La Svezia è conosciuta in tutto il mondo per tanti motivi, ma il dilemma militare di Stoccolma potrebbe presto cambiare le carte in tavola sulla geopolitica scandinava.
Un nuovo paradigma di Difesa
A poche settimane dalla rivoluzionaria proposta di aumentare le spese militari del 40% entro il 2025, Stoccolma sembra afflitta da un dilemma militare, la cui risoluzione provocherà importanti conseguenze sull’equilibrio della regione scandinava, Artico compreso. Si tratta infatti di capire come riuscire a mantenere la reputazione di Paese neutrale di fronte alla prospettiva del più consistente incremento di budget difensivo mai sperimentato sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
È il Ministro della Difesa svedese, il socialdemocratico Peter Hultqvist, il vero protagonista della svolta nell’immagine militare di Stoccolma, che punta innanzitutto ad un aumento degli effettivi impiegati nelle Forze armate, i quali raggiungerebbero così le 90.000 unità. Parallelamente, si prospetta un rinnovamento nei sistemi d’arma delle Forze aeree e l’ammodernamento della Marina, prevedendo altresì un quinto sottomarino a difesa del Paese.
In cifre, i fondi delle Forze armate aumenterebbero di 27.5 miliardi di Corone svedesi, ossia un incremento dell’85% tra il 2014 e il 2025. Il fine ufficiale è quello di preparare la Svezia a rispondere prontamente a un eventuale attacco armato sul suo territorio o su quello dei Paesi limitrofi, ma altre motivazioni possono spiegare questa inversione di rotta.
Il cambio di rotta
Dietro la recente proposta vi è in realtà un obiettivo chiaro: la deterrenza nei confronti della Russia. È infatti proprio dal 2014, anno dell’annessione russa della Crimea, che Stoccolma ha iniziato a inviare nuovi segnali in termini di strategia difensiva, incrementando progressivamente le spese militari e reintroducendo poi, nel 2017, il servizio militare obbligatorio. Sul territorio svedese sono state inoltre registrate pericolose operazioni dei servizi segreti russi, che hanno agito anche attraverso attività sottomarine e cibernetiche.
Il significato della svolta impressa dalla nuova proposta è però chiaro anche alla stessa Russia, che ha visto Stoccolma ed Helsinki sempre più sensibili al richiamo della NATO, mostrando così i primi segni di ambiguità e di cedimento della loro politica di neutralità. Un segnale non molto gradito a Mosca, che ha precisato che una partecipazione svedese o finlandese alla NATO sarebbe considerata una minaccia da eliminare, idonea quindi a provocare conseguenze militari.
Il coinvolgimento nel campo occidentale
Il coinvolgimento militare svedese nella strategia occidentale di contenimento della Russia ha diverse direzioni, tutte confluenti nel campo occidentale. Innanzitutto, il richiamo atlantico è effettivamente quello più forte, come dimostra la partecipazione svedese all’esercitazione NATO Trident Juncture, tenutasi nel 2018 in Norvegia.
Nonostante la forte convergenza in termini di obiettivi strategici, però, l’adesione formale all’Alleanza appare ancora lontana, sia per le resistenze interne sia per evitare una reazione di Mosca. Si può però parlare di una “alleanza informale”, che permette comunque alla Svezia di essere in condizione di reagire a eventuali attacchi e di poter fare affidamento sul soccorso militare da parte dei Paesi NATO.
D’altra parte, avendo aderito all’UE sin dal 1995, Stoccolma è formalmente legata agli altri Paesi membri, in gran parte anche membri della NATO. Sul piano difensivo, ad esempio, l’Articolo 42, 7 del Trattato sull’UE, vincola i Paesi membri prestarsi mutua assistenza in caso di aggressione armata sul loro territorio.
Ci sono infine collaborazioni multilaterali che vedono Stoccolma a stretto contatto sia con i suoi vicini nordici, in particolare Norvegia e Finlandia, sia, soprattutto, con gli USA. Sono infatti numerose le esercitazioni militari condotte congiuntamente, di cui è prova recente la presenza delle Forze Speciali statunitensi nella base aerea di Skaraborg, nelle vicinanze di Lidköping.
Le implicazioni artiche
La proposta di aumentare le spese militari ha ovviamente riflessi anche nell’Artico, verso cui Stoccolma presta una crescente attenzione. Ne è prova la presenza di una specifica sezione all’interno della nuova strategia artica svedese dedicata interamente alla sicurezza nella regione, mira degli Stati artici e non artici.
È lo stesso Ministro Hultqvist a chiarire che uno degli obiettivi dell’incremento del budget è proprio l’aumento delle capacità militari svedesi nell’Artico, anche attraverso l’apertura di un nuovo reggimento di Ranger ad Arvidsjaur, nella contea di Norrbotten.
Sembra quindi verosimile immaginare possibili tensioni anche nello scacchiere artico, in cui, peraltro, manca un organismo multilaterale abilitato a trattare la questione della rimilitarizzazione dell’Artico, specialmente in un momento in cui anche quei Paesi con un profilo tradizionalmente basso in termini militari cominciano a mostrare un’inversione di rotta.
Francesca Chierchia
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