Il riscaldamento globale sta trasformando l’Artico, e il turismo emerge fra rischi ambientali e nuove prospettive economiche.
Se il ghiaccio scompare
Lo scioglimento del ghiaccio marino e il progressivo ritiro dei ghiacciai stanno destabilizzando le coste dell’Artico, con effetti diretti sugli ecosistemi e sulla biodiversità. Ma qual è l’impatto che questo scenario ha sul turismo?
A questo quesito cerca di rispondere il team di scienziati del programma FACE-IT, che per primo ha riconosciuto l’urgenza di adottare un approccio di tipo trasversale nello studio della correlazione fra clima e turismo nei fiordi dell’Artico. Il progetto esamina come l’emergenza climatica stia plasmando le dinamiche di questo settore, individuandone opportunità e limiti e studiando soluzioni per fronteggiare i cambiamenti futuri.
Lo scioglimento del ghiaccio marino, infatti, ha favorito una maggiore mobilità in aree prima inaccessibili, incentivando non solo il traffico delle grosse navi da crociera ma anche la proliferazione di piccole compagnie di navigazione.
I cambiamenti che interessano la criosfera hanno impatti significativi sui cicli stagionali: gli operatori turistici beneficiano di una stagione calda più estesa, che avvantaggia anche gli allevatori di renne, spesso costretti ad affiancare le attività turistiche alla pastorizia per garantirsi un sostentamento adeguato.
Parallelamente, le attività su sci e slitte risentono di una stagione invernale più corta mentre gli eventi naturali estremi come valanghe e mareggiate rendono sempre più difficile organizzare tour ed escursioni in totale sicurezza.
Lo studio si concentra su tre aree geografiche: la Groenlandia, le Isole Svalbard e i fiordi della Norvegia settentrionale, accumunati da una domanda turistica in continua crescita ma intrinsecamente diversi dal punto di vista sociale ed economico.
“Nella Groenlandia settentrionale ed orientale ad esempio, la principale fonte di preoccupazione è il traffico crocieristico che mette a rischio le attività tradizionali di caccia al narvalo– spiega Carina Ren, ricercatrice responsabile per la parte turismo del progetto FACE-IT e docente dell’Università di Aalborg- “mentre nei fiordi fuori dalla capitale Nuuk la situazione è diversa. Per la gente del posto, la maggiore preoccupazione qui è il potenziale sovraffollamento di luoghi remoti dove le persone ora cacciano o si godono il tempo nelle loro seconde case, con conseguente maggiore inquinamento e disturbo per la fauna selvatica”.
Groenlandia e Isole Svalbard: due realtà a confronto
L’Artico abbraccia una pluralità di culture e paesi che, in virtù della loro storia e delle loro necessità attuali, rispondono diversamente all’espansione turistica.
“Le isole Svalbard hanno incrementato le policy e le restrizioni vigenti in campo turistico, tanto da far pensare che sia quasi impossibile in futuro lo sviluppo di un turismo di massa in quei territori” – afferma Ren- “in Groenlandia si sta verificando l’opposto. Il governo è sempre più orientato alla costruzione di nuove infrastrutture come porti e aeroporti”.
Quello che ai nostri occhi potrebbe sembrare una scarsa sensibilità ambientale, è in realtà il frutto di un contesto socio-economico complesso, sospeso fra il desiderio di preservare territorio e tradizione e quello di rincorrere indipendenza e benessere economico.
Di fronte alla riluttanza delle istituzioni groenlandesi a limitare il traffico crocieristico, si erge contestualmente la voce isolata dei pescatori locali, che reclamano il diritto di riappropriarsi dei loro mari e delle loro risorse, esercitando liberamente le loro attività tradizionali.
Questa dicotomia riflette una profonda spaccatura interna che vede reazioni contrastanti ai repentini cambiamenti che investono l’Artico.
Diversamente, il governo norvegese ambisce a far diventare l’arcipelago delle Svalbard un modello di gestione turistica sostenibile, trasformando molte porzioni di territorio in parchi nazionali. Data questa molteplicità di contesti e di approcci, è difficile immaginare l’adozione di linee guida condivisibili per l’intero universo pan-artico.
“Così come nei paesi nordeuropei vi sono le linee guida suggerite dai Sami, in Groenlandia le regole vere e proprie sono in parte sostituite da una sorta di codice di condotta indirizzato agli operatori turistici e ispirato alla leggenda Inuit della madre degli oceani” prosegue Ren.
L’Artico viene spesso percepito come un’entità omogenea, ma qui ogni territorio ha la propria specificità e le persone sono profondamente legate alla terra. Queste unicità richiedono analisi e strategie che tengano conto delle prospettive e delle sensibilità locali.
In Groenlandia vi è la propensione a fornire raccomandazioni piuttosto che imporre leggi vincolanti, difficilmente applicabili in un contesto caratterizzato da una bassa densità demografica e limitata esperienza nel settore turistico.
Il turismo come risorsa per le nuove generazioni
“Vi sono regioni in Artico in cui l’integrazione fra risorse del territorio e turismo sta diventando un’opportunità per i giovani, che iniziano a vedere la loro terra non più come un luogo da cui fuggire, ma come un patrimonio da valorizzare. Questo sta trasformando la narrativa di molte località” commenta con ottimismo Ren.
Il turismo basato sulla natura può contribuire a rinvigorire l’orgoglio locale, preservando le tradizioni e generando nuovi posti di lavoro nel settore dell’ospitalità.
Anche la comunicazione riveste un ruolo importante nel discorso turistico, se non utilizzata per mercificare le destinazioni, ma per risaltarne l’unicità e la bellezza.
“L’obiettivo di un turismo sano non è creare una cultura da vendere, ma piuttosto veicolare nuove risorse economiche per migliorarne il benessere sociale e proteggerne il patrimonio naturale.”
Mete il cui sistema turistico è basato sulla natura, come può essere il caso delle isole Svalbard, sono inevitabilmente più esposte al rischio climatico.
Diventa quindi fondamentale valutare la capacità di adattamento delle destinazioni, considerata in termini di capitale umano, sociale e finanziario, infrastrutture e supporto istituzionale.
Sebbene il settore turistico sembri mostrare una notevole resilienza, i rapidi cambiamenti previsti negli anni a venire obbligano lo sviluppo di nuove strategie di adattamento e co-gestione che coinvolgano gli operatori e le comunità locali e che tengano conto dell’impronta ecologica e dell’effettiva sostenibilità sociale e ambientale del turismo.
Per ulteriori approfondimenti: www.face-it-project.eu/
Barbara Fioravanzo