Il Gas naturale, la risorsa energetica del futuro? Realtà che si sta ritagliando uno spazio crescente nella transizione energetica dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, il gas naturale è più economico e affidabile di solare, eolico e idroelettrico, sia nello stoccaggio che nel trasporto. E rappresenta anche il bottino più gradito per gli appetiti energetici di questo inizio secolo.
Dal 2001 i produttori si sono organizzati nel Forum dei Paesi Esportatori di Gas (GECF), un Ente internazionale che ne tutela gli interessi e persegue il dialogo e il coordinamento coi clienti, al fine di evitare squilibri tra domanda e offerta. Tra membri e osservatori si contano venti Stati, i quali controllano il 72% delle riserve di gas accertate, il 46% della sua produzione commercializzata, il 55% del gasdotto e il 61% delle esportazioni mondiali di GNL.
Attualmente, l’Unione Europea è il più grande importatore di gas al mondo, ma in futuro ci si aspetta che la Cina, seconda in classifica, ne aumenti drasticamente il fabbisogno. Questo sia a causa dell’enorme dimensione della sua economia, sia per avere una quota sempre maggiore di gas nel proprio mix energetico, a scapito del carbone.
La Russia ha le più vaste riserve di gas del pianeta. Nel distretto Yamalo-Nenets, Siberia artica, si estrae ben il 79% del gas russo. È uno Stato “Oil driven”, cioè dall’export di combustibili fossili dipendono finanze interne, stipendi pubblici e pensioni, da cui la necessità di sviluppare il settore e i potenziali clienti.
La Federazione intravede la possibilità di rifornire ancora più ingentemente l’Europa tramite il North Stream 2, che approda in Germania attraverso il Baltico, parallelamente al già esistente North Stream 1, e di sfruttare i nuovi mercati asiatici, preoccupati dalla crisi di Hormuz del Luglio 2019. Da considerare che la Russia sembra mantenere la produzione di riserva e il potenziale per un aumento, mentre tutti gli altri competitors paiono essere declinanti.
Il Gas naturale è la risorsa energetica del futuro? La rindondanza della sicurezza energetica è un criterio che vale tanto per i paesi produttori che per quelli consumatori. Le energivore economie asiatiche (Cina, Giappone, India, Corea del Sud) – essendo i maggior importatori di greggio via Hormuz – necessitano di ampliare le possibilità di approvvigionamento. E il canale di rifornimento russo risulta un’alternativa pregna di potenzialità.
A tal fine, il 2 dicembre 2019 Russia e Cina hanno inaugurato il gasdotto Power of Siberia, un’infrastruttura che amplia la reciproca diversificazione energetica. Riguardo la Cina, la nuova pipeline da 3000 km ridurrà il peso del Turkmenistan e dell’Australia come fornitori di gas (ora rispettivamente al 35% e al 25,7% dell’import totale) e coprirà la crescente domanda addizionale.
Il “Paese del dragone”, inoltre, sta sviluppando un’enorme capacità di rigassificazione sulla costa, permettendo di importare volumi sempre più importanti. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), tra il 2018 e il 2024 Pechino rappresenterà il 40% della crescita globale di gas naturale.
Il gas naturale liquefatto (GNL) presenta diversi vantaggi rispetto al commercio in stato gassoso via conduttura. I tubi non si spostano, mentre il GNL non abbisogna di infrastrutture fisiche di trasporto. Si avvale infatti delle spedizioni marittime, notoriamente più economiche delle altre, e il processo di liquefazione ne permette la riduzione di volume fino a 600 volte. Questo passaggio agevola lo stipamento di grosse quantità nelle metaniere, abbattendo i costi di shipping. L’unica necessità è la presenza di rigassificatori nei mercati di sbocco.
Vari fattori stanno quotando il mercato del GNL. L’ingresso ormai consolidato degli USA nella produzione, tramite il noto Shale, ha aumentato l’offerta, rendendo più conveniente il gas rispetto al petrolio. Come detto poc’anzi, produttore e consumatore non sono condizionati da costosi condotti, con annessi lunghi tempi di realizzazione.
Ai classici vincolanti contratti pluriennali “take or pay” (in cui l’acquirente deve corrispondere comunque il prezzo di una quantità minima di gas, anche nell’eventualità che non la ritiri) si stanno imponendo schemi di compravendita più flessibili, come quello spot (“operazione a pronti”, in cui consegna, ritiro e pagamento avvengono immediatamente) e la progressiva eliminazione delle “clausole di destinazione“, in cui il compratore non può rivendere il gas all’estero e il fornitore non può servire i concorrenti nazionali dell’acquirente.
Tali fattori di convenienza hanno portato il GNL a rappresentare il 46% del commercio mondiale di gas, rispetto al 16% del 1990, con una previsione del 66% per il 2040 secondo l’International Energy Agency (IEA), organizzazione intergovernativa partecipata da trenta paesi OECD (cosiddetto “Occidente”), sorta dopo lo shock petrolifero del 1973.
Il gas è notoriamente usato perlopiù nel mercato consumer, ma interessanti novità per i trasporti arrivano dal regolamento IMO (l’Organizzazione Marittima Internazionale), entrato in vigore nel 2020, in cui si pongono limiti (0,5% di zolfo) nelle emissioni dei carburanti per navi.
La tecnologia GNL è l’unica opzione in grado di soddisfare i requisiti esistenti e futuri per i principali tipi di emissioni come zolfo, ossidi di azoto, particolato e anidride carbonica.
Nel Marzo 2017 è nata una sorta di «Opec dei consumatori»: la sudcoreana Korea Gas Corp (Kogas), la giapponese Jera (joint venture tra le mega utilities Chubu Electric Power e Tokyo Electric Power) e la cinese China National Offshore Oil Corp (Cnooc) – che insieme assorbono circa un terzo della produzione mondiale di Gnl – hanno siglato un Memorandum d’intesa che getta le basi per una stretta collaborazione nelle trattative con i fornitori, in particolare per convincerli a rimuovere dai contratti le anzidette clausole di destinazione. Anche l’India ha mostrato vivo interesse all’iniziativa, non escludendo di unirsi in futuro al consorzio.
La Rotta a Nordest, lungo le coste settentrionali della Russia, non è solo una nuova futuribile tratta commerciale tra Europa e Asia. La rotta, se oggi fosse percorribile, accorcerebbe del 23% il tragitto tra Rotterdam e Shanghai, primo porto mondiale (8000 miglia nautiche contro le 10500 via Suez). La cosiddetta “Northern Sea Route” rappresenta l’opportunità per le economie asiatiche di diversificare l’approvvigionamento energetico ed evitare zone ad elevato rischio politico, come lo Stretto di Hormuz.
Essendo il budget della Federazione Russa limitato, si rendono necessari investimenti diretti esteri per aprire il forziere minerario ed energetico siberiano. Così Novatek, principale produttore privato di gas russo, ha dato vita a fine 2017 al consorzio Yamal LNG (con partecipazioni azionarie francesi e cinesi) e sta approntando una seconda joint-venture, Artic LNG2, con soci come Total, dello Japan Arctic LNG e delle petrolifere cinesi CNPC e CNOOC, ognuno con il 10%. Il tutto, chiaramente, con la benedizione di Mosca.
Concludendo, Hormuz non è più sicura e il Continente con il maggior tasso di crescita dei consumi mondiale non può dipendere dal potenziale ricatto iraniano di bloccare lo stretto né dal pericoloso innalzarsi delle temperature geopolitiche nell’area. L’Artico russo e lo Stretto di Bering sono l’unica rotta non controllata dalla Marina statunitense, fattori che conferiscono al GNL siberiano una valenza non solo commerciale ma anche geopolitica.
Marco Leone
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