Nel corso della prima settimana di Dicembre il China-Nordic Arctic Research Centre (CNARC) ha ufficialmente riavviato i lavori dopo la pausa forzata imposta dalla pandemia di Covid-19.
Nella splendida cornice dell’Università di Studi Internazionali di Guangzhou, dal 3 al 6 Dicembre 2023 si è tenuto l’ottavo simposio incentrato sul tema “Sustainable Development of the Arctic Oriented: The Role of Sino-Nordic Cooperation” che ha riunito accademici, esperti e rappresentanti del mondo del business interessati all’Artico.
Ma perchè il riavvio dei lavori di questa piattaforma è cosi importante? E cosa significa per l’attenzione che la Cina rivolge all’Artico?
Il CNARC è stato fondato dieci anni fa, durante un evento organizzato dall’Istituto Polare cinese (PRIC). Nell’anno della sua fondazione, il CNARC vantava dieci membri fondatori di cui sei provenienti dall’Artico europeo e quattro dalla Cina. Il consorzio raccoglie centri di ricerca, istituti polari e università il cui compito è quello di fornire un piattaforma per la cooperazione accademica, per aumentare e contribuire ad aumentare la conoscenza, la comprensione dell’Artico e del suo impatto globale.
Il consorzio, inoltre, lavora per creare e sviluppare cooperazione per lo sviluppo sostenibile attraverso tre aree tematiche principali: il cambiamento climatico e il suo impatto. Risorse, shipping ed opportunità economiche, e il processo di policy-making.
Tra i membri cinesi si annoverano il Polar Research Institute of China, Shanghai Institutes for International Studies, Ocean University of China, Shanghai Jiao Tong University e Tongji University, oltre a tante altre realtà accademiche asiatiche, tra cui la Dalian Maritime University, Center of Polar Issues Studies, South China Business College, Guangdong University of Foreign Studies e Shanghai Ocean University. Gli istituti nord europei sono rappresentati dall’Icelandic Center for Research, Arctic Centre, University of Lapland, Fridtjof Nansen Institute e tanti altri.
Sin dai primi anni, i simposi organizzati dal CNARC sono stati luogo di confronto e spazio per lo sviluppo di una conoscenza olistica di temi artici. Da un lato hanno rafforzato i rapporti tra istituzioni artiche e istituti di ricerca cinese e nord europei, dall’altro hanno permesso di incrementare e sviluppare una conoscenza della governance artica in Asia.
Come il prof. Yang Jian dello Shanghai Institute for International Studies (SIIS) precisa:
“in the first five years CNARC has realized four main objectives: 1) the knowledge of governance structure has expanded from the Arctic countries to non-Arctic countries 2) the Chinese government has adopted the concept of “governance” to apply to its Arctic cooperation 3) Chinese media and business have begun to taking concrete actions to practice the concept of governance 4) China’s positive role in Arctic governance is gradually being acknowledged”.
Il punto di vista del prof. Yang Jian ben centra il doppio valore che questa piattaforma offre: accrescere la conoscenza della governance artica anche in Paesi non artici e nel contempo sensibilizzare sul ruolo costruttivo che la Cina può recitare nella governance artica nel prossimo futuro. Di fatti, come erroneamente spesso si pensa, la governance artica non si limita alle attività del Consiglio Artico, ma si espande a tutto il sistema multilivello di governance regionale che coinvolge attori di natura molto diversa tra loro.
Se si guarda per esempio il Trattato sul divieto di pesca non regolamentata nell’Oceano Artico Centrale entrato in vigore nel 2021, esso rappresenta un esempio di negoziazione internazionale non avvenuta sotto l’egida del Consiglio Artico e non limitato agli Stati Artici.
Il Trattato stesso mostra come gli Stati asiatici non artici recitino un ruolo sempre più importante nella governance artica. Alcuni dei meeting per le negoziazioni si sono tenuti in Asia: la “Roundtable on Central Arctic Ocean (CAO) Fishery issues” è stata organizzata a Shanghai nel 2015; un meeting in Korea nel 2016; una Working Session presso la Hokkaido University nel Dicembre 2016 e il one-day workshop su “Implementation for the “Agreement to prevent Unregulated high Seas fisheries in the Central Arctic Ocean” in Korea nel 2018.
Il riavvio dei lavori è stata una preziosa occasione per riprendere le discussioni in un contesto geopolitico del tutto nuovo. L’attenzione si è subito focalizzata su come utilizzare il CNARC come piattaforma di cooperazione internazionale in un contesto sul cui sfondo impera la priorità di affrontare le conseguenze che il cambiamento climatico impone.
L’inviato speciale per l’Artico cinese Gao Feng, ha sottolineato come, nonostante l’instabilità generata dai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente ci ponga di fronte ad una situazione complessa, sussista tuttora una concreta possibilità di tornare ad una situazione di bassa tensione. Da parte sua la Cina auspica fortemente il riavvio della cooperazione in aree quali la protezione dell’ambiente, lo sviluppo sostenibile orientato alla protezione e un razionale utilizzo delle risorse. Una “practical cooperation” che non può essere portata avanti in Artico senza la Cina.
Negli interventi successivi l’attenzione è stata posta sugli obietttivi della policy artica cinese che riguardano soprattutto la protezione e la salvaguardia dell’Artico e dell’importante ruolo che piattaforme come il CNARC possono offrire in termini di cooperazione e dibattito a livello internazionale condotto da accademici, policy-makers e rappresentanti del mondo del business.
L’Artico viene individuato come un’area chiave del patrimonio dell’umanità, la cui responsabilità non ricade esclusivamente sugli Stati costieri o sugli Stati artici, ma si estende a tutti coloro che soffrono degli effetti che il cambiamento climatico arreca a territori ed ecosistemi ben lontani.
In termini di coinvolgimento in meccanismi validi a livello internazionale, la recente negoziazione del Trattato dell’Alto Mare (BBNJ) che mira a proteggere gli oceani, affrontare il degrado ambientale, combattere i cambiamenti climatici e prevenire la perdita di biodiversità nelle aree oltre la giurisdizione nazionale, è particolarmente importante per l’Oceano Artico Centrale, già oggetto del Trattato sul divieto di pesca non regolamentata.
Il BBNJ è stato accolto come un pietra miliare per l’istituzionalizzazione del principio di patrimonio di tutta l’umanità e per la necessità di cooperazione internazionale. Riguardo il contesto geopolitico, è stata espressamente dichiarata crescente preoccupazione per una nuova polarizzazione in atto nella regione che vede la Russia opposta agli altri sette Stati artici, di cui al momento sei fanno parte della NATO.
Il ritorno di una mentalità legata alla guerra fredda viene percepita come deleteria per l’ordine mondiale e i riflessi che tutto ciò può avere in Artico, dove la Russia gioca un ruolo principe in termini di estensione territoriale, progetti di sviluppo energetico, sviluppo delle rotte artiche e di cooperazione scientifica.
Piattaforme internazionali per la discussione ed il confronto scientifico e politico offrono una preziosa opportunità per lo sviluppo della conoscenza e delle relazioni. Lo storico vantato dal CNARC e la ripresa dei lavori si allinea con la volontà della leadership cinese di mantenere stretti contatti e dialoghi con gli attori artici.
L’importanza di tali canali non è da sottovalutare dato che in Artico la conoscenza dell’ecosistema marino e di alcune zone dell’Oceano Artico Centrale soffre ancora di molte lacune. La conoscenza prodotta dagli scienziati e della ricerca può fortemente influenzare le decisioni politiche in ambito negoziale di trattati e di gestione delle aree e risorse naturali oltre la sovranità nazionale.
Per cui bisogna inquadrare il ruolo giocato dalle piattaforme internazionali per lo scambio di conoscenza ed informazioni nel quadro di interdipendenza di conoscenza scientifica e governance. Il consolidamento della cooperazione tra università ed istituti di ricerca cinesi ed europei agisce proprio in questa direzione, e la crescita esponenziale della produzione scientifica cinese accresce il peso che la Cina può giocare nella futura governance regionale.
Marco Volpe
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