Con la caduta del giogo tataro e il totale accentramento del potere nelle mani dello zar, cominciava un’epoca completamente nuova per la Russia, un’epoca di espansione e di esplorazioni in cui i cosacchi rivestirono un ruolo straordinariamente importante.
L’aristocrazia di quella che era stata la Rus’ di Kiev aveva tentato, durante il periodo della dominazione mongola, di approfittare della debolezza dei principati per introdurre il feudalesimo su modello di quello europeo occidentale. La classe sociale dei contadini era però caratterizzata da un’alta mobilità causata sia dalla vastità e dall’abbondanza delle terre russe, sia dalla loro continua ricerca di condizioni di vita più favorevoli o semplicemente più dignitose. Tali presupposti non permisero dunque al sistema feudale di affermarsi.
Negli anni della crescita del potere moscovita e dell’indebolimento delle istituzioni mongole, il gran principe dovette procurarsi una fonte di entrate affidabile e continua alla quale attingere al fine di garantire la sussistenza economica dello Stato. Ivan III decise quindi di sostenere la nobiltà nella sua volontà di tassare i contadini, garantendosi così a sua volta il diritto di ottenere da questa le risorse economiche delle quali avrebbe avuto bisogno.
Vista l’importanza che i contadini ora assumevano come fonte primaria di sostentamento della nobiltà e, di conseguenza, dello Stato, si dovette decidere di impedirne la libertà di movimento, “legandoli” in questo modo alla terra. Lo Stato cominciò quindi a restringere gradualmente la libertà di circolazione dei contadini.
Nasceva così in Russia la servitù della gleba, che si sarebbe protratta fino alla Krest’janskaja reforma, o riforma emancipativa, del 1861, con la quale l’imperatore Alessandro II vi avrebbe posto definitivamente fine.
Abbiamo iniziato questo articolo con una panoramica sulla servitù della gleba, in quanto questa è indispensabile per spiegare l’origine dei Cosacchi, i quali ebbero una parte fondamentale nell’espansione della Russia a oriente e a settentrione, in Siberia e nell’Artico.
Esistono diverse possibili etimologie per il termine russo kazak “cosacco”. Secondo una delle più accreditate, questo deriverebbe dalla parola turca qazāq, con significato di “nomade” o “vagabondo”, resa in italiano anche come “uomo libero” o “uomo senza padrone”. “Cosacche” erano quelle tribù tataro-mongole indipendenti che sopravvivevano grazie alle loro ruberie e alle loro scorribande verso i villaggi e le cittadine della Russia meridionale.
“Cosacco” divenne quindi l’aggettivo rivolto a quegli uomini russi che rifiutavano i nuovi vincoli imposti dal potere politico e la servitù della gleba, fuggendo verso le foreste o le grandi pianure che si trovavano tra la Moscovia e la steppa centroasiatica.
I Cosacchi russi nascono così come cacciatori e pescatori, uomini senza leggi e senza obblighi che sopravvivevano nella natura selvaggia e incontaminata. Su modello di come le tribù nomadi asiatiche avevano vissuto per secoli, i Cosacchi si riunirono quindi in bande composte esclusivamente – o quasi – da uomini, proteggendosi a vicenda.
Nonostante le differenze che li distinguono dal popolo russo, non dobbiamo però commettere l’errore di definire quella cosacca un’etnia a sé stante, vista soprattutto la loro origine slava e il fatto che parlano la lingua russa. Allo stesso modo, però, non sarebbe corretto non distinguere i Cosacchi dai russi. Possiamo quindi definirli una “sub-etnia russa”, un ramo dell’etnia russa che da questa si è distaccato e dalla quale esiste indipendentemente da circa cinquecento anni.
I Cosacchi trascorrevano gran parte dell’anno a cavalcare nelle immense pianure dell’Europa orientale, cacciando per procurarsi il sostentamento e le pelli da vendere e, occasionalmente, compiendo azioni di banditismo. Trascorrevano invece i gelidi e bui mesi invernali nelle cittadine e nei villaggi russi di frontiera, dove lentamente entrarono in contatto con le autorità politiche moscovite.
Vista la grande esperienza e le abilità guadagnate dai Cosacchi grazie allo stile di vita che conducevano, questi furono reclutati dal gran principe come guardie di confine, per difendere il Granducato soprattutto dai tatari del Khanato di Crimea, a occidente. Si fondarono posti di guardia sulle terre di confine abitati esclusivamente da guarnigioni di Cosacchi, a tutti gli effetti trasformatisi in guardie di frontiera permanenti.
I “Cosacchi liberi” invece, quelli che in linea di principio rifiutavano ogni forma di assoggettamento a un potere politico, furono condotti nell’orbita moscovita con più difficoltà. Ma alla fine anche questi si fecero convincere a operare come guardie mercenarie, sempre a difesa dei confini. La paga che ottenevano divenne ben presto la loro principale fonte di guadagno, legando anche i reticenti Cosacchi liberi al governo di Mosca.
Nei secoli successivi, i Cosacchi sarebbero diventati la forza propulsiva dell’espansione russa in Asia. E nell’Artico. Incapaci di fermarsi, avrebbero raggiunto le coste dell’Oceano Pacifico in un tempo sorprendentemente breve, reclamando l’intero immenso territorio su cui mettevano piede per la corona di Mosca.
Tommaso Bontempi
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