I risultati del China Nordic Arctic Research Cooperation sono stati presentati all’Arctic Circle, evidenziando il potenziale della cooperazione scientifica nel contesto della sicurezza internazionale.
La Cina continua ad avere un ruolo rilevante nella discussione sui temi che riguardano la governance, la cooperazione scientifica e le sfide globali in Artico, in un contesto di tensione principalmente generato dall’invasione russa dell’Ucraina avvenuta ormai più di due anni fa.
In questo contesto l’Arctic Circle offre una piattaforma in cui la comunità scientifica e accademica, i policymakers e il mondo imprenditoriale si incontrano e discutono apertamente delle sfide legate ai cambiamenti climatici, al ruolo degli attori nella governance artica a su come restaurare la cooperazione scientifica con la Russia.
Il China Nordic Arctic research cooperation (CNARC) rappresenta un modello che sopravvive a questo periodo di tensione. Il CNARC è un consorzio internazionale avviato dal Polar Research Institute of China (PRIC) in collaborazione con i rispettivi istituti nei paesi nordici e in Cina per promuovere e facilitare la cooperazione tra Cina e Paesi nordici nella ricerca artica. Nella seconda giornata di Arctic Circle sono stati presentati i risultati del simposio che si è tenuto qualche giorno prima all’Universitá di Akureyri, nel nord dell’Islanda.
Come sottolineato dai relatori, l’importanza di tenere questo canale di dialogo aperto è fondamentale per non esacerbare la tensione tra gli attori artici e fornire una piattaforma di discussione su temi chiave quali la transizione energetica, lo shipping, il data sharing e le minacce ibride. Il ritiro di diversi partner negli ultimi anni mette a rischio una cooperazione che è necessario tenere in piedi.
Il punto chiave sostenuto dagli scienziati cinesi è rafforzare la cooperazione non solo tra attori like-minded, come spesso si sente nella retorica occidentale ed europea, ma espandere gli scambi internazionali e rafforzare i programmi di ricerca transcontinentali. Infatti, ridurre tali contatti significa ridurre la comprensione e la reciproca conoscenza, fomentando paura, scetticismo e incomprensioni. Una tendenza che in quest’epoca di crescente tensione mette a serio rischio la cooperazione, che per decenni è stata al centro delle relazioni in artico, non solo a livello statale, ma anche a livello individuale e interpersonale.
Nel corso del simposio abbiamo potuto visitare il China-Icelandic Arctic Observatory, struttura che supporta principalmente l’osservazione e la ricerca multidisciplinare su aurore boreali e meteorologia spaziale, scienze atmosferiche e meteorologia, biologia ed ecologia, oceanografia, glaciologia, geofisica e geologia, cambiamenti climatici e scienze ambientali.
Dalla stazione infatti è possibile monitorare le condizioni aurorali e ionosferiche. Tuttavia, sulla stazione orbitano anche le preoccupazioni americane per l’utilizzo dual-use delle tecnologie a disposizione e del potenziale strategico per il monitoraggio di sottomarini e navi a lunga distanza nell’area del Giuk Gap. Notizia recentissima riportata dal quotidiano islandese Morgunblaðið pochi giorni fa.
In ogni caso, poter visitare la struttura, capirne il potenziale a livello scientifico e discutere come la conoscenza scientifica viene trasmessa ai decisori politici ha sintetizzato la reale natura di ciò che cooperazione scientifica rappresenta: un’evoluzione del concetto di sicurezza, non esclusivamente legato all’ambito militare ma esteso a quello climatico, di approvvigionamento delle risorse e del cibo, aspetto particolarmente importante per le popolazione indigene.
Proprio il ruolo delle popolazioni indigene è stato al centro di diverse discussioni. Tuttavia, un aspetto che spesso ricorre in tali occasioni è l’assenza di rappresentanti di tali popolazioni nella discussione, un aspetto che di certo deve essere migliorato se si intende discutere seriamente della questione.
Il prossimo appuntamento del CNARC sarà a Shanghai, la prossima primavera. Illustrare i risultati di questo convegno in un contesto come quello dell’Arctic Circle ha contribuito a dare lustro alla piattaforma che, auspicabilmente, continuerà ad offrire la possibilità per un dialogo aperto tra la comunità scientifica, accademica e policymakers cinesi e dei Paesi nordici, fungendo da strumento di abbassamento della tensione.
Marco Volpe
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