A fine 2024 verrà implementata nella capitale svedese una nuova zona a basse emissioni. L’intervento conferma l’impegno sistematico della città per una mobilità più sostenibile e inclusiva all’interno dei più ampi obiettivi climatici.
Il nesso indissolubile tra globale e locale
“Con i più importanti appuntamenti globali per il clima in vista” —o una qualche sua rivisitazione— è indubbiamente l’incipit più istintivo per un giornalista che scrive di questioni ambientali e climatiche nel mese di ottobre.
Eventi meteorologici estremi, elezioni chiave per la direzione della transizione ecologica mondiale e le evoluzioni “macro” nel settore energetico occupano di questi tempi, e a ragion veduta, grande spazio mediatico, e ci permettono di iniziare a porre quelle domande scomode a cui si cercherà risposta nei forum internazionali.
Eppure ci sono anche delle storie a livello “micro” che vale la pena raccontare a prescindere dall’agenda mondiale. O forse, proprio perché sono tasselli importanti che compongono il quadro complessivo di problemi e soluzioni di cui si discuterà in quell’agenda. La transizione sostenibile della mobilità urbana a Stoccolma è una di queste storie.
Piani ambiziosi e numeri chiari
Dal 2005 Stoccolma è membro di C40, una rete di 100 amministrazioni comunali impegnate nel contrasto alla crisi climatica globale proprio a partire dalla dimensione urbana. Inoltre, nel 2023 la capitale svedese ha ottenuto l’approvazione dell’Unione Europea per il suo piano per diventare una città climaticamente neutrale entro il 2030 e completamente libera dai combustibili fossili entro il 2040.
Con una popolazione che si approssima al milione, Stoccolma è una città in rapida crescita. Tenere insieme questa espansione con tali impegni è una sfida che chiama inevitabilmente in causa il mondo dei trasporti e della mobilità. Anche per questo, la città ha aderito a un progetto europeo che mira a ottimizzare i processi decisionali per la pianificazione della mobilità sostenibile (i famosi PUMS in italiano).
“Molti residenti sono preoccupati per il cambiamento climatico, ma la politica climatica è spesso percepita come astratta. La mobilità urbana sostenibile è una visione che è al tempo stesso speranzosa e tangibile”, ha detto Lars Strömgren, vicesindaco per la mobilità della città. Nei prossimi 5 anni, Stoccolma si propone di raggiungere un calo del 70% delle emissioni di gas serra dovute ai trasporti rispetto ai livelli del 2010 e una riduzione dell’uso dell’auto privata del 30% rispetto al 2017.
A volte si deve guardare nel piatto degli altri
Per ora sembra che Stoccolma stia prendendo sul serio questi impegni, con un portfolio di misure che mirano a superare la dipendenza dall’auto privata, favorire l’accessibilità degli spazi pubblici e promuovere forme di mobilità attiva. Tra i molti interventi in agenda, il 31 dicembre 2024 diventerà attiva una zona a basse emissioni, corrispondente alla categoria “Clean Air Zone 3” definita dalla legislazione nazionale.
In questa zona potranno transitare solo veicoli elettrici a batteria e a celle di combustibile, veicoli alimentati a biogas e a gas naturale conformi allo standard Euro 6, e i mezzi pesanti ibridi con tecnologia plug-in (sempre conformi allo standard Euro 6). Restano escluse quindi le automobili private ibride, e qualsiasi mezzo a benzina o diesel con una serie ristretta e oculata di eccezioni tra cui naturalmente i mezzi di emergenza. Si tratta di una delle zone a basse emissioni più ambiziose ad oggi.
E l’Italia?
Insieme a molti altri, anche il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala si è detto “ispirato dai piani di Stoccolma”, definendolo “un esempio del movimento globale di sindaci e città che danno priorità allo spazio per le persone rispetto alle auto”.
Questo tipo di interventi in ambito urbano è sempre rischioso da un punto di vista di accettazione pubblica, ma sono sempre più le amministrazioni che sfidano la resistenza al cambiamento per provare a migliorare la qualità di vita degli stessi cittadini.
La transizione nella mobilità è un tema capace di scatenare forti reazioni emotive, ma esempi positivi come quello di Stoccolma possono fungere da esempio incoraggiante per moltissime città a tutte le latitudini.
Annalisa Gozzi
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