Secondo il National Snow and Ice Data Centre il livello dei ghiacci è sceso di nuovo al di sotto dei 4 milioni di kmq. E questo prefigura grandi cambiamenti a livello mondiale.
Ogni anno la copertura di ghiaccio marino nell’Oceano Artico si riduce a un punto minimo a metà settembre. Il 2020 ha segnato un nuovo record al ribasso, facendo registrare il secondo valore più basso nei 42 anni di rilevazioni satellitari, ovvero 3,74 milioni di chilometri quadrati di ghiaccio.
Al giorno d’oggi è solo il 50% quella che era l’area coperta dai ghiacci 40 anni fa a fine estate. Le dimostrazioni dell’Intergovernmental Panel on Climate Change rilevano che i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera risultano più alti che in qualunque altro momento della storia umana. E l’ultima volta che le concentrazioni atmosferiche di CO2 hanno raggiunto i livelli odierni – 412 parti per milione circa – è stato ben 3 milioni di anni fa, nel Pliocene.
Oggi le attività umane stanno plasmando i processi naturali che estraggono CO2 dall’atmosfera. All’alba dell’era industriale, a metà del XVIII secolo, la CO2 atmosferica era di circa 280 parti per milione. Gli esseri umani hanno impiegato solo 200 anni per invertire completamente la traiettoria iniziata 50 milioni di anni fa, riportando il pianeta a livelli mai visti prima – se non, appunto, nel Pliocene.
La chiave di volta del cambiamento si è avuta a metà del Novecento, con aumenti annuali di 2-3 parti per milione. Il pianeta oggi si sta riscaldando molto velocemente, e dal 1880 il processo di global warming ha fatto sì che la Terra si sia riscaldata di 1 grado Celsius. Un livello estremamente più rapido degli ultimi 65 milioni di anni!
Cosa significa tutto ciò nella regione artica? Il risultato di questo fenomeno è che la perdita di ghiaccio riflettente e la conseguente copertura perduta hanno amplificato il trend, raggiungendo nella zona anche +5 gradi Celsius. Di conseguenza, la copertura estiva del ghiaccio marino artico è sempre più bassa.
Nella nostra intervista a Peter Wadhams chiedemmo all’illustre oceanografo artico cosa effettivamente potessimo fare per invertire questo trend. E questa fu la sua risposta:
«Temo che l’umanità non sia in grado di arrivare a decisioni politiche ed economiche sagge nel giro di poco tempo», continua, «in grado di modificare le ossessioni attuali. Ecco perché sono convinto che il ruolo della tecnologia sia davvero importante. L’approccio che considero migliore è quello della riduzione chimica di CO2 dall’atmosfera, perché non possiamo più permetterci di perdere tempo».
«È stato un anno pazzesco al Nord, con il ghiaccio marino a un minimo quasi record, ondate di calore di 38°C in Siberia e massicci incendi boschivi», osserva il direttore dell’NSIDC Mark Serreze nell’analisi de La Repubblica. «Ci stiamo dirigendo verso un Oceano Artico stagionalmente senza ghiacci e quest’anno è un altro chiodo nella bara».
L’intervista completa a Peter Wadhams: “Il futuro dell’Artico secondo Peter Wadhams“
Leonardo Parigi
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