Riportiamo qui di seguito una prima parte del testo di Marzio Mian, pubblicato per ISPI, sull’Artico e sul Grande Nord. Buona lettura!
“Tutto ha un prezzo, soprattutto la libertà”, dice Vittus Qujaukitsoq, ministro delle Miniere del nuovo governo Inuit di Nuuk, la lillipuziana capitale della Groenlandia, la più grande isola del mondo abitata da 56 mila persone. Il prezzo di cui parla Vittus è molto alto, e sarà il tipping point della rapida trasformazione dell’Artico: si tratta del via libera allo sfruttamento delle miniere per fare cassa e finanziare la totale indipendenza, cioè uscire definitivamente e presto dal Regno di Danimarca, di cui la Groenlandia, nonostante i molti passi fatti sulla via dell’autodeterminazione, tuttora rappresenta il 98 per cento del territorio.
Ma la decisione, prioritaria per il nuovo esecutivo, ha un’enorme componente simbolica nel momento in cui nella regione – dove la Groenlandia occupa un ruolo strategico centrale sia per la posizione geografica che per le sue immense risorse – è in atto una corsa tra potenze (e tra corporation) per la conquista delle ricchezze e degli spazi ora sempre più accessibili a causa delle conseguenze del cambiamento climatico. Come è noto, l’Oceano Polare si sta rapidamente e ineluttabilmente sciogliendo perché il riscaldamento è doppio rispetto al resto del Pianeta. Un Nuovo Artico sta nascendo, si svela un’inedita, vasta area di globo piena d’opportunità cui la globalizzazione e gli uomini, da sempre pronti a inseguire nuove vie di sviluppo, non rinunciano.
Secondo l’US Geological Survey soltanto il valore di petrolio e gas – il 40 per cento delle riserve mondiali – si aggirerebbe intorno ai 20 trilioni di dollari, l’equivalente del Pil annuale degli Stati Uniti, mentre la regione conterrebbe il 30 per cento di tutte le risorse naturali globali. E la Groenlandia si trova nel vortice di questo Grande Gioco del Ventunesimo secolo.
La coalizione di centrosinistra che reggeva il precedente governo condivideva l’idea di “Greenxit”, anche se divergeva sulla tempistica, ma era spaccata sulla questione dello sfruttamento minerario, in particolare sull’apertura del bacino di Kvanefjeld, nel Sud dell’isola, forse il più grande giacimento di terre rare e uranio al mondo. Un tema cruciale, perché una miniera di uranio a cielo aperto in quelle condizioni climatiche, secondo molti esperti, potrebbe inquinare con polveri radioattive l’intera Groenlandia meridionale.
Continua a leggere l’articolo completo su Ispi
Dopo il sabotaggio del 2022, la Norvegia finanzia la posa di un nuovo cavo sottomarino…
L’industrializzazione dell’Artico russo mette a rischio l’ambiente e lo stile di vita delle comunità indigene.…
Con gli Stati Uniti sempre più distanti dall’Europa, Londra e Oslo sembrano promettere il rafforzamento…
La nuova direttiva UE contro il greenwashing costringe le località sciistiche a rivedere le proprie…
Gli USA tornano al dialogo con la Russia dopo anni di gelo diplomatico. Le possibilità…
La rubrica settimanale da Bruxelles che racconta le tre notizie principali degli ultimi sette giorni…