I Paesi nordici puntano a rafforzare la cooperazione industriale per la difesa, sviluppando nuovi veicoli da combattimento ad alta tecnologia. Una spinta verso la difesa comune europea?
L’autore di questo articolo è un grande appassionato di cooperazione europea nel campo delle acquisizioni militari. Lo ammetto, non è una passione comune, ma sono fermamente convinto che, nella nostra Vecchia Europa, razionalizzare gli acquisti di mezzi e materiali per la difesa sia assolutamente imprescindibile.
In un contesto di alleanza militare, quale è, per esempio, la NATO, è essenziale rafforzare i rapporti tra gli Stati membri a livello di comandi, tenendo conto delle differenze strategiche, linguistiche e anche delle tradizioni militari, tra le altre cose. È necessario stabilire norme e valori comuni, un linguaggio in codice condiviso e una struttura di comando multinazionale centralizzata. In una parola, occorre sviluppare l’interoperabilità. Questo obiettivo si raggiunge soprattutto tramite esercitazioni militari, periodiche o straordinarie, che hanno lo scopo di oliare l’immensa macchina rappresentata da ogni alleanza militare internazionale.
Questo principio va applicato anche a livello industriale-militare. E, nel contesto dell’Unione Europea, attore economico e politico di importanza mondiale, entra inoltre in gioco anche la questione dei costi. I Paesi europei dispongono di un notevole potenziale industriale: basti pensare a Italia, Germania o Francia. Ciascuno di questi Paesi, e non solo, vanta eccellenze nella cantieristica navale, nella costruzione di veicoli su ruote o cingoli, leggeri o pesanti che siano, e ha importanti tradizioni nella costruzione aeronautica.
Parlando di cooperazione, il progetto FREMM è un esempio lampante: unisce Italia e Francia nella costruzione di fregate missilistiche destinate alle marine militari dei due Paesi e oltre. Un’altra collaborazione europea di successo è quella che ha visto Italia e Germania unirsi nella progettazione e nella costruzione della classe di sottomarini d’attacco Todaro. Lo stesso vale per Airbus, gigante industriale davvero europeo che opera nella costruzione di aeromobili militari, per quanto riguarda in particolare il programma Eurofighter.
La cooperazione industriale in ambito difesa tra i Paesi europei è quindi fondamentale per permettere un risparmio, una razionalizzazione degli acquisti e dell’allocazione delle risorse e per definire standard comuni che migliorino l’interoperabilità delle forze, accrescendo così l’efficienza e l’efficacia di un futuro apparato militare europeo oggi ancora in uno stato embrionale, se non del tutto assente. Al momento, infatti, il mercato delle acquisizioni militari resta dominato da attori extraeuropei e soprattutto dagli Stati Uniti, che rimangono il nostro principale – e ingombrante – fornitore nonostante il potenziale nostrano.
Leggiamo quindi con interesse la notizia del fatto che i Paesi nordici, a esclusione dell’Islanda, ossia Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, oggi tutti parte dell’Alleanza Atlantica e dalle ovvie comunanze – o perlomeno somiglianze – a livello di storia, geografia, clima e preoccupazioni strategiche, stanno seriamente valutando di unirsi per produrre, acquistare e operare insieme una nuova serie di veicoli da combattimento per la fanteria (Infantry Fighting Vehicle o IFV in lingua inglese).
Questi veicoli hanno la particolarità di poter essere corazzati e di poter trasportare un certo numero di soldati, tipicamente una decina o una dozzina, proteggendoli dal fuoco nemico. Inoltre, possono essere dotati di armamenti e addirittura funzionare come una piccola unità di artiglieria mobile, pronta a operare su terreni diversi. Esistono già modelli appositamente progettati per il clima e il terreno artico e subartico, come il CV-90 svedese, ampiamente utilizzato dalle forze terrestri di mezza Europa.
Il clima di tensione nell’Europa dell’Est ha spinto i Paesi nordici a intensificare la cooperazione anche sul fronte industriale-militare, con l’obiettivo di sviluppare una nuova classe di veicoli con avanzate capacità elettroniche e funzionalità anti-drone. Come affermato dal maggior generale Dan Jonny Mattias Lindfors, Capo di Stato maggiore dell’esercito svedese:
“Stiamo puntando a uno sviluppo comune, a un piano di acquisti condiviso e a un utilizzo in comune, poiché abbiamo necessità di semplificare e alleggerire il carico sulla catena logistica e di poter sostenere la produzione di questi veicoli. Combatteremo nella stessa regione, ed è chiaro quanto ciò rappresenti un vantaggio.”
I Paesi nordici sono dunque sempre più uniti e integrati, anche sul piano militare e industriale. La speranza è quella di assistere, nei prossimi anni, a un impulso simile da parte delle grandi potenze industriali d’Europa, una reale volontà di rafforzare la propria indipendenza e di prendere in mano la difesa comune, attraverso un impegno “fatto in casa”.
Tommaso Bontempi
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