Cina

La Cina in Canada, prove di alleanza

La lungimiranza della leadership cinese trova nell’approccio all’Artico uno dei suoi migliori esempi. Che oggi vive di investimenti a lungo raggio e rapporti amicali con le comunità locali.

Una bandierina in più

L’interesse cinese per l’Artico risale infatti già ai primi del ‘900 quando, con la firma del Trattato di Spitsbergen, la Cina acquisisce il diritto, al pari degli altri firmatari, di condurre esplorazioni scientifiche, di cacciare e pescare nelle aree al di fuori della sovranità nazionale dei Paesi artici.

Il lungo e rapido percorso della riforma d’apertura, avviata da Deng Xiaoping nel 1978 anche sul piano della diplomazia internazionale, culmina, per quanto concerne l’Artico, con la pubblicazione del libro bianco nel Gennaio del 2018. Nel documento, la leaderhsip cinese sottolinea ripetutamente come la strategia cinese per l’Artico si basi sulla cooperazione internazionale e sul rispetto dell’apparato di governance già stabilito.

Due pilastri della strategia cinese che permettono al Paese del Dragone di accrescere l’influenza nell’area senza minare un equilibrio che fino ad adesso sembra rimanere stabile e pacifico, nonostante la crescente militarizzazione dell’area, ad opera soprattutto russa. 

Un nuovo livello diplomatico

Se l’ingresso nell’Arctic Council nel 2013 ha sancito il successo della linea diplomatica adottata per la regione, le relazioni a livello bilaterale hanno contribuito ad approfondire partenariati strategici basati sullo sviluppo infrastrutturale e commerciale.

Islanda e Groenlandia sono attratte dai mezzi economici e tecnologici  che la Cina può mettere a disposizione per la realizzazione di ambiziosi progetti tra cui porti, aeroporti, miniere per l’estrazione di ferro, zinco, terre rare e oro. Tanti i progetti sul tavolo, ma tante anche le resistenze da parte di una società civile che vede la crescente presenza cinese come un fattore potenzialmente destabilizzante dell’ordine vigente, e lo sviluppo minerario come dannoso per un quadro ambientale già precario ed estremamente fragile.

Manifestazioni di opposizione all’avvio di tali progetti sono avvenute soprattutto nella zona meridionale della Groenlandia per la realizzazione di progetti per l’estrazione di terre rare. Ma la strategia cinese guarda oltre e intende coinvolgere partners a 360 gradi.

L’ultima in ordine di tempo è l’intenzione dell’impresa statale Shandong Gold Mining Co. Ltd. di comprare la TMAC Resources Inc. che possiede la miniera d’oro Hope Bay nel Nunavut occidentale, in Canada, per 204.7 milioni di dollari. La ricerca cinese di partenariati, quindi, si estende anche alle superpotenze artiche che non possono trascurare l’importanza strategica che la regione sta acquisendo nel panorama geopolitico mondiale.

Gli occhi sul Canada

Con i suoi migliaia di chilometri di costa, il Canada è lo Stato che vanta, dopo la Russia, la sovranità territoriale più estesa e il controllo sul celeberrimo Passaggio a Nordovest, nonostante permanga una divergenza di visione a riguardo con i vicini Stati Uniti. Come per i territori russi, anche i territori canadesi nascondono ricchi bacini di risorse minerarie.

Notizia degli ultimi mesi, per esempio, la Baffinland pianifica un piano di espansione per il sito di Mary River. Dalle 6 milioni di tonnellate di ferro annue, la compagnia che gestisce il sito, per il secondo step del piano di sviluppo, intende raddoppiarne la produzione e portare i viaggi a 176 all’anno.

Le rimostranze danesi sull’impatto che un aumento del traffico navale possa avere sui narvali e sulla fauna marina in generale, hanno permesso alla Groenlandia di entrar a far parte del processo decisionale con il nulla osta del governo canadese.

Questo esempio sta a dimostrare come la strategia canadese sia basata su una convergenza di necessità di sviluppo infrastrutturale e di crescita economica con una politica di sensibilizzazione ambientale. E con una partecipazione internazionale nella gestione di problematiche transnazionali. Progetti a partecipazione internazionale cui il Canada tiene molto il cui principio normativo che ne regolamenta i processi è l’Investment Canada Act, che nella sezione obiettivi recita:  

Recognizing that increased capital and technology benefits Canada, and recognizing the importance of protecting national security, the purposes of this Act are to provide for the review of significant investments in Canada by non-Canadians in a manner that encourages investment, economic growth and employment opportunities in Canada and to provide for the review of investments in Canada by non-Canadians that could be injurious to national security”.

Follow the Money

Il potenziale investimento cinese si inquadra proprio in questo framework. Ma la partecipazione da parte cinese a progetti infrastrutturali di grande portata non si riduce a una semplice co-partecipazione a un progetto industriale, ma porta con sé componenti legate alla crescente influenza cinese nei territori artici e a questioni di sovranità nazionale.

La peculiarità della strategia canadese in Artico risiede in un approccio che minimizza la rilevanza della preparazione ad un conflitto militare convenzionale, piuttosto, si concentra sull’importanza che le stesse forze militari giocano nel ruolo di supporto alla società civile nel fronteggiare minacce di tipo non convenzionale ,derivanti da un incremento del commercio marittimo o dalla crescita del turismo.

Per cui l’attraversamento del Passaggio a Nordovest, su base regolare, della rompighiaccio cinese Xue Long, non viene percepita come una minaccia diretta, quanto piuttosto induce ad un miglioramento ed un efficientamento dell’intervento militare nell’area. Così si esprime il portavoce di Global Affairs Canada:

«Canada welcomes navigation in its Arctic waters, provided that ships comply with laws of safety, security and the protection of the environment». 

La strategicità dell’investimento pianificato da Pechino – sostiene il prof. Huebert del  Centre for Military and Strategic Studies presso la University of Calgary – risiede nella poca opposizione che la proposta di investimento riceverà. E questo perché l’oro rappresenta una risorsa non strategica per una regione che ha sofferto il duro impatto dovuto alla diffusione del Covid-19 e una serie di politiche del governo federale mirate a scoraggiare i progetti di estrazione mineraria.

Ipotesi condivisa anche da Micheal Byers, ricercatore della University of British Columbia che individua nella lontananza del sito di estrazione dal Passaggio a Nord Ovest e nell’assenza di implicazioni politiche rilevanti dell’estrazione dell’oro i lasciapassare per l’avanzamento della transazione.  

I rapporti con le comunità

L’atteggiamento cinese di rispetto per l’apparato legislativo artico vigente gioca un punto a favore per l’approvazione del progetto. Lo scrutinio dello stesso sotto l’Investment Canada Act consisterà anche nella valutazione dei reali benefici in termini di generazione di ricchezza, di creazione di posti di lavoro e di impatto sulle comunità locali.     

Comunità locali che, rappresentate dal Kitikmeot Inuit Association (KIA), che raccoglie cinque diverse comunità nel Nunavut occidentale, non si sono ancora espresso in merito.

Lo scorso Giugno, quando la transazione aveva ricevuto il benestare del 97.08% degli azionisti, la KIA è stato uno dei pochi azionisti a non esprimersi. Il presidente Stanley Anablak aveva così dichiarato: «The basis of it meeting KIA’s mandate and also on the basis of it being a net-benefit to Canada from the perspective of Kitikmeot Inuit».

La valutazione della congruità tra la transazione e l’Investment Canada Act spetta al governo. Opinione ulteriormente condivisa dagli studiosi è che se la transazione dovesse diventare realtà, nel breve termine i benefici saranno condivisi tra Canada e Cina.

Più a lungo termine entreranno in campo altri fattori, e molto dipenderà anche dall’evoluzione del quadro geopolitico in Artico e dall’evoluzione dei mercati così incerta a causa della diffusione del virus. Ad ora la Cina è in una posizione di vantaggio rispetto agli altri Stati non-artici, e la crisi economica generata dal virus non può che rendere gli investimenti cinesi per gli stessi Paesi artici sempre più attraenti.   

Marco Volpe

Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati

Marco Volpe

La lingua e la cultura cinese sono stati il mio punto di partenza negli anni della laurea triennale e magistrale a Roma. La passione per l'Artico l'ho maturata di pari passo con la crescita dell'importanza geopolitica della regione. Gli studi tra la University of Leeds e la Sioi di Roma mi hanno permesso di approfondirne la conoscenza e di svilupparne le tematiche. E penso che sia un dovere diffondere maggiore consapevolezza sulla rilevanza che l'Artico gioca oggi e nel prossimo futuro.

Articoli Recenti

Il primo “greenwashing” della storia: perché la Groenlandia fu chiamata verde

Erik il Rosso trasformò un’isola di ghiacci in una “terra verde” con un’abile strategia di…

2 ore fa

Italia e Artico: il nuovo Inviato Speciale e le sfide che lo attendono

L'Ambasciatore Agostino Pinna, diplomatico italiano di grande esperienza, è stato nominato nuovo Inviato Speciale Italiano…

1 giorno fa

Le rompighiaccio contano: la fragile flotta statunitense

Gli Stati Uniti, leader globale nella proiezione di potenza, faticano a mantenere una presenza credibile…

2 giorni fa

Un aggiornamento sulla missione dei satelliti in Artico

Northrop Grumman ha completato l’attivazione dei satelliti ASBM con payload EPS-R, garantendo per la prima…

3 giorni fa

La protesta dei genitori groenlandesi, tra discriminazioni culturali e il peso del passato coloniale danese

L'uso controverso del test FKU continua a penalizzare i genitori groenlandesi, riaprendo ferite storiche e…

4 giorni fa

I Royal Marines rinnovano le capacità artiche della Gran Bretagna

Il Regno Unito sta investendo nelle sue capacità di difesa nell’Artico grazie ai Royal Marines,…

1 settimana fa