In occasione di “Italia Chiama Artico” Claudio Artoni, nivologo e responsabile tecnico del sistema di laboratori EuroCold Lab, ci ha raccontato della sua carriera divisa tra scienza e avventura, con un’attenzione costante anche all’insegnamento.
Milano, Polo Nord
EuroCold Lab è un grande simulatore delle condizioni ambientali medie Antartiche. Ha l’obiettivo di ricreare l’Artico e l’Antartide nel centro di Milano. Dispone di diverse camere fredde che vanno da -20°C a -50°C, grazie a cui vengono condotti studi a livello paleoclimatico, cioè sul clima della Terra negli ultimi milioni di anni, e anche su studi più recenti riguardanti la composizione del ghiaccio e della neve nell’epoca attuale, in particolare in relazione al cambiamento climatico.
“Il nostro core business è l’analisi delle carote di ghiaccio, che costituiscono un archivio climatico della Terra nella criosfera. Da poco, abbiamo intrapreso un nuovo filone di ricerca sulla neve. Studiamo la neve stagionale sulle nostre Alpi e nell’Artico, sia dal punto di vista delle particelle contenute al suo interno (analisi fisiche e mineralogiche), sia dal punto di vista della stabilità del manto nevoso.” Esordisce così Artoni, con un sorriso che rende chiaro il suo entusiasmo per la ricerca.

La scienza tuttavia non lavora per sistemi confinati, chiusi: per quanto possa essere controintuitivo pensare alla mineralogia e paleontologia discutendo di ghiacci, lo studio di queste materie, insieme a molte altre, risulta essere centrale nelle ricerche legate alla storia del nostro Pianeta. “Le particelle depositate nel manto nevoso e che successivamente si trovano all’interno dei ghiacciai provengono o da un trasporto locale, dalle montagne intorno al ghiacciaio, oppure da un trasporto più ampio. Ad esempio, nelle Alpi si deposita la polvere del deserto del Sahara. Al contrario, in Antartide, spesso si verificano deposizioni di polveri eruttate da vulcani che possono essere conservate nel ghiaccio.”
L’archivio climatico più importante d’Europa
“Questi livelli sono fondamentali per la datazione, perché ci permettono di risalire alla mineralogia del grano, determinando il tipo di vulcano che ha eruttato quel ‘tefra’, in quale anno, e quindi datare quel livello specifico. Al contrario, con le polveri sahariane possiamo tracciare la provenienza delle particelle e i flussi atmosferici che le hanno portate sulle nostre Alpi nel corso degli anni. Le analisi si concentrano sempre sulla mineralogia e sui microfossili. Grazie ai rapporti tra i vari minerali, possiamo risalire al tipo di roccia da cui provengono. Ovviamente, l’effetto di queste polveri è diverso a seconda che siano atmosferiche o siano state deposte nella criosfera.”
Sottolinea inoltre come sia rilevante non solo considerare la composizione di queste particelle, ma anche l’intorno in cui queste si trovano: “Se le polveri sono in atmosfera, hanno un effetto di raffreddamento: maggiore è la quantità di polvere nell’atmosfera, più freddo sarà il clima. Viceversa, quando queste polveri sono depositate sul manto nevoso o sul ghiaccio, riducono l’albedo della superficie, assorbendo più energia dalla radiazione solare e accelerando la fusione della neve e del ghiaccio.”
Studiare Scienze Polari, tra avventura e scienza

“Sono un micropaleontologo, specializzato nello studio dei fossili del Triassico, in particolare nei nannofossili. Mi sono poi specializzato nell’ambito polare con un dottorato di ricerca, durante il quale ho elaborato una tesi sull’analisi microfisica delle particelle contenute nella neve in Artico, Antartide e sulle Alpi.
Ho condotto campionamenti in tre siti di ricerca: sulle Alpi, nel ghiacciaio del Rutor, nelle isole Svalbard, e da campioni ottenuti grazie alla base italiana “Concordia” al Polo Sud, da campi di megadune nel deserto Antartico. Analizzando questi campioni, abbiamo esaminato le polveri presenti, la loro provenienza e ciò che ci permettono di comprendere sul manto nevoso.”
La strumentazione utilizzata durante le ricerche è estremamente innovativa: si tratta di “SPES” (“Single Particle Extinction and Scattering”). Il metodo di analisi utilizzato permette la classificazione di nano e micro particelle con ottima precisione. Impiega un laser per colpire ogni singola particella presente nei campioni, permettendo di studiarne forma, dimensione e proprietà di assorbimento/riflessione della radiazione solare.
“Questo ci ha permesso, ad esempio, di identificare la presenza significativa di black carbon nei campioni raccolti nelle Svalbard, non lontano dalla base di ricerca di Ny-Ålesund, come risposta all’inquinamento antropico.”
Vivere la natura a 360 gradi
Ex-Station leader della base italiana “Dirigibile Italia” a Ny-Ålesund, isole Svalbard, Artoni cerca sempre di coinvolgere nel suo lavoro più approcci possibili nel dialogo con la natura: dalla ricerca in laboratorio, quella sul campo, alla formazione di operatori che si occupano di ambienti innevati.
“Ciò che trovo affascinante nel mio lavoro è la possibilità di vivere una duplice esperienza sul campo: da un lato, la ricerca, mirata alla raccolta di campioni in zone inesplorate, e dall’altro, un lavoro strettamente pratico come istruttore di neve e valanghe e formatore di operatori che operano in ambienti innevati. Da qualche mese, sono anche guida polare certificata e responsabile della sicurezza in campo degli operatori che accompagnano le spedizioni.”

“Questa duplice esperienza mi consente di vivere il campo da diverse angolazioni, vedendo il lavoro da più prospettive. Ho sempre avuto una passione per la montagna: mi sono avvicinato alla neve prima con ciaspole e sci, poi ho approfondito lo studio di questa, non solo dal punto di vista scientifico ma anche in termini di pericolo.”
“Ho frequentato numerosi corsi in Italia, Svizzera, Nord America e Canada per ottenere una formazione a 360° sul pericolo valanghivo. Da alcuni anni sono anche istruttore del servizio valanghe italiano, occupandomi della formazione professionale degli operatori e delle persone che si avventurano in ambienti innevati, come escursionisti con sci o ciaspole”, conclude.
Figure come quella di Claudio Artoni ci permettono di riflettere sull’importanza della ricerca, in questo caso strettamente legata alle dinamiche ambientali, e come questa abbia un’enorme impatto sulla vita di tutti noi, non solo amanti della montagna e natura: come è stato ripetuto innumerevoli volte durante “Italia Chiama Artico”, ciò che avviene nell’Artico, non rimane nell’Artico.
Con l’evento “Dentro il Ghiaccio”, che si terrà il 28 marzo 2025 presso l’Università Milano-Bicocca, EuroCold Lab apre la possibilità di osservare ancora più da vicino le scienze polari, mostrando quanto queste siano vaste: geologia, archeologia e clima sono solo alcuni degli aspetti che verranno discussi durante la giornata.
Elena Ciavarelli