Foto © Anna Fantuzzi / Osservatorio Artico
Dal Consiglio Artico all’attuale frammentazione: come la geopolitica ha frantumato l’eccezionalismo artico.
Nella fitta agenda di appuntamenti di Italia Chiama Artico di quest’anno, Osservatorio Artico ha avuto il piacere e l’onore di ospitare Alessandro Vitale, professore associato di Economic Geography and History presso l’Università degli Studi di Milano. Alessandro Vitale è stato tra i fondatori dell’Associazione Italiana di Studi sull’Europa Centrale e Orientale (AISSECO) ed è membro del Consiglio Generale dell’Istituto per la Storia dell’Età Contemporanea (ISEC).
Autore prolifico, ha pubblicato, in sette lingue e in dodici Paesi, oltre trecentocinquanta studi che spaziano dalla politica internazionale all’economia. Nel 2010 ha ricevuto il Premio internazionale di ricerca Liber@mente, per gli studi di teoria politica e per le ricerche condotte a lungo direttamente sul campo, sull’Europa Centrale e Orientale. Ha partecipato a numerose spedizioni internazionali nell’Artico russo, studiato in centri di ricerca di diversi Paesi artici e tenuto molte conferenze internazionali sul tema. Nel 2013 ha partecipato al Gruppo di Lavoro del Ministero degli Affari Esteri che ha consentito l’ingresso dell’Italia nel Consiglio Artico come Paese osservatore e oggi insegna nel corso di Dottorato in Polar Sciences dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e del CNR.
Per la nostra tavola rotonda dedicata agli impatti del cambiamento climatico sulla società, il prof. Vitale ci ha raccontato dell’unicità del Consiglio Artico e dell’importanza storica della governance artica.
Sì, il Consiglio Artico si è distinto fin da subito rispetto ad altre istituzioni internazionali per la qualità e la serietà dei lavori e delle proposte che è stato in grado di mettere in campo nelle relazioni internazionali, con il fine di risolvere problemi concreti, di enorme rilevanza. I gruppi di lavoro del Consiglio Artico hanno brillato per professionalità e competenza scientifica.
Non solo, l’operato del Consiglio è stato sostenuto dalla cooperazione di una straordinaria varietà di attori: dagli Stati artici, alle ONG, alle organizzazioni intergovernative e interparlamentari, alle sei organizzazioni dei popoli nativi, ai Paesi osservatori permanenti e non permanenti. L’eccezionalismo artico in notevole misura c’è stato davvero.
“La politica, trascurata nel Consiglio, è intervenuta a sbriciolarlo con la sua invadenza violenta. Non è una novità: nella storia è successo più volte, con l’apertura di nuove rotte di trasporto e la scoperta di giacimenti di materie prime, che hanno provocato contese e rivalità geopolitiche anche molto dure. Con il 2022, quando la Russia ha invaso l’Ucraina, tuttavia per l’Artico è cambiata ogni cosa e per ragioni “non artiche”. L’eccezionalismo infatti aveva tenuto, a riprova della sua realtà, perfino resistendo alle imponenti pressioni internazionali scatenatesi nel 2014, dopo l’annessione russa della Crimea.”
“Ancora in quell’anno le riviste scientifiche russe davano per scontata la cooperazione artica, considerandola naturale e indistruttibile. In Russia si facevano continui progetti per alimentarla. Nel 2022 le scelte del Cremlino hanno provocato per contraccolpo la frantumazione della cooperazione artica fra Oriente e Occidente e la polarizzazione fra Paesi artici NATO e non (con l’ingresso di Svezia e Finlandia), spaccando anche la comunità scientifica artica russa. Per qualche scienziato che ha appoggiato quell’invasione, ce ne sono molti altri che hanno visto sfumare il prezioso lavoro di decenni, con inevitabili emigrazione, pessimismo e depressione.”
“Il Consiglio Artico aveva escluso per statuto di occuparsi di questioni strategico-militari e politiche. La cooperazione era data per scontata come essenziale per la regione. Del resto, dopo la Guerra fredda anche le infrastrutture militari americane in Alaska erano state smantellate e in Russia non se ne progettavano di nuove. Il 2022 ha cambiato tutto.”
Agata Lavorio
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