Giovedì 16 novembre ha avuto luogo il convegno “The future of the Arctic: conflict or cooperation?”, organizzato dal Centro Studi Americani a Roma.
Due i panel proposti e un variegato parterre di ospiti italiani e statunitensi nell’evento “The future of the Arctic: conflict or cooperation?”, promosso dal Centro Studi Americani di Roma. A margine dei saluti del Direttore Roberto Sgalla, il discorso d’apertura è stato affidato a Eric Carlson, “voce americana del Consiglio Artico” citando le parole del Direttore. Infatti, dopo l’incarico da Consigliere e Vice Capo Missione ad Interim dell’ambasciata statunitense ad Oslo, da ottobre 2023 Carlson è Senior Arctic Official per gli Stati Uniti – Paese artico in virtù dello Stato dell’Alaska.
Ha quindi colto l’occasione per ricordare il ruolo fondamentale del Consiglio Artico quale perno della cooperazione tra Stati e popoli indigeni, a nord e sud del Circolo Polare Artico. Si tratta infatti di un consesso intergovernativo che annovera tra i membri osservatori Stati tra cui l’Italia, la Francia, ma anche Singapore e la Cina. La domanda (retorica) che Carlson ripropone è se all’Artico occorra un trattato, in un accennato paragone con il Trattato Antartico. La risposta è negativa, giacché i territori artici e i loro circa 4 milioni di abitanti rispondono alla legge nazionale di otto Stati sovrani.
Ma se da un lato raggiungere il consenso è arduo, il diritto internazionale è lo strumento che permette la realizzazione di accordi multilaterali vincolanti, come quelli ad oggi esistenti, afferma Carlson. In tempi di guerra, tuttavia, questo lavoro è ancora più complicato. In aperto contrasto con i valori del Consiglio Artico – oltre che del diritto umanitario e del diritto internazionale stesso – l’invasione russa dell’Ucraina ha provocato la sospensione dei suoi lavori.
Il 13° incontro del Consiglio Artico nel maggio 2023 ha segnato una ripresa, oltre alla conclusione della presidenza russa e l’inizio della presidenza norvegese. Il 29 agosto gli Stati hanno raggiunto un consenso, in consultazione con i Partecipanti Permanenti Indigeni, su una prima serie di modalità per la ripresa dei lavori, quantomeno a livello di Gruppi di Lavoro.
Conflitto o cooperazione? A rispondere alla domanda in questo panel, moderato da Lucio Martino (Guarini Institute – John Cabot University), Laura Borzi del Centro Studi Italia-Canada è affiancata dal Min. Plen. Carmine Robustelli, Inviato Speciale per l’Artico del Ministero degli Affari Esteri, e da Mark E. Rosen, Vice-Presidente Senior del Center for Naval Analyses. I primi tre relatori saranno anche presenti a “Italia chiama Artico” 2023, il festival di Osservatorio Artico in programma a Genova il prossimo 30 Novembre.
Borzi ricorda come le tensioni che interessano l’Artico non siano endogene, bensì si verificano a livello sistemico con conseguenze a Nord. Viceversa, in virtù del detto “ciò che avviene nell’Artico non resta nell’Artico”, la regione circumpolare è considerata la cartina tornasole della salute del Pianeta Terra, in quanto area che si scalda in maniera quattro volte superiore rispetto al resto del globo terracqueo, producendo effetti anche a Sud.
Di conseguenza, l’interesse per la cooperazione internazionale scientifica manifestato da Stati come la Cina rappresenta un’opportunità per gli Stati Artici, ma anche una sfida nel momento in cui si tratta di governance e sistemi decisionali. Borzi evidenzia un fenomeno particolare: talvolta, le grandi potenze come Stati Uniti e Russia hanno avuto un ruolo più contenuto mantenendo un basso profilo, rispetto a medie potenze come Canada e Norvegia.
Alla fine della Guerra Fredda, Stati Uniti e Unione Sovietica raggiunsero importantissimi traguardi nella sfida alla denuclearizzazione e nello stabilire un’area scevra dai conflitti internazionali. Ora l’allargamento della NATO, unito all’effetto geopolitico del cambiamento climatico nell’assottigliamento delle frontiere, aumenta la sindrome dell’accerchiamento da parte della Russia.
Il cambiamento climatico ha un effetto geopolitico anche per il Canada, che si traduce in ansia della sovranità nei confronti degli Stati Uniti. Tuttavia, le tensioni e le controversie tra Stati alleati, ricorda Borzi, hanno un peso differente. La politica di aggressione della Russia, rivelatasi già nel 2014 con l’occupazione della Crimea, è contrapposta dal suo atteggiamento conciliante e liberale nelle questioni artiche, funzionale al mantenimento della stabilità nella regione.
S. E. l’ambasciatore Robustelli ha condiviso la sua esperienza a capo della delegazione italiana al Consiglio Artico, sottolineando come anche i Paesi osservatori abbiano una voce e un ruolo attivo, ad esempio all’interno dei gruppi tematici, e siano sottoposti a regolare revisione ogni quattro anni, così come al rispetto dei principi della Dichiarazione di Nuuk sull’Ambiente e lo Sviluppo negli Stati Artici.
La sensibilità politica italiana è accresciuta, ricorda Robustelli, al punto che l’Artico è stato incluso nella legge di bilancio del 2018. Tra gli sforzi devoti all’attività scientifica italiana nell’Artico si annovera il programma di ricerca “High North”, condotto dalla nave Alliance della Marina Militare che ha di recente concluso la campagna 2023 lo scorso agosto. Ma anche – aggiunge l’ambasciatore – l’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” di Fermo, il Programma di Ricerche in Artico del Comitato Scientifico per l’Artico, di cui fa parte insieme ad esponenti del Ministero dell’Università e della Ricerca, CNR, ENEA, INGV, OGS, e le attività scientifiche presso il Thule High Arctic Atmospheric Observatory.
In collegamento dagli Stati Uniti, Mark E. Rosen é convinto che la cooperazione possa rappresentare un’opportunità per tutte le parti coinvolte, soprattutto nel settore del gas e del petrolio nell’ottica del rispetto di uno sviluppo giusto e sostenibile. Tuttavia, l’interesse e la crescente presenza di Stati non artici nella regione circumpolare viene tenuta in attenta considerazione, alla luce delle sfide che ne potrebbero derivare per lo stato nordamericano. Non è un caso che Rosen si riferisca alla Cina: lo stato asiatico è considerato ormai da qualche anno una potenza emergente, sempre più in grado di confrontare gli Stati Uniti. Rosen cita gli investimenti cinesi in alcuni territori artici per lo sviluppo di risorse e attività commerciali, attraverso la costruzione di aeroporti e il finanziamento di campi di estrazione mineraria, come ad esempio in Groenlandia settentrionale e meridionale.
Hanno provato a rispondere al quesito iniziale anche Carlo Musso, responsabile Analisi Strategica di Leonardo, Marco Piredda, responsabile Analisi Affari Internazionali di ENI, e Julia Nesheiwat, esperta di Artico ed ex Consigliera per la Sicurezza Interna del governo degli Stati Uniti. A moderare il secondo panel la giornalista Monica Maggioni, salita a bordo della nave Alliance per documentare con un reportage la spedizione italiana High North 2023. Maggioni sottolinea l’importanza dell’analisi del contesto geopolitico e della sua evoluzione per capirne le implicazioni economiche legate alle risorse.
Se si parla di difesa e sicurezza, Musso spiega che per un’azienda italiana del settore come Leonardo, è fondamentale capire quale sia la posizione dell’Unione Europea – nonché la sua presenza in virtù degli Stati membri – in merito alle questioni afferenti all’Artico. Attraverso la condivisione del proprio know-how e i propri sistemi di monitoraggio, Leonardo partecipa ad un progetto pilota dell’Unione Europea in Artico.
Inoltre, l’UE ha pubblicato un documento strategico sull’Artico nel 2021, a cui ha fatto seguito quello degli Stati Uniti nel 2022. Sicurezza, clima e sviluppo sono argomenti che trovano una simmetria nei due documenti, seppur con differenze semantiche e talvolta sostanziali. Ma ciò che manca al documento strategico dell’UE riguarda la governance, ricorda Musso. La mancanza di una politica estera e di difesa europea pregiudica l’Unione dal prendere decisioni di rilevanza politico-strategica, deferendole ai singoli Stati membri.
Non solo un maggiore accesso alle risorse. Nesheiwat, in collegamento da Washington, ricorda che l’apertura di nuove possibili rotte commerciali è una tra le conseguenze del restringimento della calotta glaciale artica. Ciò determinerebbe un cambiamento nelle priorità politiche di alcuni Stati – come la Russia – e risulterebbe in una competizione tra Stati artici e Stati come la Cina (che si è definita “Stato vicino all’Artico”), dal momento che alcuni territori artici sono ricchi di minerali critici impiegati in industrie strategiche come quella elettronica. Ma l’accesso ad alcune risorse – continua – si tradurrebbe anche in opportunità economiche e di cooperazione nell’ambito delle energie rinnovabili e nell’avanzamento del progresso tecnologico. Tutto ciò, considerando e applicando le conoscenze indigene per una gestione sostenibile delle risorse e, non ultimo, adottando pratiche sostenibili all’interno dei sistemi alimentari delle comunità artiche.
Per Piredda, il cui ambito professionale è proprio quello dell’energia e delle risorse, la gestione della governance artica è difficoltosa perché non esiste un’unica cornice giuridica nazionale valida, se non quella del diritto internazionale. Inoltre, la competizione – più che il conflitto – è inasprita dalle tensioni internazionali.
La cooperazione resta indispensabile per preservare e proteggere i delicati territori artici. Le temperature rigide conservano quantità di carbone che, con il riscaldamento e lo scioglimento dei ghiacci, verrebbero rilasciate rendendo l’Artico vittima crescente del cambiamento climatico e – al tempo stesso – una regione che contribuirebbe a tali emissioni. Secondo Piredda, i minerali critici presenti in Artico si potrebbero sviluppare in ottica di contributo alla transizione energetica, pur tenendo in considerazione che si tratti di una regione delicata. L’incontro tra soggetti diversi, e talvolta opposti, resta per Piredda la soluzione alla gestione – sia della governance, sia della competizione, sia della cooperazione – in Artico.
L’incontro si conclude con il commento di Maggioni riguardo alla rapida evoluzione che in Artico interessa l’essere umano nei confronti dei cambiamenti geopolitici, dell’ambiente e delle risorse ivi presenti.
Giulia Secci
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