Secondo uno studio recente sull’oceano Artico, le ondate di caldo marino, ovvero il prolungato innalzamento delle temperature alla superficie del mare, diventeranno sempre più frequenti a causa del cambio climatico.
L’Artico si sta riscaldando molto più velocemente del resto del mondo. Tra i fenomeni innescati dal cambiamento climatico nella regione, il ritiro repentino del ghiaccio marino è tra i più evidenti, con molteplici effetti a cascata. Tra questi, ci sono le ondate di caldo marino, che sono diventate sempre più numerose e violente.
Vari fattori giocano un ruolo fondamentale nel definire cosa sia un’ondata di caldo marino. Per semplificare, basti sapere questa si verifica quando le temperature della superficie del mare diventano più alte del 95% dei valori registrati nei trent’anni precedenti per almeno 5 giorni consecutivi.
Si sviluppano prevalentemente nelle frange costali dell’oceano polare, le più basse per profondità e le più recenti per età del ghiaccio marino. Questo avviene perché un ghiaccio più giovane è anche meno durevole, si scioglie più rapidamente e presta le condizioni per un anomalo accumulo di calore sulla superficie del mare.
Le ondate di caldo marino nell’oceano Artico diventeranno la norma, non più l’eccezione. È uno studio recentemente pubblicato su Nature Earth and Environment ad affermarlo. Un gruppo di scienziati del Center for Earth System Research and Sustainability dell’università di Amburgo, guidati dalla dottoressa Armineh Barkhordarian, ha infatti prodotto dati allarmanti sull’andamento recente (e futuro) delle ondate di caldo nel circolo polare Artico.
Come ha sottolineato Armineh Barkhordarian: “Nel 2007, è iniziata una nuova fase nell’Artico”. Lo studio ha stimato che l’oceano polare, tra il 2007 e il 2021, ha attraversato ben undici ondate di caldo marino, con una media di 37 giorni e un innalzamento termico di 2.2°C. Ad accompagnare questi fenomeni, si è verificato un ridimensionamento notevole del ghiaccio marino.
Il 2007, 2012, 2019, e 2020 sono gli anni in cui sono state registrate le più intense ondate di caldo marino. L’ondata del 2020 si siede in cima alla classifica, con una durata 103 giorni per un’intensità termica accumulata di 300°C e picchi di temperature fino a 4°C. Al contempo, il ghiaccio marino si è ridotto del 19% rispetto al trentennio precedente.
Oltre a quantificare la loro distribuzione nell’oceano Artico, lo studio dell’università di Amburgo ha anche ricercato la responsabilità del cambio climatico operato dall’uomo nelle ondate di caldo marino nell’Artico. Ne è emerso che l’aumento dei gas serra nell’atmosfera sia stata una condizione necessaria (ma non sufficiente) per la manifestazione delle ondate di caldo analizzate.
Prevedibilmente, il rapido surriscaldamento globale cui assisteremo nei prossimi decenni potenzierà l’avvento delle ondate di caldo marino nell’oceano polare, con tragiche conseguenze sull’ecosistema marino e sulle comunità indigene. Un mare più caldo significa, infatti, spingere la biodiversità oltre i limiti di resilienza a cui è stata abituata fino ad ora.
Chiara Ciscato
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