Gli sforzi congiunti di Norvegia e Russia permettono il successo di una complessa operazione di salvataggio tra il Polo Nord e le isole Svalbard.
Le condizioni climatiche estreme dell’Artico sono la sfida più seria per chiunque si avventuri fin lassù. In questo ambiente, le operazioni di ricerca e salvataggio (note come SAR, dall’inglese Search and Rescue) assumono un’importanza letteralmente vitale.
Certo, le operazioni SAR sono indispensabili ovunque. Ma negli ambienti estremi dove in caso di incidente o avaria le possibilità di sopravvivenza sono purtroppo molto scarse, la rapidità e il coordinamento degli equipaggi è davvero indispensabile.
Quando si tratta di salvare vite umane, non esistono né nemici né differenze: la macchina della ricerca e del soccorso si attiva sempre per aiutare chi è in difficoltà.
Un esempio interessante di cooperazione si manifesta tra Norvegia e Russia, due Paesi vicini che nella regione hanno sempre avuto rapporti piuttosto tesi, che più di una volta si sono scontrati per dispute sulla pesca e che rappresentano il confronto tra la Russia e la NATO nell’Estremo Nord.
Nonostante le divergenze, le prove di forza e le esercitazioni militari, anche in un clima internazionale molto peggiorato dall’invasione russa dell’Ucraina, la cooperazione in campo SAR è considerata sacra.
Tra le attività di maggiore successo svolte sotto il patrocinio del Consiglio Artico – l’arena internazionale che accoglie tutti e otto gli Stati artici (Norvegia e Russia incluse) – dobbiamo quindi menzionare l’Accordo di cooperazione per la ricerca e il soccorso aeronautico e marittimo nell’Artico, il primo accordo vincolante concluso sotto l’egida del Consiglio Artico stesso. Il SAR, per sua stessa natura, rappresenta infatti uno degli ambiti più importanti della cooperazione nell’Artico.
In questo contesto di cooperazione si collocano gli eventi di martedì 6 giugno. La Severnyj Poljus (in russo “Polo Nord”), una nave di ricerca russa dotata di diversi laboratori scientifici e di sofisticate strumentazioni per lo studio della geologia dell’Artico, con circa 50 persone a bordo tra equipaggio e ricercatori, si trovava in difficoltà.
A bordo della nave, che si trova nel bel mezzo di una missione che durerà fino all’autunno del 2024, si è infatti verificata una non ben precisata emergenza medica, che non poteva essere risolta con la limitata attrezzatura medica disponibile nell’infermeria.
Il medico di bordo ha quindi dovuto inviare una richiesta di assistenza al centro di soccorso marittimo di Murmansk, che a sua volta l’ha inoltrata al centro di coordinamento dei soccorsi di Bodø, in Norvegia. I due centri collaborano da anni, svolgendo operazioni SAR coordinate nelle aree marittime di confine.
Longyearbyen ospita la base SAR più settentrionale della regione, dotata di due elicotteri. Il raggio di volo dei mezzi è per forza di cose limitato dalla capacità del serbatoio, e la Severnyj Poljus si trovava a cinque ore di volo a Nord. Si è quindi resa necessaria da parte dei piloti una sosta presso uno dei depositi di carburante presenti nel Nord dell’arcipelago, che vengono previdentemente mantenuti riforniti su ordine del Governatore delle Svalbard.
L’operazione è stata un successo, e l’elicottero norvegese, dopo avere volato per dieci ore di volo e aver effettuato un’evacuazione medica di successo in condizioni difficili (vista la posizione della nave si tratta di un record mondiale, nessuno aveva mai volato tanto a nord in elicottero per effettuare un’operazione di salvataggio), ha trasportato il paziente russo fino a Longyearbyen, atterrando in sicurezza alle 2 del mattino.
In un ambiente ostile come quello artico, la cooperazione internazionale in ambito SAR è essenziale per salvaguardare vite umane. Questo esempio di cooperazione e solidarietà dimostra l’importanza di una costante collaborazione per affrontare le sfide di un ambiente estremamente ostile.
Tommaso Bontempi
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