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La strada per l’Artico

Un estratto dell’articolo pubblicato dal direttore Leonardo Parigi sulla rivista “Infinito”, curata dallo Studio Tosetti.

La nuova rotta

«Buscar el Levante por el Poniente». La celebre frase attribuita a Cristoforo Colombo fu la base ideale del suo viaggio verso l’America. Che fu, come ben sappiamo, solo un incidente di percorso. Quando le caravelle salparono dal porto di Palos, il 3 Agosto 1492, tutti i crismi della grande avventura erano nelle tasche dell’esploratore genovese. L’emozione per una traversata mai tentata prima di allora, il prestigio di scommettere su una nuova rotta con l’avallo e il supporto della Corona spagnola. Ma anche, inevitabilmente, la ricerca di una rotta commerciale più rapida e proficua per i commerci da e per l’Oriente. Spostiamoci nel tempo e nello spazio, e teniamo sott’occhio il planisfero.

Oggi, il commercio mondiale è la base del sistema economico. Oltre il 90% di tutte le merci che abbiamo, ha fatto almeno un viaggio via nave. Sembra esagerato, ma la trasformazione del prodotto – sia esso pura manifattura o componente industriale, o anche un bene di consumo alimentare – ha già subito numerosi passaggi prima di arrivare nelle nostre case, nei nostri uffici.

Un tema centrale, questo, per lo sviluppo dell’Artico. La Russia è padrona di casa nella regione polare, con i suoi oltre 20.000 chilometri di coste che si affacciano direttamente sull’area. Un’immensità di territorio, se pensiamo che l’Italia, quasi completamente circondata dall’acqua, ne può vantare circa 8.000. Con il progressivo fondersi dei ghiacci marini artici, si è aperto il tema di tutta la regione. Sia per ciò che concerne l’ambiente e il cambiamento climatico, chiaramente. Sia per quello che riguarda le possibilità di sfruttamento – sostenibile o no – di una porzione di pianeta che è rimasta inaccessibile all’umanità per millenni.

Definizione di “casa”

I quattro milioni e poco più di abitanti che vivono sulle coste artiche e nell’interno, sono stati gli unici custodi di un mondo che va rapidamente modificandosi, e che segue direttrici precise. Lo sfruttamento delle risorse che qui si celano (dai combustibili fossili ai metalli preziosi, dalle terre rare alle possibilità di utilizzo dell’energia green) e il turismo – misconosciuto fino a pochi anni fa. E poi, le rotte marittime commerciali.

Le principali rotte mondiali che collegano la Cina industriale all’Occidente dei servizi sono sostanzialmente tre: da Shangai o da Singapore al Pireo e a Genova, quella che da raggiunge i porti del Northern Range (Rotterdam, Amburgo, Brema), e quella che sempre dall’Asia supera il Pacifico, verso il porto di Los Angeles e Panama. Le navi sono sempre più grandi, e i progetti di sviluppo degli scali guardano a portacontainer in grado di trasportare fino a 24.000 TEUs (twenty-foot equivalent unit, misura equivalente di circa un container da 20 piedi).

Per aggiungere qualche altro dato nella fotografia del sistema logistico mondiale, va rimarcato che un singolo viaggio di una portacontainer di medie dimensioni può costare fino a 300.000$ al giorno, tra costi vivi e carburante. Un complesso di numeri e trend che impatta inevitabilmente sul prezzo del singolo prodotto che acquistiamo. Come se non bastasse, tutto il traffico marittimo che parte dalla Cina, e che riguarda buona parte del commercio mondiale, passa attraverso alcuni stretti marittimi come Malacca o Suez (cosiddetti choke points) controllati direttamente o indirettamente dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Un fastidio, per alcune compagnie battenti bandiera cinese o russa, che farebbero volentieri a meno di essere “attenzionate” da Washington.

E se ci fosse un’alternativa in grado di cambiare radicalmente la situazione?

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Leonardo Parigi

Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati

Leonardo Parigi

Sono Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia. Sono giornalista pubblicista, e collaboro con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale.

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