Quattro giorni di conferenze, panel e incontri per vedere il futuro della regione artica. Arctic Frontiers – dal 20 al 24 gennaio a Tromsø – è uno degli appuntamenti più importanti per la questione artica. Centinaia di esperti climatologi, scienziati, diplomatici e molte altre figure si incontrano per analizzare tutto ciò che accade intorno all’interno e all’esterno del Circolo Polare Artico, perché i cambiamenti dell’Artide riguardano tutto il pianeta.
Il Corriere della Sera ha inviato Paolo Virtuani a seguire la conferenza:
«Anche se la Norvegia smettesse domani di sfruttare i propri giacimenti di petrolio, cambierebbe qualcosa nel mondo nel consumo di carburanti e nelle emissioni di gas serra?», ha detto Vidar Helgesen, speciale rappresentante della Norvegia per gli oceani ed ex ministro per l’Europa al ministero degli Esteri , riassumendo in modo semplice ma esatto la posizione del governo conservatore di Oslo, che per celebrare i 50 anni della prima scoperta del primo grande giacimento nelle acque territoriali norvegesi ha appena concesso 83 nuovi permessi di perforazione: 37 nel mare del Nord, 32 nel mar di Norvegia e 14 nel mar di Barents (queste ultime in pieno Artico). Nel 2019 il settore petrolifero farà entrare circa 30 miliardi di euro nelle casse statali solo come tasse dirette, che saranno utilizzati per sostenere un sistema sociale che non ha pari al mondo, senza contare i posti di lavoro e tutto l’indotto.
Dall’energia ai trasporti, il tema resta centrale. L’Artico si sta trasformando da porzione inaccessibile del pianeta in un’occasione d’oro per Paesi costieri e aziende, ma non solo.
Ecco perché gli interessi globali iniziano a focalizzarsi qui, nelle fredde regioni del Nord.
L’appuntamento per Arctic Frontiers 2020:
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