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Artico, la Norvegia scommette sulla cooperazione

Intervista esclusiva all’Ambasciatore della Norvegia in Italia, S.E. Margit Tveiten.

Roma – I ghiacci polari che si sciolgono sono un’immagine che siamo ormai abituati a vedere sui media internazionali. E le speculazioni su ciò che può accadere si moltiplicano di anno in anno. Il Polo Nord e la regione artica rappresentano contemporaneamente un mistero e un El Dorado di risorse energetiche che rendono affascinante e molto pericoloso questo periodo di attesa, prima che si aprano delle reali possibilità anche in questa porzione di pianeta. Nuove rotte commerciali, turismo, sviluppo delle infrastrutture. Ma anche rischio di tensioni tra i cinque Paesi costieri – Norvegia, Danimarca, Stati Uniti, Russia e Canada – e con altre potenze interessate. Fra tutte, la Cina. Sono considerazioni generali che sfociano spesso in speculazioni fantasiose, quanto c’è di vero?

«Ma noi siamo sicuri che la cooperazione tra le Nazioni prevarrà», ci confessa l’Ambasciatore di Norvegia in Italia, S.E. Margit Tveiten.

 

La sede dell’Ambasciata di Roma è accogliente e in linea con l’idea di efficienza e sostenibilità che si ha del Nord Europa. Margit Tveiten ha una lunga esperienza in campo diplomatico, e dal 2017 dirige le attività della Norvegia in Italia. «Lo scenario che si legge di frequente sulla possibilità di tensioni nella regione è stemperato dallo spirito di grande collaborazione che regna tra gli Stati artici da molti anni», spiega a Osservatorio Artico. «La Norvegia è ben consapevole che solo con una cooperazione efficace e con un dialogo costante fra gli attori interessati ci potranno essere benefici per tutti. Nessuno è interessato a modificare lo status qui diplomatico tra le parti».

 

Cooperazione, sostenibilità e diritto internazionale sono le tre basi su cui si poggia la struttura di ciò che sarà questa immensa regione nel giro dei prossimi anni. La geografia pone l’Artide sopra la linea del Circolo Polare Artico. Solo questi cinque Stati costieri sono direttamente interessati del Mar Glaciale Artico, anche per quanto riguarda l’estensione delle piattaforme continentali  regolata dal diritto internazionale. Le 200 miglia nautiche che partono dalla costa rappresentano infatti la Zona Economica Esclusiva (ZEE) secondo cui uno Stato costiero possiede diritti sovrani per la gestione delle risorse naturali, per la ricerca scientifica e per lo sfruttamento delle risorse al suo interno.

Considerando che gli studi di ricerca pongono in questa regione circa 90 miliardi di barili di petrolio, e quasi 50 miliardi di barili di gas naturale, è logico pensare che l’appetito energetico delle realtà interessate sia alquanto stuzzicato. «In realtà dipende molto dalle capacità tecniche e dai costi per l’esplorazione», afferma Tveiten. «Per la Norvegia, ad esempio, è fondamentale che lo sfruttamento delle risorse naturali sia sicuro e sostenibile. Ma è chiaro che nessun Paese costiero sia interessato a creare problemi ambientali che sarebbero estremamente complessi da risolvere. Esistono già delle piattaforme di esplorazione nel settore Oil&Gas che sono all’avanguardia, ma è comunque necessaria un’attenzione particolare. Gli investimenti risentono grandemente dei costi di gestione a queste latitudini, che non sono equivalenti ad altre parti del mondo. Tuttavia, sulla piattaforma norvegese non sono permesse le attività di estrazione di petrolio e gas, né nel Mar Glaciale Artico né nel Mare di Barents Nord, ma soltanto nella parte meridionale del Mare di Barents».

A livello legale sarebbero necessarie nuove normative per la regione? «La questione artica è regolata dalla Convenzione del Diritto del Mare del 1982, la UNCLOS, per cui in realtà non esistono problemi di legittimità tra le parti coinvolte. E anche i rapporti con la Russia sono di grande collaborazione. È facile pensare che ci possano essere tensioni particolari, ma tutti noi sappiamo che l’unico sviluppo possibile nella regione è sostenibile e praticato nei termini del diritto e della cooperazione. Non esiste alternativa».

La questione ambientale non è più appannaggio degli scienziati e della ricerca accademica, ma è una realtà che affligge e stimola importanti riflessioni in tutto il pianeta. «E nell’Artico le conseguenze delle attività umane sono ancora più evidenti. Ma attenzione: ciò che succede nella regione non dipende dalle attività presenti nella zona, ma da tutto ciò che l’uomo produce nel resto del pianeta». Come si può allora arginare almeno in parte il trend? «Innanzitutto ratificando gli Accordi di Parigi», chiosa Tveiten. Gli accordi firmati nel 2015 in Francia prevedevano infatti modalità più stringenti per il rispetto ambientale e, soprattutto, per le emissioni di gas serra. Gli Stati Uniti, che avevano firmato gli accordi con Barack Obama, hanno poi ritirato il loro appoggio con la nuova amministrazione. E il Brasile del nuovo Presidente Jair Bolsonaro ha affermato negli scorsi giorni che “per il momento resterà nell’accordo”, ma mettendo quindi in dubbio il futuro.

Il Ministro per il Clima e l’Ambiente Ola Elvestuen

«L’ambiente è la base del lavoro diplomatico per l’Artico, e lo sfruttamento delle risorse deve essere sostenibile. La Norvegia ha una lunga tradizione in questo, e sappiamo come conciliare lo sviluppo economico e sociale con l’attenzione ai temi ambientali. Non stiamo parlando solo di petrolio e gas, ma anche di terre rare, turismo, infrastrutture e investimenti. È doveroso agire per il benessere dell’intera regione, non possiamo intervenire in maniera singola». Ma esiste una cooperazione più stretta fra i Paesi scandinavi? «Solo la Norvegia e la Danimarca, rispettivamente attraverso le isole Svalbard e la Groenlandia, sono Paesi costieri del Mar Glaciale Artico. Ma anche Svezia, Islanda e Finlandia sono paesi artici e membri del Consiglio Artico e interessate direttamente da ciò che accade e che potrebbe avvenire in futuro. Tra questi Paesi esiste certamente un legame più profondo, di carattere culturale».

Italia e Norvegia hanno una lunga tradizione di cooperazione in ambito scientifico. E nel 2015 il governo

L’ingresso della base del CNR a Ny Ålesund

italiano ha pubblicato la strategia nazionale per l’Artico. «I nostri due Paesi lavorano insieme da tanti anni, e possiamo essere solo contenti quando vediamo crescere anche in Italia l’attenzione su questi temi. La presenza italiana in Norvegia è ormai una certezza, e la base di Ny Ålesund rappresenta un esempio perfetto di ciò che intendiamo per cooperazione positiva». Il CNR gestisce qui la base di ricerca scientifica “Dirigibile Italia”, in omaggio alla mitica spedizione di Umberto Nobile del 1928, che seguiva l’impresa del 1926 in cui Nobile e L’esploratore norvegese Roald Amundsen riuscirono a raggiungere il Polo Nord.

L’Italia è anche un membro osservatore permanente del Consiglio Artico. La creazione di questo forum internazionale si deve alla Dichiarazione di Ottawa del 1996, e rappresenta la punta di diamante della cooperazione internazionale nella regione. Un successo diplomatico che può avere un brillante futuro, anche se i temi caldi sono molti. «Il progressivo dissolversi del ghiaccio apre possibilità finora impensabili sulla pesca, sul turismo, sugli investimenti», prosegue l’Ambasciatore. «Ma il principio di precauzione resta alla base degli accordi. Dato che sarà possibile vedere banchi di pesce dirigersi verso Nord nei prossimi anni, sono stati presi impegni precisi per evitare futuri problemi ambientali. All’inizio dello scorso ottobre nove Paesi (più l’Unione Europea) hanno sottoscritto un accordo per prevenire la pesca non regolamentata nel Mar Centrale Glaciale Artico valida per 16 anni. Un risultato di grande impatto, che preserverà ambiente ed economia».

Il turismo è un altro punto importante per lo sviluppo regionale. Se fino a dieci anni fa era considerato un qualcosa di estremo, oggi trascorrere le vacanze in Islanda o alle Isole Svalbard diventa semplice. E il futuro apre scenari raggianti per l’industria crocieristica, che però dovrà essere necessariamente supportata da investimenti sulle infrastrutture e sulla sicurezza. «Già oggi in Norvegia alle Svalbard è vietato entrare nei fiordi con imbarcazioni che trasportino più di 200 persone, ma saranno certamente importanti alcune riflessioni. Il turismo può diventare un volano economico importante, soprattutto per le comunità della Norvegia settentrionale».

Lo sviluppo dovrà crescere in parallelo con strutture di sicurezza come presìdi di controllo, oltre che con infrastrutture predisposte. «Il futuro della regione può essere davvero positivo, ma solo lavorando insieme, tenendo conto dell’esperienza e degli diritti e della responsabilità particolari dei paesi artici».

Leonardo Parigi © Tutti i diritti riservati

Leonardo Parigi

Sono Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia. Sono giornalista pubblicista, e collaboro con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale.

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