foto Ahlander Agency
Ann-Helén Laestadius racconta un popolo dalla voce tanto distante quanto essenziale. Cambiamenti climatici, tutela degli animali e salute mentale sono temi centrali nel presente (e futuro) del popolo Sami.
Ann-Helén Laestadius è una scrittrice svedese di origine sámi, una delle voci più importanti nella letteratura contemporanea che affronta le tematiche legate all’identità indigena, alla discriminazione e al rapporto con la natura. Cresciuta a Kiruna, nel nord della Svezia, Laestadius ha fatto conoscere al grande pubblico la cultura e le sfide del popolo sámi attraverso romanzi come “Stolen” (pubblicato in Italia con il titolo “Rubata” e dallo scorso anno diventato anche una serie su Netflix), che racconta la storia di una giovane sámi alle prese con il conflitto tra la sua eredità culturale e la società maggioritaria.
L’autrice è stata ospite del festival I Boreali, organizzato dalla casa editrice Iperborea, che si è tenuto a Milano presso il Teatro Franco Parenti. Questo evento rappresenta un’importante occasione per esplorare la cultura nordica attraverso incontri, letture e approfondimenti con autori di spicco. In questo contesto, Laestadius ha condiviso con noi riflessioni sulla sua opera, sul significato della letteratura come strumento di resistenza culturale e sulla condizione attuale del popolo Sámi.
Ann-Helén si presenta sorridente, con uno sguardo sincero e fiero del farsi portatrice della voce del popolo Sàmi. “Il turismo artico è un fenomeno sicuramente in crescita: grazie a questo molte persone hanno avuto l’opportunità di entrare in contatto con la cultura Sàmi, o almeno parte di questa. Come pensi che questo possa impattare le popolazioni artiche?”
La scrittrice risponde con immediata sicurezza: “La risposta dipende indubbiamente dal contesto. Se sei un Sàmi, un allevatore di renne e desideri mostrare la tua cultura divulgandone le tradizioni, attraverso ad esempio una piccola impresa turistica gestita da una o più famiglie, allora si tratta di un tipo di turismo che rappresenta una valida occasione per iniziare un dialogo. È giusto sottolineare come esistano tuttavia alcune persone che cercano di fare “divulgazione” senza conoscere davvero la cultura del nostro popolo, approfittandosi così del crescente turismo.” Conclude con un’ultima osservazione: “Il turismo artico è sicuramente alimentato dall’aumento di consapevolezza riguardo ai cambiamenti climatici che sono in atto, e ad un incremento nella ricerca di silenzio e solitudine.”
Laestadius si concentra successivamente su un elemento per cui dimostra avere estrema cura e affetto, centrale anche nel suo romanzo “La ragazza delle renne”. “Tutto dipende dalle conseguenze per l’allevamento delle renne. Sono stati creati negli ultimi tempi dei sentieri escursionistici con l’intenzione di limitare il numero di visitatori in certe aree ritenute sensibili per gli animali: questa decisione è stata eccellente, in quanto pone l’accento sul loro benessere”.
“Gli allevatori stanno mettendo in guardia da diverso tempo riguardo ai cambiamenti climatici, un fenomeno che osservano con attenzione attraverso il comportamento delle renne. Questi animali si spostano in determinati periodi dell’anno, percependo quando e come il clima cambia”.
“Penso che la gente debba imparare ad ascoltare gli indigeni, che vivono a stretto contatto con la natura e possono spiegare i fenomeni che stanno accadendo. Quando si vive in città, è difficile vedere queste conseguenze direttamente, ma chi vive vicino alla natura ha una visione più chiara. È davvero inquietante sentire le loro preoccupazioni: temono che, con l’aumento delle temperature, l’allevamento delle renne non sarà più praticabile.”
L’allevamento è uno dei pilastri a cui i Sàmi hanno sempre fatto affidamento, motivo per cui la frase conclusiva di Laestadius è così colma di timore e preoccupazione: questa pratica è a rischio per molteplici ragioni, ma Ann-Heléne decide di approfondirne uno in particolare. “L’aumento delle piogge durante l’inverno al posto della neve ha un impatto diretto sulla nutrizione delle renne. Quando si forma uno strato di ghiaccio sotto la neve, le renne non riescono a mangiare il muschio e altri nutrimenti, non possono muoversi liberamente. In queste circostanze, gli allevatori sono costretti ad aiutarle a nutrirsi, ma questa situazione è estremamente costosa e mette a rischio la sopravvivenza degli animali, che diventano anche prede più facili”.
In più momenti durante il festival “I Boreali” è stata data voce alla scrittrice groenlandese Niviaq Korneliussen, autrice de “Valle dei Fiori”, dove ha raccontato approfonditamente del tema dei suicidi nel suo Paese. Si tratta di un fenomeno stratificato, con una certa origine nel passato coloniale, dettato da continue violenze e oppressione. Togliersi la vita è oggi così tanto diffuso da essere giudicato “un normale modo di rendere l’anima” dalla popolazione. In “Kalaallit Nunaat” si stanno iniziando a fare alcuni piccoli, ma incisivi passi in avanti, come l’attivazione di una linea di supporto per il suicidio che ora è disponibile 24 ore su 24, rispetto alle poche ore giornaliere di un tempo.
“Anche noi abbiamo un grave problema con le malattie mentali e il suicidio, un tema che affronto nel mio libro, perché mi sta molto a cuore. Sanks, una struttura situata in Norvegia che si occupa di salute mentale, è diventata un punto di riferimento per i Sàmi di Norvegia, Svezia e Finlandia, offrendo supporto e trattamenti. Si sta cercando di estendere questi servizi anche in Svezia: è un passo importante, dato che il sistema sanitario svedese non è preparato ad affrontare le specificità della cultura sami e delle necessità degli allevatori di renne.”
La mancanza di comunicazione all’interno delle comunità è un tratto comune a tutti i popoli indigeni che abitano l’Artico. “Questo deriva dalla nostra storia di oppressione, dalle violenze subite e dal fatto che ci è stato detto di vergognarci delle nostre origini. Non potevamo parlare la nostra lingua, per anni ci sono stati sottratti i figli. L’obbiettivo di tutte queste pratiche era di controllarci, distruggere la nostra cultura.”
Laestadius mette in luce inoltre come il silenzio, specialmente tra le generazioni più anziane, sia un grande problema: non si dialoga sulle proprie sofferenze vissute, non si raccontano i propri traumi. Conclude così: “Non conosci i dettagli, ma li percepisci.”
Elena Ciavarelli
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