Il 13 Marzo 2020 l’agenzia Xinhua ha pubblicato il testo integrale del nuovo Piano Quinquennale della Repubblica Popolare Cinese. Vediamo come si colloca l’Artico nel XIV Piano Quinquennale.
Nell’uscita di Novembre 2020 era stata proposta una visione di ciò che il Piano in arrivo avrebbe potuto contenere, alla luce degli obiettivi indicati negli ultimi due piani quinquennali e dell’ascesa della regione artica nelle priorità della leadership cinese.
Ripercorrendo brevemente gli obiettivi dei più recenti piani quinquennali, è già emerso come sia il XII che il XIII Piano Quinquennale abbiano incentrato le priorità della classe dirigente cinese nel potenziamento delle attività di ricerca scientifica in Artico.
Il XIII Piano Quinquennale oltre alla ricerca scientifica, rivolgeva molta attenzione anche all’apparato navale dedicato alla regione artica, di cui urgeva un potenziamento e un efficientamento giunto con la costruzione della rompighiaccio Xuelong 2. Da un’appendice pubblicata dal Consiglio di Stato nel 2016, emergeva inoltre la necessità di potenziare la competitività internazionale di ingegneria marittima.
E sembra che al momento la Cina sia all’opera per la costruzione di una rompighiaccio pesante di ultima generazione, che, assieme a Xuelong 1 e Xuelong 2, andrebbe a rimpolpare la flotta cinese artica. Oltre alla priorità della ricerca scientifica, veniva poi, a seguito della pubblicazione della China’s Arctic Policy, affermata l’intenzione di prendere parte attiva nella governance artica.
Guardando più da vicino il XIV Piano Quinquennale, l’Artico trova spazio nel capitolo 33, titolato: “Espandere attivamente lo spazio per lo sviluppo economico marino” (积极拓展海洋经济发展空间).
Nella sezione 3 “Profonda partecipazione alla governance globale degli oceani” 深度参与全球海洋治理 la Repubblica Popolare Cinese si impegna a sviluppare attivamente quella che vengono definite le “partnerships blu” (蓝色伙伴关系) e “partecipare profondamente alla formulazione e all’implementazione del meccanismo di governance marittima internazionale e delle rispettive regole, promuovere la costruzione di un ordine marittimo internazionale equo e razionale e promuovere la costruzione di una comunità marittima con un futuro condiviso”: 深度参与国际海洋治理机制和相关规则制定与实施,推动建设公正合理的国际海洋秩序,推动构建海洋命运共同体
L’elemento di continuità con ciò che veniva espresso nel XIII Piano Quiquennale è evidente: la Repubblica Popolare intende attivamente prendere parte alla formulazione e all’implementazione del sistema di governance marittima globale. Un evidente richiamo a un ruolo sempre più importante all’interno del sistema di governance che vige in Artico. Si pensi quindi all’Arctic Council e all’avvicendamento della sua leadership, che a Maggio vedrà la Russia ereditare il testimone dall’Islanda.
Proprio qualche giorno fa l’ambassador-at-large russo per l’artico Nikolay Korchunov si è soffermato sulle priorità che caratterizzeranno il mandato russo, sottolineando la volontà di facilitare un più diretto coinvolgimento degli Stati osservatori.
Un legame sino-russo più saldo non potrà infatti che dare un importante impulso ai progetti su cui le due super potenze hanno scommesso molto, sfruttamento di gas naturale nella penisola di Yamal in primis. Un progetto che, nonostante la pandemia e il rallentamento del mercato economico commerciale globale, procede a ritmi abbastanza spediti e continua ad abbattere record.
Le operazioni della Christophe de Margerie, nave cargo strutturata per trasportare gas naturale liquefatto di proprietà della russa Sovcomflot, sono infatti da record. Dopo aver effettuato un viaggio lo scorso Maggio, ben prima della usuale finestra di navigazione lungo la Northern Sea Route, il viaggio di ritorno dalla provincia del Jiangsu alla volta del porto di Sabetta, – raggiunto con successo il 19 Febbraio – ha visto la nave cargo scortata dalla rompighiaccio a propulsione nucleare russa dell’Arktika class promosso anche in un video:
La continuità con il XII e il XIII Piano Quinquennale viene ribadita anche nel rafforzamento della cooperazione nel settore della ricerca scientifica, nella protezione dell’ambiente marino e, punto non meno importante, nel settore del SAR – Search and Rescue:
深化与沿海国家在海洋环境监测和保护、科学研究和海上搜救等领域务实合作,“Approfondire la cooperazione pragmatica con i Paesi costieri riguardo il monitoraggio e la protezione dell’ambiente marino, della ricerca scientifica e del search and rescue”.
Proprio da quest’ultimo punto può essere colto un ulteriore rimando a una maggior inclusione cinese nella governance artica. Il sistema di Search and Rescue, infatti, in base all’Agreeement on Cooperation and Aeronautical and Maritime Search and Rescue in the Arctic , siglato a Nuuk nel 2011, restringe il campo di intervento ai soli Stati artici.
Nonostante esso rappresenti un importantissimo segnale di cooperazione che gli otto Stati artici si sono impegnati a rispettare, nessun obiettivo viene prefissato. E comunque esprime un esercizio di sovranità ben chiaro e definito che non prevede il coinvolgimento di Stati che non siano costieri.
La necessità di predisporre un sistema di SAR che sia efficiente e che non soffra di differenze legate a componenti geografiche o di carattere amministrativo è un imperativo che i crescenti interessi nella zona rendono sempre più pressante. Si pensi alla enorme area di intervento russo che copre tutto il tratto della Northern Sea Route, in cui è prevedibile un’intensificazione del traffico marittimo, turistico, commerciale ed economico, nei prossimi anni, davvero consistente.
Ed eccoci al fulcro del discorso: 参与北极务实合作,建设“冰上丝绸之路”. L’obiettivo è quindi quello di “partecipare ad una cooperazione pragmatica e costruire la ‘Via della Seta Polare”. La cooperazione pragmatica 务实合作 che, in altri contesti è stata proposta come strategia win-win, ha portato gli interessi cinesi in Finlandia, Groenlandia, Russia e Islanda.
Una strategia win-win che, forte del potere finanziario di Pechino, offre a partner interessati la possibilità di realizzare i progetti in cantiere, e che, al contempo, espande il raggio di azione pechinese su tutta la regione. L’assertività del documento cinese ruota, come già accaduto nella pubblicazione del Libro Bianco in cui veniva delineata la strategia ufficiale cinese per l’Artico, sulla costruzione della Via della Seta Polare 建设“冰上丝绸之路”.
Oltre quindi ad un’intensificazione dei contatti e delle partnerships, Pechino punta sulle infrastrutture per rendere i corridoi artici vie commerciali sempre più sicuri e percorribili.
Non viene tralasciato ciò che la Cina ha in serbo per l’Antartide. Altrettanto assertivo è infatti il piano riservato per la regione antartica che prevede una “migliorata capacità di partecipare alla protezione e all’utilizzo dell’Antartide” 提高参与南极保护和利用能力.
Se in Artico la Cina è alla ricerca, infatti, di un più diretto coinvolgimento nella governance, per ciò che concerne l’antartico questo step può dirsi già raggiunto. Tanto da indicare nello statement una migliorata capacità per l’utilizzo (利用) dell’Antartide.
L’aver ospitato infatti la 40esima riunione consultiva sul Trattato sull’Antartide non solo ha dimostrato che la Cina è un importante attore nella regione, ma è stata occasione per Zhang Gaoli, ex membro del Comitato Permanente dell’Ufficio Politico del Comitato Centrale del PCC ed ex Vice Premier del Consiglio di Stato, di ribadire e sottolineare quanto la Cina – in linea con gli interessi generali della comunità internazionale – abbia adempiuto ai diritti e agli obblighi conferiti dal trattato.
A dar vigore ai piani della Via della Seta Polare e a testimoniare la fragilità delle vie commerciali mondiali, arriva l’incidente verificatosi in questi giorni nel canale di Suez. L’incagliamento dell’enorme cargo Ever Given ha bloccato l’accesso al canale, e quindi di tonnellate di merci, oltre che di materie prime, tra cui petrolio e gas, sono rimaste a bordo delle centinaia di scafi in rada. Un incidente che, oltre al danno reale, al rialzo in poche ore del prezzo del petrolio e del gas, consolida la necessità di creare vie commerciali alternative.
Ma chi farà parte del progetto cinese? L’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi e i vari tentativi dell’amministrazione Trump di screditare Russia e Cina e il loro intervento in Artico, non hanno fatto altro che rimandare l’urgenza del dover affrontare gli effetti del cambiamento climatico ed isolare gli Stati Uniti anche all’interno dell’Arctic Council.
L’approccio proposto dalla nuova Amministrazione Biden fa di certo ben sperare per un ritorno a un multilateralismo che sembra necessario per affrontare le impellenti questioni climatiche. Tuttavia, è difficilmente pronosticabile ciò che il progetto della Via della Seta Polare implicherà nella regione, se diventerà un affare per molti degli Stati artici o rimarrà una questione prettamente sino-russa.
Marco Volpe
N.B. Traduzioni a cura dell’autore
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