La Northern Sea Route (NSR) sta assumendo una maggiore rilevanza a livello commerciale. Il suo sviluppo, sostenuto finanziariamente dallo Stato russo, è principalmente dovuto agli effetti del cambiamento climatico nella regione e la conseguente riduzione della banchisa di ghiaccio.
La principale potenzialità della NSR è quella di ridurre enormemente costi e tempistiche di navigazione dall’Asia orientale verso l’Europa settentrionale e viceversa. Una nave proveniente da Tokyo e diretta al porto di Rotterdam dovrebbe percorrere un tragitto di soli 13,000 chilometri rispetto ai circa 21,000 della rotta meridionale che passa dallo stretto di Malacca e il canale di Suez.
Prendendo in considerazione la Russia, la volontà è quella di rilanciare economicamente l’Artico e, come sottolineato nella strategia al 2035, agevolare la costruzione di infrastrutture di supporto alla navigazione lungo la rotta in modo tale da renderla più sicura. Nel 2021 il traffico di merci ha raggiunto i 35 milioni di tonnellate, ma l’obbiettivo prestabilito dal governo è quello di portare questa cifra a 80 milioni l’anno entro la fine del 2024.
Per parlare della NSR è fondamentale sottolineare il ruolo del cambiamento climatico e delle sue conseguenze, in particolare quella relativa al riscaldamento globale. L’Artico è infatti un’area particolarmente sensibile all’aumento della temperatura terrestre.
Secondo un rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) del 2019, a causa di un fenomeno denominato amplificazione polare, in quest’area l’aumento delle temperature ha “valori da due a tre volte superiori alla media planetaria” che è stata stimata ad oggi a quasi 1°C rispetto al periodo preindustriale.
Come è possibile notare dai dati rappresentati sulla carta qui presente, la banchisa di ghiaccio nel mese di settembre, il più caldo nell’Artico, è enormemente diminuita nel corso degli ultimi decenni. Le azioni antropiche che causano un aumento dei gas a effetto serra in atmosfera sono i principali fattori dell’aumento delle temperature nell’Artico.
Sempre secondo i dati dell’Ipcc sappiamo che la proporzione di ghiaccio marino artico di almeno 5 anni è passata dall’essere il 30% nel 1979 al 2% nel 2018. Il ghiaccio stagionale, inoltre, perde la sua estensione di anno in anno e anche il suo spessore medio continua a diminuire.
Il cambiamento climatico, e i suoi effetti nella regione artica, sono centrali nel capire il perché del crescente interesse, in particolare da parte della Russia, verso la NSR e le infrastrutture lungo la costa. L’utilizzo futuro della NSR sarà infatti dovuto alla diminuzione della banchisa di ghiaccio presente in estate e alla diminuzione del suo spessore nei mesi più freddi.
Questi cambiamenti hanno già un impatto diretto sul traffico commerciale nel Mar Glaciale Artico. È per esempio notizia di pochi giorni fa la conclusione del viaggio della Audax, nave da carico della Novatek, partita il 29 dicembre dal porto di Tianjin e arrivata nella penisola di Kola il 16 febbraio.
Un viaggio che seppur compiuto con l’aiuto di rompighiaccio è stato svolto durante quello che normalmente è il periodo di chiusura della rotta. Ma gli effetti del cambiamento climatico sul ghiaccio artico sono maggiormente visibili in estate.
Come testimoniato dal continuo aumento di traffico marittimo, la rotta artica lungo le coste russe diventa anno dopo anno sempre più facilmente navigabile, e di conseguenza continua ad assumere una sempre maggior importanza a livello economico e politico.
Nonostante tutto, però, lo sviluppo della rotta e la crescita del suo utilizzo deve ancora fra fronte a diverse problematiche. La rotta rimane praticamente chiusa nel periodo invernale, in quanto percorribile esclusivamente da navi rompighiaccio, e anche durante il periodo estivo la navigazione è generalmente non conveniente.
I costi delle assicurazioni sono molto più alti rispetto alle rotte meridionali, la costa è poco servita da porti che possano accogliere grandi navi e la presenza di basi di ricerca e soccorso è ancora insufficiente. A tutto questo, con la recente invasione russa dell’Ucraina, si aggiunge l’incognita delle conseguenze che avranno le sanzioni sugli investimenti e sull’infrastruttura artica russa.
Gianmaria Dall’Asta
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