Genova – Quanto sono collegati il Mar Mediterraneo e il Polo Nord? Ben poco, a una prima occhiata. Ma la realtà supera di gran lunga la cartina geografica, e nell’arco di pochi anni ci potrebbe regalare una visione del mondo decisamente diversa da quella che siamo abituati a conoscere. L’Artico si scioglie sempre di più, e questo è un tema ormai noto anche ai più accaniti critici del riscaldamento globale. Che sia colpa dell’uomo o di un ciclo vitale del pianeta, ormai poco importa. Tutti gli Stati del mondo concordano sulla necessità di cambiare radicalmente la visione comune sull’ambiente, e molto è già stato fatto. Ma sicuramente non abbastanza. Da questi presupposti è partito anche il convegno “Nuovo Artico, Vecchio Mediterraneo. Insieme in un insolito destino”, organizzato lo scorso 13-14 novembre a Genova al Palazzo della Borsa dal “Milan Center for Food Law and Policy”. Il centro di ricerca milanese, emanazione permanente di Expo2015 come osservatorio sulle politiche globali legate alla nutrizione, ha scelto Genova per raccogliere le testimonianze del mondo scientifico sulla situazione artica. Ma non solo, visto che alla due giorni genovese hanno partecipato anche esponenti della politica nazionale, centri di ricerca internazionali e organismi di controllo indipendenti. «La situazione è grave», afferma Livia Pomodoro, Presidente del Milan center for Food Law and Policy. «Eppure siamo ancora in grado di correggere la rotta. Se è necessario percorrere una strada che ci porti ad adattarci a un cambiamento del clima che non possiamo bloccare, dall’altro occorre intraprendere una serie di grandi iniziative di prevenzione». Un discorso quantomai attuale in Liguria, sconvolta da mareggiate di straordinaria potenza e di forti allagamenti. Ma la conta dei danni a causa del nuovo clima è raggelante. Tempeste di neve, incendi di enormi proporzioni – pensiamo in ordine di tempo al Portogallo, alla Grecia e alla California – senza considerare cicloni tropicali nel Mediterraneo, siccità e caldo record.
Una situazione che viene sottolineata al convegno anche dall’ex Ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, oggi Presidente della Fondazione Univerde: «Folle e patetico commentare ancora la realtà ambientale con scetticismo, parlando di eventi climatici estremi. Questo è ormai il nostro clima, è ora che si ragioni su questo come dato di fatto». E su questa linea d’onda si è inserito il convegno. La zona artica è alle prese con un cambiamento senza precedenti nella storia dell’umanità. Lo scioglimento progressivo dei ghiacci “perenni” sta già portando a un conseguente innalzamento dei mari, e la minore potenza di riflesso dei ghiacci nei confronti dei raggi del sole non fa altro che peggiorare la situazione. Un circolo vizioso che sta per diventare tragico, andando a toccare ogni singolo aspetto della vita del globo. La regione polare sarà certamente la più colpita dal cambiamento, tra aspetti sicuramente negativi ma anche possibilità positive. Il turismo è certamente una di queste, visto che Paesi sufficientemente inospitali come l’Islanda stanno vivendo un vero boom di prenotazioni anche fuori stagione.
Shipping e logistica sono due fattori che legano Mediterraneo e Artico, e il collegamento è stato sottolineato anche dai protagonisti del convegno. Tra questi anche il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio, Sergio Prete: «I flussi del traffico portuale in Italia non possono essere considerati esenti dal fenomeno artico, e questo per svariate ragioni. La prima è certamente la progettazione e la programmazione a livello europeo sulle infrastrutture. Che senso avrà sviluppare grandi porti nel Mediterraneo se poi le rotte commerciali saranno focalizzate nel Nord Europa attraverso il Passaggio a Nord-Est?». Quesito che si pone anche Maurizio Maresca, Professore Ordinario di Diritto Internazionale all’Università di Udine, esperto di portualità e logistica. «Non credo alla prospettiva tanto sbandierata che l’Italia possa essere un vero punto d’arrivo per la Silk Road ferroviaria cinese. Stiamo ancora parlando dei porti di Genova e Trieste come prospettive commerciali globali dello shipping, ma è molto probabile che le città portuali più interessate dal fenomeno saranno Rostok, Stettino o San Pietroburgo».
Ma la situazione artica preoccupa non soltanto il mondo dell’ambiente e dello shipping, visto che tra i cinque Paesi costieri ci sono anche Russia e Stati Uniti a fare la voce grossa. Mosca è sicuramente il player meglio posizionato nell’area, e non soltanto per una questione geografica. La Russia possiede oltre 24,000 chilometri di costa nell’Artico, e i suoi 39 rompighiaccio fanno la parte del leone. La Cina ha già dato ampio risalto alle sue mire nella regione, sia per quanto riguarda eventuali infrastrutture – e quindi un nuovo posizionamento geopolitico – sia per la pesca. «Ma la regione rimane fortemente cooperativa», afferma Marianne Krey-Jacobsen, Primo Segretario dell’Ambasciata di Norvegia in Italia. «Tutti gli attori che si affacciano sulla regione sono consapevoli che sia più proficuo mantenere rapporti di buon vicinato e cooperare per uno sviluppo controllato a livello ambientale e sociale. E la Norvegia lavora per favorire questi aspetti».
Leonardo Parigi
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