Il passaggio di testimone è avvenuto lo scorso 11 maggio a Salechard, in Russia, tra buoni auspici e nuove sfide.
In tempi burrascosi per la cooperazione internazionale, la cittadina russa di Salechard ha ospitato l’11 maggio il tredicesimo incontro del Consiglio Artico, forum per la cooperazione tra gli Stati e le popolazioni della regione su temi quali lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente.
In tale occasione si è conclusa la presidenza biennale russa, sotto cui l’organizzazione era entrata in una fase di stallo a seguito dell’invasione in Ucraina. Il passaggio di consegne nelle mani della Norvegia si è svolto con insospettata fluidità. Un risultato “degno di nota” e frutto del “duro lavoro di tutte le parti coinvolte”. come affermato da Morten Høglund, nuovo presidente degli Alti Funzionari dell’Artico.
La nuova leadership auspica la pronta ripresa della maggior parte delle attività dei Gruppi di Lavoro e del Piano Strategico adottato per il periodo 2021-2030. A metà giugno la squadra della presidenza incontrerà i leader dei working-group e i Segretari Esecutivi per coordinare il lavoro.
L’agenda a guida norvegese prevede quattro aree tematiche prioritarie: gli oceani, il clima e l’ambiente, lo sviluppo economico sostenibile e i popoli del Nord. In primo piano, l’impegno per “conferire un ruolo più incisivo nel Consiglio alle giovani generazioni” e “rafforzare la cooperazione con le popolazioni indigene”.
Grande attenzione sarà data all’impatto eccezionale del cambiamento climatico nella regione, che impone una riconfigurazione di stili di vita, mezzi di sostentamento, modelli di insediamento e sistemi alimentari.
Rafforzare la ricerca, organizzare conferenze internazionali su tematiche quali la gestione degli oceani basata sugli ecosistemi, attingere al sapere locale e tradizionale, sono alcuni degli impegni presi per il prossimo biennio.
Punti di domanda
D’altro canto, numerosi sono i quesiti sulla materializzazione di tali obiettivi. La ripresa della cooperazione con la Russia rimane una prospettiva lontana e incerta. La presidenza norvegese dovrà vegliare sulla coesione e l’efficacia del Consiglio stesso, indebolita dalla pausa appena conclusa e dall’impossibilità di riprendere il dialogo a livello interministeriale.
I punti di lavoro sul tema del cambiamento climatico si riferiscono per lo più all’adattamento, tradendo una scarsa ambizione in termini di mitigazione, all’infuori di trasporti navali meno impattanti e delle emissioni di forzanti climatici a vita breve.
Inoltre, tensioni interne indeboliscono la leadership norvegese sulla salvaguardia dei diritti delle comunità indigene in armonia con la green transition. Lo scorso 2 giugno, infatti, un gruppo di manifestanti, tra cui membri del popolo indigeno Sami, si sono riuniti davanti all’ufficio del Primo Ministro per chiedere la rimozione di un parco eolico che ostacola lo stile di vita degli allevatori di renne.
In un contesto geopolitico globale tutt’altro che quieto e con l’avanzare dell’emergenza climatica, il biennio 2023-2025 pone alla presidenza norvegese una serie di sfide significative.
Annalisa Gozzi
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