Intervista a Roman Žilin, giovane accademico russo, appassionato di Artico ed esperto delle politiche del Cremlino nella regione. Seconda parte.
Nella seconda parte della nostra intervista con Roman Žilin, fondatore di The Arctic Community, approfondiamo l’interazione tra il diritto internazionale – e la Convenzione ONU sul diritto del mare, in particolare – e le relazioni sino-russe, sempre nel contesto della Rotta Marittima del Nord.
Mentre la Russia cerca, con non poche difficoltà, di consolidare la propria posizione nell’Artico, il crescente coinvolgimento della Cina introduce nuove dinamiche che potrebbero influenzarne le strategie e le ambizioni. Roman ci offre spunti preziosi su come questi fattori si intersecano e su come potrebbero modellare il futuro della NSR.
Lo scioglimento dei ghiacci e i cambiamenti climatici rappresentano un tema divisivo, non solo in Occidente, ma anche in Russia. Tuttavia, indipendentemente dalle posizioni politiche o scientifiche, è evidente che tutti i governi artici stanno destinando ingenti investimenti a infrastrutture pensate per operare in ambienti ghiacciati.
Secondo il Servizio federale russo per l’idrometeorologia e il monitoraggio ambientale (parte del Ministero russo delle Risorse naturali e dell’Ambiente), mentre la banchisa estiva si è ridotta quasi della metà a partire dal 1980, quella invernale è rimasta stabile in termini di superficie. Anche se il ghiaccio dovesse iniziare a fondersi più rapidamente, ciò non migliorerebbe necessariamente la navigazione, che al momento è possibile solo pochi mesi l’anno. La situazione è infatti sempre più imprevedibile e i fenomeni glaciali pericolosi sono in aumento, rendendo essenziale lo sviluppo di infrastrutture e sistemi di monitoraggio; la Russia, attualmente, non ne possiede a sufficienza.
Un altro aspetto cruciale riguarda le implicazioni legali dei cambiamenti climatici. La Russia dichiara di sostenere il diritto internazionale e, in particolare, il diritto del mare (considerato il fatto che, sostanzialmente, l’Artico altro non è che un oceano parzialmente ghiacciato). Tuttavia, l’Occidente, pur rispettando il diritto internazionale, non condivide l’interpretazione russa della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Vale la pena notare che gli Stati Uniti, pur non avendo ratificato l’UNCLOS, affermano di seguirne i principi come parte del diritto consuetudinario e, quindi, di basarsi comunque su di essi nelle loro azioni.
In particolare, gli Stati Uniti contestano la posizione di Mosca su diverse questioni, non riconoscendo ad alcuni stretti marittimi lo status di acque interne della Federazione Russa. Washington non accetta inoltre che l’accesso di navi straniere alla NSR debba avvenire solo previa autorizzazione ufficiale da parte delle autorità russe.
La Russia, dal canto suo, interpreta a proprio vantaggio l’articolo 10 e l’articolo 234 di UNCLOS. Il primo prevede un trattamento speciale per le baie “storiche”, mentre il secondo concede agli Stati costieri il diritto di adottare e applicare leggi e regolamenti non discriminatori per prevenire, ridurre e controllare l’inquinamento marino causato dalle navi in aree coperte dai ghiacci, purché la copertura sia presente per la maggior parte dell’anno. Questo criterio, infatti, è la ragione per cui il Mare di Barents non è incluso nell’area ufficiale della NSR, poiché rimane coperto dai ghiacci per meno di sei mesi all’anno.
Questo permette alla Russia di introdurre nuove leggi, espandere i propri confini e definire la NSR come una “via di trasporto nazionale storicamente stabilita” senza entrare in conflitto con UNCLOS. Negli ultimi anni, Mosca ha adottato varie normative che limitano l’accesso alla NSR da parte delle navi governative e da guerra di Paesi stranieri, irrigidendo le regole sull’assistenza delle rompighiaccio e persino ampliando leggermente il proprio mare territoriale. È importante sottolineare che la maggior parte di queste nuove leggi si fonda sull’articolo 234, in un modo o nell’altro.
Tuttavia, se la copertura di ghiaccio dovesse ridursi ulteriormente, ciò potrebbe innescare nuove controversie internazionali e spingere la Russia a riconsiderare il suo approccio nei confronti del diritto internazionale nell’Artico. Almeno se il Cremlino intende mantenere lo status legale della NSR immutato rispetto a oggi.
È vero, Russia e Cina sono spesso descritte come le principali minacce nella regione artica nei documenti strategici e nelle dichiarazioni di alti funzionari statunitensi e della NATO, tra cui la Strategia di sicurezza nazionale e la Strategia artica dell’Amministrazione Biden. La continua “unificazione” dei due Paesi nei discorsi di figure quali Jens Stoltenberg, Joe Biden e altri leader della NATO rafforza ulteriormente questa percezione, alimentata anche dai rispettivi media nazionali, che contribuiscono a consolidare nella comprensione pubblica un legame sempre più stretto tra Russia e Cina.
Durante l’ultima visita del primo ministro cinese Li Qiang a Mosca nell’agosto 2024, sono emerse dichiarazioni significative riguardo all’auspicato aumento della “reciprocamente vantaggiosa cooperazione nell’Artico”. In particolare, è stato dato risalto a un “dialogo pratico” nell’ambito di una sottocommissione congiunta creata ad hoc per consentire una effettiva cooperazione sino-russa nel contesto della Rotta Marittima del Nord. Questo rappresenta un vero progresso verso una concreta collaborazione nell’area.
Contrariamente alle dichiarazioni congiunte, tuttavia, le opinioni di Russia e Cina sui principi della governance artica non sono completamente allineate. Fino a febbraio 2022, gli esperti sostenevano che tutti i disaccordi riguardanti il regime giuridico dell’Artico, e in particolare della NSR, potessero essere risolti attraverso un “dialogo razionale”. Da allora, la Russia ha però approvato numerose leggi, sopra già menzionate. A differenza di Mosca, Pechino ha mantenuto nella sua Arctic Policy un’interpretazione del diritto internazionale molto vaga. Il documento ufficiale cinese afferma chiaramente che “la Cina protegge gli interessi di tutti i Paesi e della comunità internazionale”, suggerendo di fatto una mancanza di riconoscimento dei confini marittimi russi nell’Artico.
Nonostante ciò, tra Cina e Russia nell’Artico non si configura affatto un “conflitto”; al contrario, le relazioni tra i due Paesi continuano a espandersi e rafforzarsi. Tuttavia, è fondamentale tenere presente che la Cina è principalmente orientata verso il perseguimento di vantaggi economici e, in questo contesto, l’Artico non rappresenta attualmente la direzione più redditizia. Quando la regione diventerà più aperta allo sviluppo, è plausibile che la Cina voglia rivedere i termini della sua cooperazione con Mosca, un cambiamento che potrebbe rivelarsi sfavorevole per la Russia.
Nel 2024, in un periodo di relativo isolamento politico, la Russia ha un forte bisogno di riconoscimento per legittimare la sua visione dell’Artico; tuttavia, il suo partner più vicino, la Cina, continua a non allinearsi completamente con la posizione di Mosca. Le contraddizioni tra i due Paesi non stanno attualmente entrando in una fase attiva e ci sono ancora opportunità per risolverle attraverso un dialogo costruttivo. La presenza di tale dialogo sarebbe un segnale della volontà di Pechino di riconoscere le specificità della sovranità russa nell’Artico. Tuttavia, oggi la posizione cinese rimane invariata e, nonostante un contesto generalmente piuttosto positivo, non evidenzia una reale volontà di cambiamento.
Tommaso Bontempi
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