, concessi da Trump negli ultimi giorni del suo mandato, rafforzando le protezioni ambientali su 51.000 km² della regione artica. Tuttavia, Biden aveva precedentemente approvato il controverso progetto petrolifero “Willow” nell’Alaska National Petroleum Reserve, un’iniziativa di ConocoPhillips capace di produrre fino a 180.000 barili di petrolio al giorno, provocando reazioni contrastanti da parte dei Repubblicani e divisioni interne ai Democratici.
L’Eni in Alaska: dall’espansione nel North Slope alla cessione a Hilcorp
Eni è entrata in questo complesso scenario nel 2011, avviando la produzione a Nikaitchuq, primo giacimento operato interamente dalla compagnia italiana nell’Artico. Situato in acque basse al largo del North Slope, Nikaitchuq ha rappresentato una sfida tecnologica per l’azienda italiana, con riserve recuperabili di circa 220 milioni di barili. Per Eni, Nikaitchuq è stata un’opportunità per implementare le sue avanzate tecnologie di perforazione orizzontale multilaterale, affrontando le condizioni estreme dell’Artico, tra venti polari, correnti e ghiaccio. L’impianto, inizialmente progettato per trattare 40.000 barili di greggio e 120.000 barili d’acqua al giorno, invia il petrolio al mercato attraverso il Trans-Alaska Pipeline, senza ulteriori trattamenti.
Nel 2014, Eni ha raggiunto una produzione giornaliera di 25.000 barili a Nikaitchuq, consolidando la propria presenza nel North Slope e rafforzando le operazioni nel vicino giacimento di Oooguruk, acquisendone il 30%. Questo giacimento, situato su un’isola artificiale, è stata una delle operazioni più delicate della compagnia, data la vicinanza alla costa e le severe condizioni ambientali.
Nel 2018, Eni ha acquisito 124 licenze esplorative nell’Eastern Exploration Area, un’area di circa 1400 km² situata vicino a Prudhoe Bay. Questa acquisizione ha segnato un ulteriore rafforzamento di Eni in Alaska, con l’obiettivo di espandere il proprio portafoglio di risorse. Obiettivo raggiunto nel gennaio 2019, quando Eni ha assunto il controllo totale del giacimento Oooguruk, incrementando la produzione complessiva e massimizzando le sinergie tra Oooguruk e Nikaitchuq.
La svolta e la cessione
Da allora, tuttavia, l’interesse del “Cane a Sei Zampe” verso i giacimenti dell’estremo Nord americano si è affievolito, fino a culminare con la svolta definitiva arrivata nel giugno 2024, quando Eni annuncia la cessione di Nikaitchuq e Oooguruk a Hilcorp Energy, società texana indipendente e uno dei principali operatori petroliferi dell’Alaska. Un’operazione perfezionata questa mattina, con comunicato stampa ufficiale a sancire la dipartita dell’azienda da Prudhoe Bay.
Con l’acquisizione degli asset di Eni, Hilcorp amplia ulteriormente il proprio dominio nel North Slope, integrando questi giacimenti con le proprie operazioni consolidate a Prudhoe Bay e Milne Point. “Questa acquisizione si integra perfettamente con il nostro portafoglio esistente e ci offre un’opportunità eccezionale per investire e ottimizzare le operazioni,” ha dichiarato Greg Lalicker, CEO di Hilcorp, che prevede di applicare la tecnologia di “polymer flooding,” già sperimentata con successo a Milne Point, anche nei nuovi giacimenti acquisiti.
La cessione, per un valore di 1 miliardo di dollari, si inserisce nella strategia di Eni di ridurre la propria esposizione in aree non centrali, con l’obiettivo di raccogliere 8 miliardi di euro entro il 2025. La vendita ad Hilcorp segna la conclusione dell’avventura di Eni nel North Slope, ma l’azienda italiana mantiene la propria presenza negli Stati Uniti, concentrandosi su attività nel Golfo del Messico e sui progetti legati alla transizione energetica, come energie rinnovabili e biocarburanti.
Eni ha dunque completato un ciclo: dal consolidamento iniziale nell’Artico fino al ribilanciamento strategico degli ultimi anni, rispondendo alle sfide del mercato globale e adattandosi alla transizione energetica. Con l’ingresso di Hilcorp, invece, l’Alaska mantiene viva la sua tradizione petrolifera, una storia iniziata oltre cinquant’anni fa con la scoperta di Prudhoe Bay e che continua a evolversi tra opportunità economiche e sfide ambientali.
Enrico Peschiera