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Trentamila nuovi semi nello Svalbard Global Seed Vault

Lo Svalbard Global Seed Vault ha accolto oltre trentamila nuovi semi da tutto il mondo, confermandosi come il baluardo della biodiversità agricola mondiale.

L’ultimo rifugio per la biodiversità agricola

Nascosta nelle profondità di una montagna a Spitsbergen, nelle remote isole Svalbard, si trova una delle strutture più ambiziose mai realizzate per la tutela della biodiversità agricola: lo Svalbard Global Seed Vault, noto anche come Doomsday Vault (“Caveau del Giorno del Giudizio”) è ormai famoso in tutto il mondo, non solo fra gli appassionati di Artico. Questa banca di semi rappresenta l’ultima frontiera nella conservazione delle risorse alimentari essenziali, offrendo protezione a lungo termine a milioni di varietà vegetali da tutto il mondo.

Dal 2008, questa struttura ospita duplicati dei semi conservati in circa 1700 banche genetiche sparse sul pianeta. Al momento custodisce duplicati di 1.301.397 campioni di semi provenienti da quasi tutti i paesi del mondo, con spazio per altri milioni. L’obiettivo è creare un archivio di semi in un luogo che resista al tempo e alle catastrofi, dal cambiamento climatico alle guerre. NordGen, in collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura norvegese e Crop Trust, gestisce il deposito in modo simile a una banca, garantendo condizioni di “black box” per i depositanti, che mantengono proprietà e controllo esclusivo sui semi.

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Semi in arrivo da tutto il mondo

Lo scorso ottobre, lo Svalbard Global Seed Vault ha accolto oltre 30.000 nuovi campioni da 21 Paesi, segnando uno dei più estesi depositi della sua storia ventennale. Il deposito viene infatti aperto non più di due o tre volte l’anno, per limitare al massimo l’esposizione con il mondo esterno. Ogni apertura del Vault è quindi un evento solenne, e quest’anno non è stato diverso, anzi.

Tra i campioni arrivati recentemente ci sono quelli inviati dalla Palestina, con semi di legumi, ortaggi ed erbe aromatiche, e quelli del Sudan, che ha fornito centinaia di campioni di sorgo e miglio, colture adattate a condizioni estreme e fondamentali per la sicurezza alimentare locale. Questi nuovi arrivi sono il riflesso delle sfide sempre più urgenti: cambiamenti climatici, conflitti, disastri naturali stanno mettendo a rischio il patrimonio agroalimentare dell’umanità. Mai come oggi, la protezione della biodiversità agricola appare vitale per un futuro sicuro.

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Foto: NordGen

“Questi semi sono elementi essenziali per colture resistenti al clima che possono resistere a condizioni meteorologiche estreme, parassiti e malattie”, ha affermato Lise Lykke Steffensen, Direttore esecutivo del Nordic Genetic Resource Center (NordGen). “Sono anche una testimonianza vivente della resilienza dell’agricoltura e della società umana”.

Non solo semi

Non è solo la funzione pratica del Vault a renderlo speciale: è anche il significato culturale che rappresenta. Nel 2017, per esempio, una delegazione di contadini quechua delle Ande peruviane si è recata alle Svalbard per depositare i semi delle loro varietà sacre di patate. Con canti e preghiere, hanno detto addio ai semi come ai loro “cari”. “Non stiamo solo lasciando geni, ma anche una famiglia”, ha detto un contadino ai funzionari delle Svalbard.

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La Bolivia, invece, quest’anno ha inviato semi raccolti da 125 famiglie agricole, non solo per conservarli, ma per proteggere un frammento della cultura locale. Anche il Ciad ha contribuito per la prima volta con oltre 1100 semi di sesamo, riso e altre colture essenziali, che riflettono la resilienza delle popolazioni locali di fronte a condizioni climatiche estreme.

La nostra assicurazione

Lo Svalbard Global Seed Vault non è solo una riserva fisica. È anche una “polizza” contro le incertezze globali. Con l’agricoltura industriale che ha ridotto la varietà di colture utilizzate a una manciata di specie dominanti, la protezione delle varietà meno diffuse ma potenzialmente cruciali è essenziale. Nel Vault, questi semi “dormono”, pronti a essere utilizzati qualora la natura ne richieda le qualità uniche.

Così, tra i ghiacci delle Svalbard, il futuro dell’agricoltura mondiale trova rifugio e attende, pronto a germogliare quando l’umanità ne avrà bisogno.

Enrico Peschiera

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Enrico Peschiera
Genovese e genoano, sono laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Maastricht. Oggi mi occupo di comunicazione aziendale e scrivo di geopolitica, logistica e portualità.

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