La geopolitica è tornata nell’Artico. Non l’aveva mai davvero lasciato. Ma ora la competizione tra grandi potenze risorge sul tetto del mondo. Russia, Cina e Stati Uniti rivolgono lo sguardo al Mare Glaciale.

Non perché racchiuda chissà quali ricchezze. Semplicemente perché non possono fare altrimenti, essendo questo specchio d’acqua il diaframma tra Eurasia e Nordamerica. Nessuno s’illude di conquistarvi lo scettro del potere mondiale. Ma quel che accade fuori dall’Artico non resta fuori dall’Artico.

In questi anni la rivalità tra il Numero Uno americano e i suoi sfidanti si è surriscaldata. Dall’Ucraina al Venezuela, dalla Siria al Mar Cinese Meridionale, dalla Corea al braccio di ferro sul 5G in Europa. Impossibile che il Polo Nord ne fosse esentato. Da secoli è teatro – sia pur secondario – della grande storia. È stato un fronte del Grande Gioco tra Russia e Inghilterra nell’Ottocento, ultima tappa delle grandi scoperte geografiche, vi si combatté nei due conflitti mondiali e durante la guerra fredda aveva indubbia centralità.

Pure la convinzione, ancora granitica a queste latitudini, che sia una zona naturalmente pacifica è figlia dello spirito del tempo, dell’idea post-storica che cooperazione e diritto internazionale abbiano soppiantato metodi più muscolari di competizione tra gli Stati. Ciò non vuol dire che si va verso una guerra, tantomeno per spartirsi le risorse sotto i ghiacci, ancora inaccessibili. Ma che i destini dell’Artico risulteranno dai calcoli delle tre grandi potenze.

Per Mosca si tratta di affermare la propria sovranità e il proprio rango. Con metodi incruenti, certo: infrastrutture ed estrazione di materie prime. Ma pure esibendo la forza. Pechino punta a ottenere legittimazione internazionale offrendo investimenti, tecnologia e ricerca scientifica – quest’ultimo vettore è imprescindibile. Washington vuole puntellare la prima linea difensiva settentrionale. E spezzare l’alleanza sino-russa, incubo strategico per gli americani che si manifesta anche quassù, sotto forma di rotta marittima settentrionale, passaggio a nord-est o via della seta polare, che dir si voglia.

Il tutto mentre la Nato torna a nord, per proteggere la Norvegia e fare pressione sulla Russia. Esattamente come sta facendo altrove in Europa orientale. In breve, una nuova cortina di ferro sta calando tra l’America e i suoi rivali. Questa volta attraversa anche l’Artico. La geopolitica serve a capire le strategie delle potenze e i potenziali focolai, dalla Groenlandia che aspira all’indipendenza alle Svalbard contese. Ce ne occuperemo nelle prossime puntate.

Federico Petroni

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Federico Petroni

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